Dopo due anni senza Primavera, la voglia di tornare al festival di Barcellona era tanta. E gli organizzatori avevano fatto le cose in grande. Un cartellone di primissimo ordine spalmato su due weekend, con in mezzo una settimana di concerti nei locali della città. Non tutto però, nella giornata inaugurale, è andato per il verso giusto.
Si inizia in tarda mattinata con la notizia che tutti temevano: il forfait causa Covid degli Strokes, che non potranno esibirsi nella giornata di venerdì e si aggiungono alle Bikini Kill nella categoria defezioni eccellenti, di cui da settimane facevano parte anche i Massive Attack. Ma l’entusiasmo per il ritorno del Primavera non era certo venuto meno.
Le perplessità sono iniziate però con l’apertura dei tornelli d’ingresso. A parità di spazi il tutto esaurito di quest’anno conta su un numero di persone decisamente superiore a quello degli anni precedenti, con conseguenti affollamenti in quasi tutte le zone del festival. Code chilometriche e lentissime nei pur numerosi punti bar, dove non sempre è possibile utilizzare le consumazioni omaggio regalate a chi aveva deciso di non chiedere il rimborso del biglietto acquistato per le edizioni saltate. È vero che, parafrasando il pezzo di Caribou scelto dagli organizzatori durante la pandemia per un video di incoraggiamento, il Primavera non può fare a meno del suo pubblico, ma il pubblico non è mai stato così numeroso e la fruibilità della prima giornata ne ha decisamente risentito. Anche dal punto di vista della possibilità di conquistarsi una buona posizione per vedere i vari concerti. Nelle scorse edizioni muovendosi con un ora di anticipo si avevano le prime file garantite per quasi tutti i live, ieri la grande area su cui sorgono i due palchi principali era a tratti invivibile. Per non parlare di scelte discutibili come quella di lasciare al buio i tavoli dell’intera zona food. Sembrava quasi di cenare a lume di candela, ma le candele non c’erano.
Sui social le proteste si sono scatenate. Basta leggere i post e i commenti della pagina facebook Primavera Sound Italia, un gruppo seguito da oltre 5000 persone innamorate del festival. La parola più ricorrente è delusione. E sui social internazionali la musica non è tanto diversa. La speranza è che le successive giornate possano essere più vivibili. Paradossalmente l’edizione 2019, l’ultima prima della pandemia, era stata la più rilassata e rilassante degli ultimi anni e non sembravano esserci motivi per cui quest’anno le cose dovessero andare diversamente.
Per fortuna, però, ci ha pensato la musica, come spesso accade, a far tornare tutti (o quasi) di buon umore. Dove lo si trova un festival che permette di vedere Kim Gordon in un comodissimo auditorium? Lo stesso in cui, nelle varie edizioni del festival, ho visto live di artisti diversissimi tra loro come Julian Cope, Cabaret Voltaire, Art Ensemble Of Chicago e il Mistero delle Voci Bulgare.
O un festival che chiede a una band come i Pavement di tornare insieme per esibirsi a Barcellona. L’ha detto ieri dal palco lo stesso Scott “Spiral Stairs” Kannberg, al termine di un concerto durante il quale, nel ventennale di Slanted and Enchanted, la band ha optato per una scaletta coraggiosa dando uguale spazio a tutti i suoi album. Il concerto al Primavera 2010, ai tempi della prima reunion, fu entusiasmante. Ieri si è visto forse un po’ di mestiere e meno divertimento sul palco (con la gloriosa eccezione dell’ipercinetico Bob Nastanovich) ma il pensiero che forse non vedremo più i Pavement esibirsi dal vivo ha toccato il cuore di tutti i presenti. Così come la versione di Last Nite degli Strokes, piuttosto fedele all’originale, che i Tame Impala hanno eseguito al termine di un concerto ultrapop, con la band sormontata da un’enorme ruota pinkfloydiana.
E per un gruppo che dà la versione più accessibile di se stesso ce n’è un altro che, volendo, avrebbe in canna una scaletta di pop songs di rara efficacia ma che decide invece di dimenticarsi di essere a un festival. Sto parlando dei Dinosaur Jr, a cui è impossibile non volere bene ma che al Primavera hanno portato molto feedback, poca melodia e un suono decisamente poco curato, oltre allo scazzo che da sempre costituisce il marchio di fabbrica di J Mascis. Tutto il contrario di Sharon Van Etten, una Chrissie Hynde per questi tempi indecifrabili, il cui live è un trionfo di particolari perfetti senza che a lei si possa dare della perfettina.
Oggi è un altro giorno anche al Primavera, mal che vada farò di nuovo mezz’ora di coda per una birra. Il resto è tutta discesa. Mi sono svegliato con l’immagine di Tim Harrington dei grandiosi Les Savy Fav che inizia il live in completo bianco e finisce in mutandoni rossi. Come faccio a non essere entusiasta di essere qui?