Vorrei rassicurare la deputata di Fratelli d’Italia che lo considera spot per il gender fluid, con conseguente gran turbamento di bambini e famiglie perbene. Desidererei rasserenare i parlamentari leghisti che hanno presentato un esposto all’Agcom per lo spettacolo indecoroso andato in onda a Sanremo. Mi piacerebbe contribuire a condurre il Paese verso la piena e vera pacificazione nazionale come ha auspicato due giorni fa il presidente del consiglio. E quindi lo scrivo qui, in modo che ne possano prendere nota le forze politiche, le istituzioni, le agenzie educative: nessuna famiglia tradizionale è stata maltrattata durante il concerto di Rosa Chemical.
Anzi, più che un concerto quello di ieri sera ai Magazzini Generali (la prima di quattro date a Milano, di cui tre sold out) è stato uno spettacolo d’arte varia. «Non nasco come cantante, ma come artista, writer, designer», ha detto a un certo punto Chemical, applaudito dall’alto della balconata da mamma Rosa, subito riconosciuta e acclamata dai fan, e da un manipolo d’amici, artisti, creator. Lo show è l’estensione delle tante cose che Rosa Chemical è o vorrebbe essere, oltre naturalmente a un gran bordello di gente che salta e canta, dai tizi in camicia hawaiana e occhiali da sole fino alle ragazze dai capelli fluo e coi corpetti in similpelle che sventolano bandierine italiane (lo vedi Giorgia che sono tutti patrioti?).
È un po’ concerto, un po’ peffòmans, un po’ festa universitaria, un po’ varietà televisivo con la canzone, il monologo, il balletto, l’ammiccamento sexy, l’arte. Si sono visti e sentiti, in ordine sparso: una selezione di hit che vanno dalla trilogia di Polka a Made in Italy (che s’è ascoltata tre volte durante la serata); una pole dancer che s’è esibita sulle note del tema della Pantera Rosa (non scherzo) ed è stata poi raggiunta da una seconda performer per animare quel gran sogno masturbatorio di Gianna Nannini che si chiama America (se le volete cercare su Instagram sono Shoriness e Divine DaemoniKa); cover italianissime che vanno da Comincia tu a 50 Special del «mio cantante italiano preferito»; le ospitate di Radical, che ha alzato il livello dell’energia sul palco, e Greg Willen.
E ancora: una sezione dedicata alla ballatone sentimentali; una specie di dj set; due cambi d’abito («più nudo di così m’arrestano»); un monologo tipo Le Iene sulla «grande giostra vorticosa» in cui s’è ritrovato dopo Sanremo, sulla libertà di non seguire i modelli dominanti associati ai sessi biologici, su quanto è «difficile accettare il cambiamento nel nostro paese»; un quadro realizzato sul momento dal cantante disegnando con le bombolette i soggetti suggeriti dal pubblico. Verrà battuto all’asta e il ricavato donato ai reparti pediatrici del Gruppo San Donato e del Santobono di Napoli. Nel caso desideriate comprarlo, sappiate che ritrae tra le altre cose un pene sorridente tipo emoji.
È un concerto-contenitore, uno spettacolino allegro che dimostra che, dopo i casini a Sanremo, Rosa ha voglia di far vedere che oltre lo slinguatore di popstar c’è di più. Molte cose andranno messe a punto, del resto questo è il primo vero concerto che fa in vita sua. «Si può quindi dire che prima d’adesso fossi vergine», nota lui, accompagnato da un boato. Per sverginarsi ha scelto la Gang Band, che sta a una sola consonante dall’ammucchiata. Sono la chitarrista Camilla dei Ros, gruppo che qualcuno ricorderà a X Factor 2017, e Tecla Zorzi, che è tastierista, sound designer, compositrice di colonne sonore, music editor (da DOC Nelle tue mani a Mixed by Erry). Non sono manco lontanamente le finte strumentiste decorative di Robert Palmer, sono musiciste vere. La loro esecuzione live si somma, come usa di questi tempi, a basi e (nei pezzi rappati veloci) tracce vocali pre-registrate su cui Rosa a volte non si premura manco di cantare. A quanto pare, la cosa non scandalizza più nessuno.
A giudicare dagli ultimi singoli Non è normale e Made in Italy, dopo aver messo il rossetto alla trap Rosa Chemical s’è dato alla canzone nazionalpopolare, ora sentimentale e ora un po’ cazzona. Il concerto registra solo in parte questo cambiamento, chissà se momentaneo, e quindi ai Magazzini s’è visto un Rosa per metà trapper che punta in faccia ai rivali non la pistola ma il pene e per metà intrattenitore arcitaliano che trasforma ogni cosa in un pretesto per far cagnara. Si sa del resto che la sua ambizione è essere Britney, non Kendrick.
Questo vivace esercizio di libertà d’espressione non segue i copioni noti, non è pop italiano che scopre la wokeness e nemmeno trap che fa brutto. È una miscela disordinata di aspirazioni popolari e brividini da sex shop, sentimentalismo e karaoke, vanto rap e cantabilità pop. Non è uno spettacolo ricco dal punto di vista dell’allestimento, della musicalità, del vocabolario e quindi dell’immaginazione. Di paraculaggine ce n’è tanta, di musica un po’ meno. Ma è un inizio e comunque centra il bersaglio: Rosa sarà pure al suo primo concerto, ma l’entusiasmo del pubblico è quello solitamente riservato alle star.
Il nemico numero uno di benpensanti, fustigatori di malcostumi e politici di destra dall’indignazione facile pare un bravo ragazzo. È anche un simpatico erotomane, un propugnatore disinibito delle libertà individuali, un assertore sovreccitato del diritto al godimento, ma quando sta sopra il palco (e qualche volta sotto, ad abbracciare i fan) Rosa Chemical non calca mai la mano, non eccede, non sbraca. Non vuol minacciare nessuno, nemmeno quelli là che si scandalizzano e sbraitano e vorrebbero censurarlo. Non lo fa perché, cito dal monologo motivazionale, «l’arma più potente che abbiamo è l’amore». Ecco allora il saggio e moderato consiglio dispensato ieri sera al pubblico: «A chi vi insulta, vi sputa parole d’odio, a chi cerca di farvi cambiare rispondete con gentilezza, serenità, pacatezza. Li spiazzerete. Io l’ho provato sulla mia pelle. Se reagirete con apertura ed educazione a chi ancora non ha capito dove sta andando il nuovo mondo libero, sarete voi i vincitori».