Offlaga Disco Pax, la recensione del concerto ai Magazzini Generali di Milano | Rolling Stone Italia
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Ieri sera gli Offlaga Disco Pax hanno ritentato la presa della Bastiglia del loro cuore bambino

La recensione della prima delle due date a Milano. Un concerto che accorcia la distanza tra passato e presente, una festa di compleanno per Max Collini. «E a chi non compra il nostro merchandise, tre anni di risaia in Cambogia con Daniela Santanchè»

Ieri sera gli Offlaga Disco Pax hanno ritentato la presa della Bastiglia del loro cuore bambino

Offlaga Disco Pax dal vivo

Foto: Francesca Sara Cauli

«Ci vediamo al banchetto. Ci sono i dischi e il merchandising. E chi non compra le nostre carabattole, tre anni di risaia in Cambogia con Daniela Santanchè!». Finisce con una risata la prima delle due date milanesi degli Offlaga Disco Pax, tornati sul palco a più di dieci anni dal loro ultimo concerto per eseguire integralmente dal vivo il loro memorabile album d’esordio, Socialismo tascabile, che compie vent’anni in questo 2025. E 58 ne ha compiuti proprio ieri sera Max Collini. «Una festa di compleanno con 1000 persone non l’avevo mai fatta», dice al pubblico dei Magazzini Generali, che saranno esauriti anche stasera, così come tutte le rimanenti date del tour primaverile (restano ancora alcuni biglietti solo per quella conclusiva all’Eremo di Barletta).

Si parte con Kappler come da scaletta, e dalla risposta del pubblico («Kappler!», «Stanca!!», «Ha la faccia come il culo!!!») si capisce che gli Offlaga giocheranno in casa. Non sembrano essere passati così tanti anni dall’ultima volta: gli occhi sbarrati di Max Collini, il lancio dei wafer Tatranky, l’altarino davanti al palco con la Golf e il fumetto di Zora, la vampira porno, l’elenco telefonico di Reggio Emilia. Ma non è solo nostalgia, riproposizione di un album che (anche) di nostalgia viveva («un disco sulla sconfitta di un’epoca, di un’ideologia, di un sistema, la presa d’atto che quel mondo lì era finito, che il Muro era caduto e che io sarei, e poi sono, diventato un uomo adulto in un mondo in cui non avevo più i miei riferimenti»).

La band è stata settimane in studio per portare sul palco il concerto migliore possibile, e a giudicare da quello che abbiamo visto ci è riuscita benissimo, anche grazie all’innesto di Mattia Ferrarini, «il primo a cui abbiamo pensato e l’unico in lizza», ci ha detto Collini alcune settimane fa, «uno di noi e uno come noi, con le nostre stesse passioni musicali, i nostri ascolti e il nostro approccio». La maggior parte dei pezzi sono piuttosto riarrangiati rispetto alle versioni originali, compatibilmente con la loro impostazioni elettronica, e hanno quasi tutti un gran tiro. Nei più ritmati Daniele Carretti lascia la chitarra per il basso, mentre Ferrarini si china sulle macchine. Ma c’è ancora, anche, e non potrebbe essere altrimenti, l’indimenticabile Enrico Fontanelli. Grafico, musicista, produttore. Lo si vede nel logo rosso acceso sul palco fin da prima dell’inizio del concerto, nelle magliette e nelle copertine dei dischi in vendita all’ingresso. Lo si ascolta nella musica, ovviamente. E nel saluto che arriva dal palco a sua figlia Leila.

Gli Offlaga Disco Pax 2025 sono una band potente. Nei suoni, nell’immagine, nel modo atipico di essere frontman di Max Collini. Che quando gli gira piazza anche qualche riferimento all’attualità. «Negli anni ’70 c’erano un mucchio di fascisti, come adesso» dice prima di Sensibile. Il testo parla di Giusva Fioravanti, «un ragazzo la cui gioventù venne violentata da troppa televisione». «Come Carlo Calenda» aggiunge Collini, che chiude il pezzo con un «e vaffanculo fasci di merda», promettendo che «sarà l’unico momento populista della serata».

Due gli omaggi in scaletta. Il primo, una citazione della parte più sognante di Atmosphere dei Joy Division al termine di Tono metallico standard. Anch’essa un omaggio indiretto a Enrico Fontanelli, che nel suono degli Offlaga cercava una splendida utopia: un ipotetico terzo album della band di Manchester. Il secondo, Allarme dei CCCP, da cui già proviene il basso di Cinnamon. «Paghiamo il nostro tributo agli antenati», dice Collini introducendo l’unica cover che la band abbia mai eseguito dal vivo. «Si dev’essere incantata una batteria elettronica, ma se sbagliamo ci corigerete», scherza prima di lanciarsi nell’ultimo pezzo in scaletta: Robespierre, la loro Smells Like Teen Spirit, la canzone eseguendo la quale a Genova davanti al pubblico dei CCCP si è convinto che questa reunion si doveva fare. Per fortuna.

Quest’estate ci saranno altre date, fra cui quella del MiAmi. E mentre parte la Birthday di Lennon e McCartney, oltre agli auguri di buon compleanno viene voglia di dire grazie al festeggiato e a Daniele Carretti, per aver tentato ancora una volta, come dicono loro, la presa della Bastiglia del loro cuore bambino.

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