Per la prima volta la scena urban-hip hop e trap si unisce per un evento di beneficenza e dimostra di saper guardare oltre all’individualismo sfrenato di cui viene spesso accusata. Più dell’incasso (che comunque non dovrebbe essere indifferente) era proprio questo l’intento sotteso all’Imola Summer Sound, il concertone dal ricavato interamente devoluto alla Protezione civile dell’Emilia-Romagna per riparare ai danni dell’ultima alluvione. Sul palco dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari 12 artisti per sette ore di musica, che sono riusciti a portare tra i 10 e 12mila spettatori paganti (per lo più giovanissimi), non solo a cantare e ricantare le loro canzoni e a fare selfie e storie Instagram, ma anche a prendere coscienza che attraverso la musica, se non puoi cambiare il mondo, almeno un contributo per provarci è possibile. L’apertura era prevista alle 16, solo che alle 14 una marea umana composta di ragazzi poco più che maggiorenni era già assiepata di fronte ai cancelli e ha preso d’assalto bar e ristoranti. Il termometro segnava 32 gradi (percepiti almeno il doppio), eppure nessuno sembrava farci caso. Anche perché erano perfettamente organizzati per andare in spiaggia, più che a un concerto: indossavano costumi da bagno e imbracciavano teli mare e persino ombrelloni (i boomer si riconoscevano dagli ombrelli). Infatti, sopportare nell’Autodromo oltre 8 ore sotto il sole battente sarebbe stata una sfida soprattutto fisica.
Noi giornalisti, invece, ritireremo il pass al Museo Checco Costa e poi ci avvieremo verso il backstage, dov’era allestita una sala stampa climatizzata (ma l’errore da non commettere è arrivare troppo in orario, come abbiamo fatto, visto che la prima ora era difficile stabilire se ci fosse più caldo dentro o fuori). Diventerà in seguito l’unica oasi in cui rifugiarsi dalle temperature proibitive. Alle 15.30 in punto si tiene la conferenza stampa e sfilano gli organizzatori, oltre al presidente della regione, Stefano Bonaccini, che dopo congratulazioni e ringraziamenti, spiegherà che è una goccia nel mare, ma più dei soldi conta mantenere l’attenzione sulle conseguenze del disastro che ha colpito la Romagna: «Sul conto della Protezione civile sono stati raccolti 49 milioni e 600mila euro (a ieri, ndr) e con questo evento e entro breve supereremo i 50 milioni. I danni ammontano a 8,8 miliardi diretti, oltre quelli indiretti. Per cui è certo che i romagnoli non molleranno e che abbiamo bisogno dello Stato e dell’Europa, ma è necessario che la luce non si spenga grazie a queste iniziative».
Durante l’incontro con la stampa, dove sono presenti anche il sindaco di Imola, Marco Panieri e il presidente dell’Autodromo, Giancarlo Minardi, intervengono gli organizzatori di questo live così particolare e nato in circostanze del tutto eccezionali. È stato Maurizio Salvadori di Trident Music a spiegarne l’origine e la natura con un discorso molto consapevole, persino dei limiti della scena che andava a esibirsi di lì a poco: «Il 7 luglio avremmo dovuto essere qui con Sfera Ebbasta, però mi ha sorpreso che, dopo l’alluvione, lui e altri artisti colpiti dalle immagini che avevano visto, mi abbiano chiesto se non fosse il caso di fare qualcosa per aiutare le popolazioni in difficoltà. Così abbiamo deciso di aprire il live a tanti altri suoi colleghi, e sarebbero stati di più se i tempi non fossero stati così stretti e molti di loro non avessero impegni difficili da spostare». Ma è su una nuova consapevolezza di questi artisti che ha voluto sottolineare il suo discorso Salvadori: «In questi anni è in corso una frattura generazionale impressionante. Ci sono musicisti che sopra i 22 anni non conosce nessuno e viceversa, per una sorta di rifiuto del precedente mondo del pop. Per questo è necessario che musicisti come loro dimostrino di avere una attenzione a certi temi e a mettersi in gioco per sensibilizzare il loro pubblico». Addirittura, per Rolando Rivi di Studios, «il mondo della musica in generale non si è mosso adeguatamente dopo l’alluvione, invece questi ragazzi sì, visto che sono presenti tanti artisti importanti, più di eventi organizzati in altri settori». Un impegno dimostrato anche dall’organizzazione. È stato spiegato che i lavoratori di fascia più bassa, tra i quali tecnici e facchini, sono stati tutti retribuiti «con paga piena», mentre quelli di fascia più alta, compresi i fornitori, hanno aderito senza voler percepire compenso. In totale sono state impiegate 250 persone e non si sono risparmiati neppure sul palco, lungo 20 metri e con una passerella centrale di 14, oltre a disporre di fumo, fiamme e gonfiabili.
