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Il superpotere di Rosalía è essere la migliore restando una di noi

Ha riso, pianto, parlato in italiano e mangiato dei churros suonando il piano con le dita sporche di zucchero. Il concerto dell'artista catalana per gli I-Days a Milano è stata una celebrazione di ballo e umanità tra 30 mila amici

Foto: Aldara Zarraoa/WireImage for ABA

«Che confusione» sospira Rosalía al microfono mentre sotto al palco si agitano per capire cosa stia chiedendo. Lei indica qualcuno in prima fila, una ragazza. Siamo a metà show. Un tecnico prova a porgere un poster di una fan, ma non ci siamo. Si affannano, ma Rosalía sorride divertita da questa strana situazione di imbarazzo. Poi finalmente tra le sue mani arriva una vaschetta d’alluminio foderata. Lei la apre e tira fuori dei churros, uno dei suoi cibi preferiti a quanto pare. La ragazza li ha preparati per lei. Ne assaggia uno di gusto e si siede al pianoforte. Sta ancora masticando quando comincia a suonare Hentai, uno dei brani più delicati in scaletta. Dopo tre accordi si ferma e ride: «Ho dello zucchero sulle dita!». Si pulisce le dita e dà un bacio alla telecamera che la segue da vicino. Il pubblico esplode. Così parte Hentai, un brano sul sesso e su Dio che tra le mani zuccherose di Rosalía diventa un pezzo strappacuore. Canta l’ultimo ‘hentai’ con un vibrato magnifico. Scende una lacrima. Poi si appoggia al pianoforte e si apre in un sorriso guardando dritta in camera. I 30 mila motomami e motopapi presenti si sciolgono in un sonoro ‘oooooh’.

Ma facciamo un passo indietro. Rispetto a quanto si era visto sei mesi fa durante l’unica data italiana del tour invernale a Milano, l’impalcatura dello spettacolo portato ieri sera agli I-Days a Milano è praticamente la stessa, a differenza di alcuni piccoli episodi e di un pubblico che si è praticamente triplicato. In una setlist che risulta accorciata (passiamo da 31 a 21 brani) le novità sono Beso e Vampiros, tratte dal nuovo EP congiunto con il suo novio, il reggaetonero Rauw Alejandro, una toccante cover di Héroe di Enrique Iglesias, una versione speed up di Despechá e LLYLM, singolo pubblicato lo scorso gennaio. In questa nuova strutturazione della scaletta resta pochissimo spazio per El Mal Querer – l’album della svolta – a favore di Motomami che ad un anno dall’uscita suona ancora incredibilmente stimolante. Rosalía non è più quella del flamenco, oggi è l’artista pop più importante della sua generazione.

Foto: Kimberley Ross

Vedere 30 mila persone ancheggiare sui ritmi di Rosalía è una liberazione. Una liberazione corporea, di sicuro, ma anche e soprattutto una liberazione culturale. Mai come negli ultimi anni abbiamo potuto riscoprire il corpo attraverso la danza. Da un lato l’esplosione della musica latina nel mondo ha riportato un’attenzione sui fianchi, piuttosto che sulla testa, dall’altra l’esplosione dei balletti di TikTok ha insegnato ad una nuova generazione a lasciarsi andare nell’esprimere le proprie emozioni attraverso il proprio corpo. Ed è così che per un’ora e mezza il pubblico – con una demografica rintracciabile tra i 20 e 40 anni – non smette mai di muoversi, in maniera ampia, esplicita, liberatoria, aiutato dalle soluzioni ritmiche di Rosalía che corrono tra la storia dei ritmi latini (dalla bachata di La fama al flamenco di Malamente, dal dembow di Con Altura al reggaeton sperimentale di Saoko) con una capacità di masticare, mescolare, ibridare generi tra loro in maniera inedita mentre lei e i suoi ballerini dominano fisicamente il palco.

E davvero poco importa che questo show sia stato vittima di una serie di problematiche tecniche che hanno colpito l’apparato visuale del concerto per lunghi tratti; Rosalía in tutto questo non ha mai perso il controllo. Quando c’era da prendere tempo, non ha mai ceduto in allarmismi, mascherando le difficoltà dialogando – in un italiano davvero invidiabile – con il pubblico. Perché quello che è chiaro è che Rosalía è davvero al comando, davvero sicura di sé, di chi lavora con lei, del suo show. Così tanto che può suonare un brano intimo al pianoforte masticando dei churros, riderci su e riniziare come fossimo ad una serata tra amici. Che poi è questo il vero (super)potere di Rosalía: sembra ancora una di noi. Certo, lo sanno tutti i presenti che non è così, resta pur sempre una superstar che sta facendo uno show, ma la sua empatia sul palco, il suo modo di approcciarsi allo spettacolo e al pubblico ci fa dimenticare questa distanza. Lei piange, ride, cazzeggia, si emoziona. E nulla sembra falso, o preparato. C’è un’emotività gigante in gioco, ed è palpabile. Esiste, è lì, tra noi. E noi le crediamo.

C’è differenza tra essere una popstar ed essere un’artista sul palco. La popstar esegue, dopo centinaia di ore di prove, la propria musica, l’artista – sempre dopo centinaia di ore di prove – la vive. Ed è questo ciò che risulta innegabile in Rosalía. Non solo una performer incredibile, capace di tenere il palco da sola (senza musicisti e con l’aiuto solo di otto ballerini) rapendo il pubblico con un semplice movimento, uno stop, uno sguardo in camera (la parte visiva, come vi avevamo raccontato a dicembre è fondamentale nel funzionamento dello show), non solo una ballerina fortissima e una cantante impeccabile (in un live di coreografie e pose, il rischio è sottovalutarne la vocalità che trova la sua massima espressione nella canzone-più-canzone dell’intero set, la cover di Héroe), ma un essere umano in tutto e per tutto. E questo – fidatevi – è qualcosa di raro. Non è una cosa che trovate in un concerto di Dua Lipa o Beyoncé, giusto per citare the best in the game. È qualcosa che a questo livello, ora, ha solo lei. E non dargliene atto sarebbe perdere un pezzo fondamentale di quello che Rosalía ha fatto e sta facendo per la musica pop oggi: Motomami, in fondo, è lo Yeezus di questo decennio. E questo tour è la conferma che – oggi – esiste un’artista (di soli trent’anni) capace di fare la differenza.

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