«Harry Styles ha fatto la cover di Se telefonando di Mina», «Harry Styles parla italiano»: quello che dicono è vero. Sono entrambe cose successe alla prima data del Love Tour, ma pure alla seconda, di ieri sera, a Torino.
Un concerto di quelli che manco ci speravo più, a differenza delle mie accompagnatrici che presento subito: due cugine minorenni preparatissime, per comodità le chiameremo cugina 1 e cugina 2. Fan di Harry Styles, sì, ma fan dei One Direction prima ancora. Il tour era stato rimandato già due volte: «Prometto che non passerà più tutto questo tempo», grida Styles a inizio concerto.
Quando sale sul palco, alle 21, le grida di chi lo aspettava da due anni alzano sensibilmente i decibel del Piemonte occidentale: Music for a Sushi Restaurant, Golden, Adore You, Daylight, Cinema. Si parte spediti, e da subito Styles intervalla i brani con domande o frasi pronunciate in un italiano migliore di quello di miei diversi conoscenti: «Tutto bene?» o «Stasera vorrei foste quello che volete essere». Dice “foste”, giuro. Affermazioni che impostano il mood del concerto di una delle popstar più famose al mondo, ma che, visto così, potrebbe essere anche un set a un festival. Sul palco nessun gioco da super budget: è tutto semplice, con la band vestita di giallo e Harry Styles che canta e corre in completo Gucci catarifrangente. Basta così.
Ogni cosa che ha fatto, Harry Styles l’ha fatta bene. Guardiamo i suoi ultimi cinque anni: tre dischi di successo, parti nei film giusti (anche futuri: sarà a Venezia con Don’t Worry Darling della compagna Olivia Wilde, e il superproduttore Marvel Kevin Feige ha dichiarato all’ultimo Comic-Con che ci sono sviluppi per il personaggio di Eros, “teaserato” in Eternals), dichiarazioni e interviste ancora più giuste. Una potenza multilaterale che gli ha permesso di tenere i vecchi e di stare simpatico ai nuovi.
Anche il suo concerto è così. C’è (già) un buon repertorio, in cui Styles infila anche un pezzo dei One Direction, per non dimenticare il passato. Ma c’è pure un accenno di Se telefonando di Mina, appunto, che invece serve a non dimenticare il nostro, di passato. Ci sono tutti i suoi singoli di successo e pure una canzone che non è mai stata pubblicata e che fa solo nei live, Medicine. Me lo dice cugina 2, che comunque spera che «prima o poi esca».
Il pubblico, molte sono ragazze, partecipa alla festa di Harry agghindandosi con accessori in linea col mood un po’ Seventies del nostro: è un trionfo di boa di piume, coroncine di fiori, occhiali a forma di cuore. Mi sento in Almost Famous. Harry scherza e ringrazia tutti, più volte. Il pubblico, la band, le persone che lavorano. È la star inarrivabile ma gentile. È il ragazzo più popolare della scuola che ti fa credere che siete uguali, anche quando è evidente che così non è.
Sono passati dodici anni da quel giorno in cui Styles, che lavoricchiava in una panetteria, diventava Harry dei One Direction. Un successo pazzesco da teenager, poi il gioco che si rompe, ma non per lui. Quanti riescono a fare così? Devi avere la faccia giusta, sì, ma dopo un po’ non basta. Serve ambizione, serve gusto. Non sono anni facili per le popstar (rimane comunque meglio del lavoro in miniera, specifichiamolo ché di questi tempi è sempre meglio). Lo streaming ha annullato le certezze, disintegrato le strategie storiche. Bisogna fare i TikTok e poi (giustamente) piagnucolare perché bisogna fare i TikTok. Styles sembra aver scelto di giocare un altro gioco, quello dei vecchi. Quello che si riserva a chi non sbaglia una mossa, alle star che quando non sono sul palco non le vedi proprio, e che quando invece le vedi non c’è mai niente di sbagliato.
Sono le 22:45 e ha fatto tutte le canzoni che doveva fare, correndo di qua e di là come un matto. È il momento di As It Was, il suo ultimo singolo che è arrivato alla numero 1 in America (traguardo che per i cantanti inglesi è meglio che vincere al Lotto), e anche la hit tra i brani che più si sentono nei reel e nei TikTok (degli altri). Immagino sia l’ultimo pezzo, poi guardo cugina 1, quasi a dirle di prendere le cose che tra poco si esce. «Impossibile». «Perché?», chiedo. «Manca Kiwi, che è la mia preferita». Se non la fa si incazza, giura lei. Kiwi arriva, cugina 1 si mette a cantare mentre riprende contenta col telefonino. L’avevamo detto, che Harry fa tutto giusto.