La Prima Festa dell’Amore di Cosmo è stata il nostro Coachella | Rolling Stone Italia
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La Prima Festa dell’Amore di Cosmo è stata il nostro Coachella

All'Arena Parco Nord di Bologna si è percepita la voglia di essere lì, insieme, educatamente ammassati, presi bene, col desiderio di saltare, ballare, cantare, abbracciarsi, toccarsi

La Prima Festa dell’Amore di Cosmo è stata il nostro Coachella

Cosmo a Bologna per La Prima Festa dell'Amore

Cosmo. Foto: Luigi Rizzo

«Ma sul gruppo non hanno parlato di strass e brillantini? Sei sicura?»: appena varchiamo l’ingresso dell’Arena Parco Nord, la mia amica e io ci rendiamo conto di aver saltato qualche passaggio. Lei, che è più diligente di me, la mattina si era unita al gruppo Telegram de La Prima Festa dell’Amore, dove Cosmo redarguiva in maniera secca chiunque ponesse richieste eccessivamente triviali, tipo sapere a che ora suonasse il nostro: «Questa domanda non ha senso. Non si tratta di un mio concerto, non si tratta di una mia esibizione. Si chiama Prima Festa dell’Amore perché non sono solo io a farne parte, c’è una line-up di artisti che se non conoscete dovete scoprire. Si tratta di un viaggio che inizia alle 13 e che, come per gli altri giorni, crea tutto un percorso organico verso il mio momento. Se ancora non lo avete capito: iniziamo alle 13, e io sarò lì dal primo minuto a godermi tutto, esattamente come gli scorsi giorni. Ci vediamo lì per pranzo».

Gli scorsi giorni erano venerdì 15 e sabato 16 aprile, prime date di un evento a lungo rimandato, cancellato, posticipato, e che ora, finalmente, si è potuto presentare nella sua veste originaria: «Il primo live in Italia con posti in piedi senza distanziamento per vivere la musica come andrebbe vissuta». E, puntualizzo io, in uno dei pochi luoghi in cui è possibile concepire un format del genere (perdonate il campanilismo): l’Arena Parco Nord di Bologna, dal 2013 intitolata a Joe Strummer sebbene nessuno la chiami così, «anfiteatro naturale» con vista autostrada che fa un po’ Berlino Est anni ’80, un po’ fine del comunismo, un po’ atmosfera post-atomica, post-industriale, post-quelle cose lì.

Ho aperto troppe parentesi come mio solito, torniamo agli strass e ai brillantini. Appena varcato l’ingresso, dicevo, da euphoriana quale sono la sensazione è appunto di essere dentro un episodio di Euphoria ambientato al Coachella: glitter, strass, brillantini adesivi, perline colorate, look effetto tie-dye, paillettes. Chiunque sfoggia make-up ispirati a Maddy Perez e compagnia cantante, e noi – semplicemente munite di mascara – sembriamo due pesci fuor d’acqua. Mentre nella parte outdoor (un furgoncino dal quale di tanto in tanto Cosmo, già carico come una molla nonostante la maratona dei giorni precedenti, ci delizia con un dj set a sorpresa) si alternano Hugo Sanchez & Foresta, Cobra, Luwei, noi, birra-munite, partiamo alla ricerca del brillantino perduto.

Incontriamo Carlotta, che è arrivata alla Prima Festa dell’Amore con un kit da vera professionista, fatto di strass adesivi e pinzetta strategica per un’applicazione chirurgica: le chiediamo di salvarci dall’anonimato, e lei senza colpo ferire ci posiziona un paio di perline all’angolo dell’occhio (non sarà la sola, più tardi arriverà Francesca – sto barando, in realtà non ricordo il suo nome – con il tocco da maestra: la finta lacrima alla Björk, ma di un bel rosa fucsia). La chiudo qui ché son già a metà e questo pare più un articolo sul Cosmoprof anziché su un concerto; intanto, arrivano altri amici e il pubblico prende a infoltirsi. Pochi bolognesi («I bolognesi vanno poco ai concerti», suggerisce un’amica; mettici pure che il weekend di Pasqua molti sono in Riviera a fare i coglioni col Carrera, aggiungo io), un parco umano vario ed eterogeneo: afferro brandelli di conversazione con accenti torinesi, romani, toscani, pugliesi, non sento manco un socmel vez, stai polleg.

Si tocca con mano la voglia di essere lì, insieme, educatamente ammassati, presi bene, col desiderio di saltare, ballare, squarciagolare «Festival, polizia, polizia,
Festival, pizzeria, pizzeria», abbracciarci, limonare («Incluso nel biglietto c’è anche il limone? Dove si fa la fila?», mi chiede un amico), toccarci, tornare a essere ciò che eravamo e che abbiamo dovuto mettere in pausa per due anni. Sotto al tendone montato per l’occasione e aperto su ogni lato, dopo la performance di Steve Pepe si sta esibendo Tropicantesimo, e tutti prendiamo parte al rito collettivo celebrato da Hugo Sanchez, Lola Kola, Rocco Bartucci, Gabriele Lepera e Igino Dodde: è in quel momento che mi rendo conto che il messaggio di Cosmo sul gruppo Telegram ha perfettamente senso, e non potrebbe essere altrimenti. Qui non è importante chi suona e quando, ma perdersi nel flusso di suoni, colori, sorrisi, paillettes, brillantini: stiamo di nuovo facendo l’amore con la musica, insomma, e dopo un periodo di astinenza forzata l’orgasmo fa «Dum dum, e l’amore risale da sottoterra».

È la terza, quarta volta che vediamo Cosmo, ma conveniamo che la sua esibizione di stasera è un’altra cosa: l’energia di Marco è incontenibile, travolgente, e mentre alterna le canzoni dell’ultimo album – La terza estate dell’amore – ai successi Le voci, Turbo, Tristan Zarra, Cazzate, L’ultima festa, Quando ho incontrato te, noi, i suoi adepti, molliamo il freno e onoriamo il ritorno alla vita. La gente limona, brinda, si dimena, poga; la mia amica Ottavia si prende una pausa per allattare la piccola Petra che il compagno ha portato all’ingresso. Ci sono i musicisti della scena bolognese, il tour manager di quello, il fonico di quell’altro, il batterista di Tizio e il chitarrista di Caio; ci sono i ragazzi del Link e a un certo punto (secondo la mai tradita legge che recita più o meno «Ai concerti, le cose migliori avvengono sempre alla sinistra del mixer») scorgiamo pure Apparat. Pochi lo riconoscono, l’attenzione è rivolta al palco che Cosmo infiamma: io gli ballo di fianco e lui sorseggia indisturbato una Red Bull abbracciato alla sua compagna, muovendo la testa soddisfatto al ritmo di “Sei la mia città fuori dal centro, sei la mia città è un complimento, sei la mia città ti sento dentro, e quando tornerò qualcosa cambierà”, con cui Cosmo chiude il bis.

Prima di abbandonare il palco, Marco ringrazia tutti, il pubblico e chiunque abbia reso possibile un evento che non ci dimenticheremo mai, il nostro personale Coachella: è emozionato, soddisfatto, stremato, dice che ci meritiamo un applauso, e noi a forza di applaudire, ci spelliamo le mani. In taxi, dirette verso il centro, vediamo che sono pure partiti i fuochi d’artificio: grazie Marco, grazie Bologna, è stata davvero La Prima Estate dell’Amore, ed è stata una figata pazzesca.

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