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L’amen di Nick Cave ha chiuso il primo weekend del Primavera Sound 2022

Quale finale preferite? La dedica di Nick Cave ai figli Arthur e Jethro che «dovrebbero essere qui da qualche parte, o forse sono andati a vedere i Bauhaus» o gli Idles che rendono omaggio a Elisabetta col «fuck the queen» di Joe Talbot?

Foto: Sergio Albert

«Vorrei dedicare questa canzone ai miei due figli Arthur e Jethro, che dovrebbero essere qui da qualche parte. O forse sono andati a vedere i fucking Bauhaus». Raramente così poche parole dicono così tanto. Di Nick Cave, ovviamente, che le ha pronunciate durante il suo trionfale live al Primavera Sound di Barcellona prima di eseguire una I Need You mai così sentita. Ma anche del festival stesso, che può permettersi di piazzare Cave e i Bauhaus alla stessa ora, obbligando i fan all’ennesima dolorosa scelta. Una volta operata la quale, però, nessuno resta deluso.

Anche la giornata di chiusura del primo weekend del Primavera 2022 ha potuto contare su concerti di altissimo livello. Nick Cave su tutti, cui il recente dramma non ha tolto la voglia di mettere in piedi un live che lo ha visto emotivamente assai partecipe, laddove le circostanze avrebbero invece potuto spingerlo ad affidarsi al mestiere. I Bad Seeds lo hanno seguito a ruota e ne è uscita la loro ennesima esibizione trionfale al festival catalano, il cui connubio con il musicista australiano è ormai inscindibile. La presenza al Primavera di Blixa Bargeld, che poche ore prima aveva suonato sullo stesso palco con i suoi Einstürzende Neubauten, aveva fatto sperare in una reunion per l’esecuzione di The Weeping Song, che invece è rimasta del tutto fuori dalla scaletta, mentre per la prima volta nella storia dei Bad Seeds si è assistito a un singalong sulle note di Red Right Hand, o almeno così ha osservato un divertito Cave.

E i Bauhaus? Vista per pochi minuti a causa del conflitto di orari, la band di Bela Lugosi’s Dead è apparsa più che mai tirata a lucido, con un Peter Murphy ben lontano dal musicista un po’ in disarmo esibitosi quasi quattro anni fa a Milano. Cranio rasato, trucco da mimo sugli occhi, una giubba con punti di luminescenza quasi glamour. Elementi che si integrano con le movenze del cantante per dar luogo a una presenza scenica magnetica, che trascina una band lontanissima da eventuali compitini da reunion.

Peter Murphy dei Bauhaus. Foto: Gaelle Beri

Altro trionfatore di giornata e del festival tutto è stato Damon Albarn, alla guida di una macchina perfetta e micidiale chiamata Gorillaz. Come abbia fatto un principe del brit pop a trasformarsi in «the blackest man in West London», come da definizione del vecchio compare Alex James, è un mistero che nessuno è ancora riuscito a risolvere. Quel che è certo è che il live visto al Primavera ne ha confermato da un lato le doti di grandissimo capobanda, e dall’altro l’umiltà e il buonsenso nel lasciare di volta in volta il ruolo di frontman a Mos Def, Bootie Brown, slowthai e Sweet Irie, oltre a ospitare la grande voce di Fatoumata Diawara. Nati come cartoon band, in vent’anni i Gorillaz si sono trasformati in qualcosa di sempre più grande (anche in senso numerico: a un certo punto i musicisti sul palco di Barcellona sfioravano la ventina), mentre 2-D, Murdoc Niccals, Noodle e Russel Hobbs sono diventate presenze saltuarie di visuals usati con moderazione.

Chi al posto dei Gorillaz ha scelto di assistere al concerto degli Idles (altra dolorosa scelta) racconta di aver visto il concerto più potente del Primavera dal punto di vista dell’impatto, con una grande partecipazione da parte del pubblico. Un pubblico di cui in passato ha fatto parte anche lo stesso Joe Talbot, che ha ricordato i tempi dei suoi viaggi a Barcellona per assistere al festival, così come nel pomeriggio aveva fatto Dana Margolin dei Porridge Radio. Quest’ultima è stata costretta a esibirsi in un set voce-chitarra a causa dell’assenza dei compagni di band rimasti a casa ad aspettare inutilmente il rinnovo del passaporto, impedito anche dalla chiusura degli uffici pubblici in occasione del giubileo di Elisabetta II. «Fuck the queen» ha gridato Joe Talbot per altri motivi, «la monarchia è un abominio».

Foto: Christian Bertrand

Tornando al pubblico, è stato proprio quest’ultimo il vero trionfatore di questa prima edizione post Covid del festival. Il primo giorno, quando una condotta rilassata e responsabile da parte di tutti ha scongiurato il rischio di disagi che sarebbero potuti essere ben più gravi di una coda di mezz’ora per il bar (e anche ieri di fronte ai palchi di Nick Cave e Gorillaz c’era davvero troppa gente, anche a molti metri dalle prime file). E nei giorni successivi, quando il sorridere agli sconosciuti, l’attaccare bottone nell’area food e il darsi una pacca sulla spalla dopo essersi involontariamente urtati sono stati la piacevolissima norma di un festival unico, il cui bilancio è ampiamente positivo nonostante gli indubbi problemi di capienza che ne hanno parzialmente guastato l’avvio.

Il Primavera 2022 continua per tutta la prossima settimana con concerti nei vari locali di Barcellona, per poi riprendere il prossimo weekend al Parc del Fòrum con il bis dei Gorillaz, l’arrivo degli Strokes dopo il forfait per Covid, Interpol, Yeah Yeah Yeahs, Lorde, Dua Lipa e moltissimi altri.

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