Conclusa la conferenza stampa comincia l’attesa per il live. Il clima all’interno della sala stampa si è stabilizzato (alla fine diventerà una vera e propria cella frigo) e vedere i ragazzi assiepati di fronte al palco con il sole battente fa un certo effetto. Ma l’allestimento del concerto ha previsto continui getti d’acqua per rinfrescarlo e bottigliette distribuite tra le prime file, mentre sul retro erano attive diverse fontanelle, per riempire le borracce o, come facevano tanti, metterci la testa sotto qualche secondo, oltre a una sorta di “autolavaggio” che era possibile attraversare per essere inondati da una piacevole pioggerella rinfrescante. Alle 17.26 e in anticipo sulla scaletta arriva il momento del primo artista in cartellone. Si tratta di
Axell, 23 anni di origini senegalesi che da quando ha 12 anni si è trasferito a Torino. La sua storia è forte, tanto quanto il flow della musica che propone: rimasto cieco da un occhio per un incidente, ha trovato nelle barre il modo migliore per sfogare la rabbia contro la sfortuna, oltre a dimostrare di avere molto altro da dire. Il pubblico lo segue, nonostante appaia emozionato, e quando chiude la sua performance riceve solo applausi, segno che ha trasmesso qualcosa. Prosegue la carrellata di artisti, con Digital Astro, classe 2000, che si è messo in mostra collaborando con Ghali, il quale ha proposto alcuni dei pezzi che lo hanno fatto conoscere nell’ambiente, come Tutto passa o Cambiare. Subito dopo spazio a Finesse, tra i più interessanti producer della nuova leva, che ha proposto le sue personali rivisitazioni in chiave electro di diversi brani di suoi colleghi in scaletta. Chiude la prima parte dello spettacolo Tony Boy, che mixa rap e trap su un tappeto ricco di melodie.
Avendo accesso al backstage, proviamo a imbucarci nell’area hospitality degli artisti. È all’ingresso che trovo un amico con il quale, parlando del più e del meno, lentamente mi intrufolo e posso constatare che anche lì niente è lasciato al caso: area relax con divanetti e ventilatori con acqua nebulizzata, zone cocktail e cucina debitamente riparate dal caldo, oltre ai vari camerini adibiti agli artisti coperti da tende parasole. Non è scontato per un evento di beneficenza. Purtroppo, la persona che conosco è dello staff e a un certo punto deve tornare alle sue mansioni, per cui mi tocca sloggiare. Le zone alle quali abbiamo accesso, però, sono due. Il pit di fronte al palco, ma anche la terrazza rialzata che è stata allestita sul lato destro e comprende ombrelloni e un bar interno. Una volta in cima, a 4 metri di altezza, si può godere di una vista dell’evento e dell’Autodromo niente male.
Da quella posizione privilegiata ci godiamo l’esibizione di Big Mama, una delle artiste (non solo femminili) più forti in circolazione. Parte con il brano TooMuch e mette subito in chiaro che se provate a farle bodyshaming lei vi farà rimangiare tutto con gli interessi. Subito dopo ribadisce il concetto invertendo l’ordine degli addendi, e il risultato non cambia, con Pof: “Sai a chi assomigli, fra’? Pare ‘o frato d”o cazzo”. In conferenza stampa ci spiegherà «Il rap è sempre stata una gara a chi ha il cazzo più grosso. Ma io penso che se ho qualcosa da dire va ascoltato, a prescindere da quello che ho in mezzo le gambe». Vera, tosta, genuina. Una a cui sembra mancare soltanto una hit popolare per entrare nel cuore di tutti. E con la t-shirt di Lizza, suo riferimento e non solo musicale, è lo spartiacque per dare il via alla serata.
