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Liam Gallagher e John Squire a Milano, un’ora di classic rock in purezza

I due hanno eseguito al Fabrique tutto il loro album e una cover degli Stones. E basta. Liam ha fatto il Liam, John il Jimmy Page. L’effetto? Un salto nel 1975

Foto: Maria Laura Arturi

«Non pensavo che avrei mai cantato del cazzo di blues!», esclama Liam Gallagher davanti al pubblico del Fabrique di Milano, tutto esaurito per l’unica data italiana dell’ex cantante degli Oasis assieme a John Squire, già chitarrista degli Stone Roses. I’m A Wheel, scritta da quest’ultimo come tutti gli altri pezzi del disco che i due hanno recentemente pubblicato insieme, è in effetti quanto di più lontano da ciò a cui Liam ci aveva abituati negli ormai trent’anni della sua carriera, dal debutto di Definitely Maybe a oggi. Eppure funziona, per la gioia di un pubblico venuto da ogni parte d’Europa, complice anche il fatto che, dopo i live in Gran Bretagna e Irlanda, i due si sono esibiti soltanto a Parigi e Berlino e quella di Milano è l’ultima data in Europa.

Ieri sera, al Fabrique, abbiamo sentito parlare inglese, olandese e spagnolo. E abbiamo visto tanti bucket hat, il cappello da pescatore indossato a suo tempo da Reni degli Stone Roses e poi dallo stesso Liam, e tante magliette delle due band.

Liam & John salgono sul palco alle nove e un quarto circa, dopo l’apertura affidata a un applaudito Jake Bugg e ai suoi pezzi voce-chitarra. Vestiti di scuro, Liam con giubbino Adidas Spezial, per chi ama questi dettagli che nel suo caso non sono pura frivolezza, i due sono accompagnati dal bassista Barrie Cadogan (già con Liam a Knebworth ma con un ricchissimo curriculum che va da Morrissey ai Primal Scream), dal batterista Joey Waronker (che ha suonato nell’album di Gallagher e Squire e anch’egli con un curriculum invidiabile: da Beck ai R.E.M. e molto altro) e dal tastierista Chris Madden (anch’egli membro stabile della band di Liam). I pezzi sono quelli dell’album, non uno di più, non uno di meno. Nell’intervista rilasciata a Rolling Stone in occasione della sua uscita, Liam ce l’aveva anticipato: nessuna canzone degli Oasis e degli Stone Roses. «Niente nonsense da tre ore», aveva detto. «Va bene perché in un’ora puoi fare un sacco di cose, no? Puoi centrare il punto e farti capire. Certe volte i concerti durano troppo e l’attenzione cala, capito?».

Foto: Maria Laura Arturi

Il suono è ancora più classico che su disco. Potremmo essere a un concerto nel 1975: non c’è niente del punk e della new wave che, sia pur non così manifesti nei suoni, erano per forza di cose nel dna degli Stone Roses e degli Oasis. E se Liam non fa niente di diverso da quello che siamo abituati a vedere (e sentire), compreso agitare le maracas e provocare bonariamente il pubblico delle prime file, Squire fa il solista classico alla Jimmy Page, con assoli piazzati nelle frequenti jam strumentali dal sapore 70s che partono in chiusura dei pezzi, durante le quali il cantante esce di scena e la lascia all’amico. Classic rock in purezza, insomma.

«È più il disco di John dove ci sono io che canto», ci aveva detto Liam a proposito dell’album. Dal vivo però il protagonista è lui, a partire dai cori del pubblico che in paio di occasioni lo invoca con degli olè degni dell’Etihad Stadium. Abbiamo detto che non fa niente di diverso da quello a cui siamo abituati, ma lo fa veramente bene, sia come frontman sia come cantante: se possibile, la sua voce sale e limone è migliorata col tempo.

Eseguiti i dieci pezzi dell’album, tutti nei camerini. C’è tempo per un unico bis. «Volete sentire i Rolling Stones?», chiede Liam prima di una Jumpin’ Jack Flash durante la quale ci è parso che la sua voce ricordasse quella di Mick Jagger. Alle 10:17 è tutto finito, e nell’era di setlist.fm nessuno si sogna di chiedere più di quanto è già stato suonato nelle precedenti date del tour. Si accendono le luci, si aprono le porte e si va tutti a casa.

I brani in scaletta non si contano ma si pesano, per fortuna. Con buona pace di chi, anche in Gran Bretagna, si è lamentato dell’esiguo tasso pezzi eseguiti/costo del biglietto. L’esecuzione live dell’album che porta il nome dei due musicisti è decisamente riuscita. «Se ti piacevano Björk o chi cazzo vuoi tu, probabilmente lo odierai», aveva detto Liam a proposito del disco. In questo caso possiamo tranquillamente dire che chi invece lo ha amato, ha sicuramente apprezzato anche il concerto.

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