«Di quanto fa l’Italia non ce ne frega un ca**o»: il primo San Siro di Sfera Ebbasta | Rolling Stone Italia
Boschetti ha fatto gol

«Di quanto fa l’Italia non ce ne frega un ca**o»: il primo San Siro di Sfera Ebbasta

Il rapper ha portato al Meazza le palazzine di periferia, ha ricordato i sogni di gloria che faceva con Charlie Charles, ha duettato con mezza scena rap, si è preso gli applausi di una vita. È la fine dell’età dell’oro della trap o l’inizio di qualcosa di nuovo? In ogni caso, ieri sera meglio lui degli Azzurri

«Di quanto fa l’Italia non ce ne frega un ca**o»: il primo San Siro di Sfera Ebbasta

Sfera Ebbasta a San Siro, 24 giugno 2024

Foto: Edoardo Anastasio

La Scala del calcio si è dimenticata del calcio, ovvero della partita che ieri sera l’Italia giocava a Lipsia e che valeva la qualificazione agli ottavi di finale di Euro 2024. La nazione guardava la Tv, ma non gli spettatori del primo dei due concerti di Sfera Ebbasta a San Siro. C’era aria di vittoria già nel pre-gara, al contrario dei mediocri Azzurri. Gionata Boschetti è il fuoriclasse preferito da un pubblico che occhio e croce ha meno di trent’anni, l’età del rapper. Per molti, è stato come tornare tra i banchi di scuola, là dove quasi dieci anni fa giravano i primi brani di questo ragazzo di Cinisello che portava nella scena rap italiana qualcosa di fresco, diverso e attraente.

Sfera ha curato personalmente la scenografia, una struttura che ricorda i palazzi dell’hinterland milanese in cui è cresciuto. Al centro c’è una scalinata ripida adatta non a una discesa con strascico stile Sanremo, ma a performer abili nel parkour che aprono lo spettacolo al suono trionfale di O fortuna.

E ’sta roba gli ha dato alla testa / E non puoi più salvarli / TomTom: sempre in giro / Sto pensando ai soldi”. Sfera appare in cima alla scenografia cantando Visiera a becco. Lo stadio trema e non smetterà di farlo fino alla fine del concerto. Il tipo indossa un completo rosso da meccanico, sulla giacca è ricamato il suo nome col lettering della Ferrari, sulla schiena il Cavallino, come a voler ancora una volta ricordare al mondo che lui è Sfera Ebbasta, la supercar della scena rap italiana. Niente musicisti in scena: tolta l’apparizione di Charlie Charles e di un coro di bambini per 15 piani, Sfera canta da solo sulle basi. Ogni tanto chiama il dj Junior K, che però sul palco non si vede.

Dopo XDVR e Panette, dal primo album del 2015, prende fiato e si gode il delirio. Ricorda a tutti che sono stati lui e la sua cricca a portare questo genere musicale in Italia: «Quanti di voi seguono la trap dal giorno zero?», domanda al pubblico per introdurre i suoi “cavallini” Side Baby, che entra, inciampa e si rialza sotto lo sguardo di Sfera, e l’altra faccia della medaglia della Dark Polo Gang, Tony Effe. Sono i primi ospiti di una lunga serie: Tedua, Izi, Luchè, DrefGold, Anna, Lazza, Rkomi, Simba La Rue e Geolier, in direttissima da tre date al Maradona. Una presenza che sa di scontro al vertice per la corona del rap italiano. I due sono ovviamente in momenti diversi della carriera: Emanuele da Secondigliano è all’apice col terzo disco, Gionata da Cinisello è al quinto e sembra non avere più molte cose nuove da dire. Quindi mi domando: questi due San Siro saranno la chiusura del ciclo Billion Headz Money Gang?

Foto: Edoardo Anastasio

Nel bel mezzo del concerto, mentre Sfera canta pezzi senza featuring, un amico mi scrive che Dede, il diciassettenne che ha appena scalato il Duomo di Milano, è in diretta Instagram dal “tetto” dello stadio, il tutto sotto gli occhi di decine di membri delle forze dell’ordine: pronto, sicurezza? Ma al pubblico ignaro interessa solo quel che accade sul palco. Sfera, che nel frattempo s’è tolto la giacca e salta a petto nudo sfoggiando un fisico notevole, rappa una hit dopo l’altra. Anche se a un certo punto gli manca il fiato, sa come portare il pubblico dalla sua parte, ma è un po’ meno in grado di interagire con le decine di performer e ballerini che animano il palco. Non mancano gli appelli alla libertà di Baby Gang e Shiva. A un certo punto rompe la bolla che ha creato chiedendo: «Quanto fa l’Italia?». Si corregge subito: «Non ce ne frega un cazzo».

Non esisterebbe Sfera senza Charlie Charles, e ce lo ricordano prima un video nostalgico sui grandi schermi del palco, col rapper e il producer in studio a lavorare, poi un’esecuzione non riuscitissima per voce e pianoforte di Bottiglie privè. «Ci eravamo promessi che non saremmo mai entrati in questo stadio se non insieme per un nostro concerto», dice Charlie. Una promessa mantenuta, come quella fatta da Gionata alla madre, a cui ha detto che grazie alla musica avrebbero fatto una vita migliore. Ora Sfera ha una compagna e un figlio che non crescerà nella Ciny che ha vissuto e cantato.

Ed è proprio con il brano dedicato alla sua città natale – che fa a cappella esibendo una sciarpa dedicata a Cinisello lanciatagli da un fan – e nuovamente con Visiera a becco che il Trap King si congeda, mentre viene annunciato un tour nei palasport nel 2025. La bolla scoppia, ma la gente è doppiamente soddisfatta: la nazionale di calcio ha pareggiato al 97esimo minuto contro la Croazia, il gol di Zaccagni vale la qualificazione agli ottavi. E subito si torna alla realtà, quella dei noiosi cori “po-po-po”. Meglio Sfera.

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