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Little Simz fa saltare le regole non scritte del rap

Ieri a Milano l’inglese ha dimostrato che il rap non deve parlare per forza di se stesso. Che le cafonate non sono necessarie. Che pochi secondi di campionamento possono fare la differenza. E quanto stile…

Foto: Sergione Infuso/Corbis via Getty Images

Viene voglia di andarsi a comprare un vinile, ascoltando Little Simz. Di recuperare la discografia dei Gorillaz solo perché nel featuring dell’artista britannica c’è la freschezza che la band di Damon Albarn non ha più. Di iscriversi, come consiglia lei stessa, a un corso di cucina o di farsi un giro in un mercatino delle pulci del nord di Londra alla ricerca delle giacche che indossa Simz o in uno dei club del quartiere di Islington, dove i teatri stanno sopra i pub.

È un termine che si usava diversi anni fa, ma a lei si addice perfettamente: Little Simz è stilosa. Nel senso del dettaglio che fa sì che anche quei quattro secondi di sample facciano la differenza, nell’orgoglio di essere non solo una donna nera ma una donna nera in particolare, nella capacità di far esplodere il Fabrique a Milano con un disco meraviglioso e complesso e con un genere che in passato in Italia non ha trovato tappeti rossi davanti a sé.

Non c’è una sola frivolezza sul palco, non un solo momento superfluo mentre Simbiatu Abisola Abiola Ajikawo rappa come una mina e salta da una parte all’altra del palco nell’unica tappa italiana a supporto del suo ultimo lavoro Sometimes I Might Be Introvert (2021). È difficile persino definire puro divertimento un suo concerto così come sarebbe difficile definire tale una performance di Kendrick Lamar, artista al quale Simz è stata in più occasioni accostata. Tutto sembra ricondurre all’idea di fondo che le parole hanno un peso enorme e che il piacere della musica non possa essere scisso dalla responsabilità di chi si rivolge a una platea. In un colpo solo il rap si toglie di dosso le cafonate e le ostentazioni non necessarie, per reggersi solo sulla sua ossatura: l’urgenza di esternare la propria rabbia e della grande musica su cui farla attecchire.

Con lei il rap non parla più solo di se stesso e dei suoi topic. Successo e soldi, dissing e pistole non trovano spazio nelle sue rime. Simz ha un sacco da dire, dal contesto sociale dal quale proviene alle riflessioni più personali. Le sue sono favole della buonanotte degli ultimi e degli esclusi, dove per esempio “le donne posso essere re” come rappa in Persons, il primo brano del suo debutto discografico A Curious Tale of Trials + Persons. Le rivoluzioni, per essere collettive, devono essere anche individuali e Little Simz ce le racconta entrambe.

È doppiamente significativo che ad aprire il genere verso nuovi universi narrativi sia un’artista donna. Il linguaggio più tipico dell’hip hop è infatti espressione di una visione intimamente maschile, dove chiunque non sia uomo ha occupato solo le retrovie. Una visione quindi per forza di cose limitata, poco ricca di sfumature di sguardi. A essere escluse dall’olimpo del rap non sono tra l’altro solo le persone di genere femminile ma qualsiasi tipo di minoranza che non sia etnica: niente donne ma anche niente omosessualità, transessualità o binarismo di genere. Il rap è maschio e straight, bianco o nero che sia.

Little Simz se ne frega e porta non solo nell’hip hop ma nell’hip hop mainstream, quello sotto i riflettori, altre tematiche e altre visioni. Le sue. Era ora. Dimostra e ribadisce che si può parlare anche d’altro. E si può persino essere introverse e timide per arrivare al successo. Non è poco e più scorrono i brani che l’artista propone al pubblico milanese, da Selfish a Rollin Stone, da Two Worlds Apart a Woman, più è possibile prenderne coscienza.

A differenza del precedente tour, questa volta la femcee non ha portato con sé i suoi musicisti ma si è affidata alla tradizionale consolle. Curioso che abbia scelto questa struttura proprio per la tournée del suo disco meno rap, ricco di influenze che vanno dall’urban, al soul, all’afrobeat. Eppure funziona benissimo: Simz è nel suo territorio e ricorda indirettamente al pubblico che gli approcci più integralisti non portano mai lontano e che accogliere il rap nella black music e la black music nel rap non significa essere meno capaci, ma esserlo di più.

Ricordando il suo ultimo passaggio in Italia sul palco della Santeria, sempre a Milano, Simz si congeda sottolineando l’emozione di trovarsi ora davanti a un pubblico decisamente più folto. Il suo obiettivo, spiega, è uno spazio ancora più grande per il suo prossimo live in Italia. Reduce dal Mercury Prize e forte dei sempre maggiori riconoscimenti non solo del pubblico ma anche di colleghi e colleghe, Simz ha ottimi motivi per sperarlo. Vedete di farvici trovare sotto quel palco perché in ballo c’è molto più della musica.

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