Sono ormai le 19, il sole comincia a dare tregua e l’Autodromo è ormai pieno in ogni settore. È in quel momento che sale sul palco Sethu, reduce dall’ultimo Sanremo (interpreterà anche Cause perse proposto al Festival), e il suo punk-trap melodico sembra l’ideale per scatenarsi alle luci del tramonto. E prima dei big è suggestiva l’interpretazione di Ele A, giovane rapper in ascesa, sulle note della sua Globo, la canzone che l’ha fatta notare da addetti ai lavori e pubblico. Arriva la sera e sale sul palco Massimo Pericolo: a torso nudo, birra in mano, nonostante la natura dell’evento non cambia di una virgola. Incazzato, come i suoi testi, sfida le forze dell’ordine presenti («chiamiamo tutti insieme i carabinieri, facciamo esplodere il centralino») e prende di petto il pubblico. Altro che fronzoli, il rapper varesino non sa neanche cosa siano e spara in faccia a tutti i suoi pezzi come se il pubblico dovesse un po’ immedesimarsi (e lo fa), ma anche un po’ vergognarsi (perché raccontando di lui mette allo specchio tutti noi). Sfilano alcuni dei suoi brani più noti, come Casa nuova, Scacciacani o Polo Nord ed è sempre catartico ascoltarlo.
È quando la luce sta per calare quasi del tutto, che Imola si trasforma in Secondigliano. Grazie a Geolier, e chi sennò, che per far saltare tutto il pubblico fa ripartire il brano omonimo almeno tre volte (forse anche quattro o cinque). Un modo per ravvivare una platea che da sette ore è sotto il sole che balla, canta e si scatena e forse pensava di potersi prendere una pausa. Non è così, perché il rapper napoletano con i suoi beat urban e le liriche affilate lo rianima e risponde persino a un gruppetto che gli intona “forza Juve”. Lui recupera una maglia del Napoli calcio, la mostra ai provocatori e li zittisce, facendo partire Na catena con tutti i presenti che lo seguono con le mani a tempo. L’ambiente è ormai abbastanza energico per passare da sud a nord, ma senza perdere intensità. È Shiva a mantenerla altissima, ormai quando sono le 21 e la brezza che spira è una piacevole carezza. Con Tuta Black fa esplodere l’Autodromo e anche con gli altri pezzi dimostra di essere ormai diventato uno dei rapper più rappresentativi della sua generazione. Chi non ha bisogno di dimostrarlo è Luchè, salito subito dopo, il quale è vittima di un episodio spiacevole, ma anche autore di un gesto lodevole. A metà della sua esibizione una bottiglietta viene lanciata dal pubblico e gli schiva il volto. Lui sulle prime cerca il colpevole tra il pubblico, ma poi decide di soprassedere e continua a cantare. Ma soprattutto ferma un coro contro Salmo (famoso il loro recente dissing) dicendo: «Il mio pubblico non l’avrebbe fatto, non siamo in guerra, tra noi è uno sport». Infine arriva lui, l’artista da cui tutto è partito, non solo questo evento, ma anche tutta la rivoluzione che negli ultimi 6 anni ha portato un genere inedito in Italia a dominare le classifiche e a far emergere tantissime nuove realtà: Il king della trap Sfera Ebbasta. La luna domina ormai il cielo, ma le stelle sono di fronte al palco rappresentate dalle migliaia di cellulari accesi con il flash per seguire ogni suo brano o sua mossa. Propone alcuni dei pezzi più famosi del repertorio, che ormai sono cantati da tutti come dei classici ed è l’unico a proporre uno spettacolo che comprende ballerine, scenografia e luci studiate per l’occasione. È Sfera che ha dato il là a un vero e proprio terremoto nella musica ed è sempre lui che, ora, ha spinto tanti a impegnarsi per una nobile causa facendo crescere in consapevolezza l’intero ambiente. Sembra poco, ma può rappresentare l’ennesima svolta epocale.