Il Forum di Assago è pieno, pienissimo, traboccante di gente. Come è normale che sia: per i soli concerti nella sua città Marracash ha collezionato un sold out dietro l’altro, vendendo la bellezza di 67 mila biglietti (e oltre 150 mila in tutta Italia), che divisi per sei date milanesi fanno più di 11 mila biglietti a serata. La storia di questo travagliato tour nei palazzetti la conosciamo tutti: annunciato nel 2019 all’uscita dell’album Persona e inizialmente previsto per la primavera 2020, è stato rimandato più e più volte per via delle restrizioni da Covid, finendo per trovare una collocazione definitiva solo due anni e mezzo dopo, con il nome di Persone Tour, visto che nel frattempo è uscito anche un secondo album che va in un certo senso a completarne il concept, Noi, loro, gli altri. Un’attesa snervante per il pubblico ma soprattutto per Marra, che non ha mai nascosto la sua frustrazione in merito.
E quindi, dicevamo, il Forum è strapieno. Eppure, in un certo senso, l’atmosfera a tratti sembra più intima e raccolta di quella di un piccolo locale di periferia. Il motivo ha a che fare con la natura speciale di questa data: è la prima milanese, nonché la prima ad essere annunciata nel 2019 (quando l’album Persona era sì già un successo, ma non ancora l’album-rivelazione dell’artista-rivelazione di questo decennio) e la prima ad andare sold out in 24 ore. Sono i fan più affezionati e presenti, gli irriducibili di sempre, ad aver mandato in tilt le prevendite: quelli che conoscono a memoria ogni barra, che riconoscono ogni beat dal primo accenno. Quelli che non dividono Fabio da Marracash, o il rapper/zarro di Barona dal cantautore/poeta vincitore di una Targa Tenco (cosa che invece riesce un po’ più difficile da capire ad alcuni degli spettatori più anziani, a giudicare dai commenti che sentiamo dalle retrovie). Insomma, siamo tra amici: una festa per poche migliaia di irriducibili eletti. L’emozione trapela senza che nessuno si preoccupi troppo di nasconderla, né tra il pubblico né sul palco. D’altronde siamo qui per questo, per emozionarci. È un rito catartico, forse quello che più di tutti sancisce la vera fine della pandemia: finalmente si ricomincia da dove avevamo lasciato.
L’allestimento scenografico è così sontuoso da fare invidia a quello di molti colleghi americani: 200 corpi illuminanti, 200 mq di led, due palchi (il principale e una sorta di palco pop-up al centro della platea), laser, lanciafiamme e altri effetti pirotecnici. C’è perfino una piattaforma sospesa a mezz’aria che ascende verso il cielo o cala verso gli inferi, su cui Marracash fa il suo trionfale ingresso. I visual, proiettati su un sottile telo che cela o mostra la band in trasparenza, sono così realistici che si fatica a distinguerli dalla realtà: quando includono ospiti non presenti dal vivo ma solo su strofa registrata, come Blanco o Madame, sembra che siano davvero sul palco. L’atmosfera delle immagini cambia continuamente, con un incalzare monumentale e surreale. Statue equestri che si disgregano. Una gigantesca scacchiera in cui i pezzi si annullano e si fondono a vicenda. Un giardino pensile dell’Eden. E naturalmente, Marracash in tutte le salse: in versione colosso di bronzo, radiografato, disegnato, spettrale.
Si nota che la preparazione di questo spettacolo è durata per oltre due anni: nella sfiga generale del dover rimandare in continuazione, c’è stato il tempo di perfezionare davvero tutto. L’aspetto tecnico, sia visivo che soprattutto dal punto di vista dell’audio, è curato spasmodicamente: fatta eccezione per una piccola défaillance sul microfono di Massimo Pericolo – che insieme a Elisa e Gué è uno degli ospiti speciali della serata – il sound è impeccabile, fondendo insieme elementi hip hop e strumenti suonati in un insieme organico e coeso. Un plauso a Marz, che come sempre orchestra i progetti live e su disco di Marra, e ai vari musicisti sul palco: Jacopo Volpe, Claudio Guarcello, Eugenio Cattini, Roberto Dragonetti, Paolo Parpaglione, il tenore Vassily Solodkyy e dj TY1. Ma soprattutto, un plauso a Marracash, che si è sottoposto a un training fisico, vocale e mentale di notevole intensità per rendere ogni cosa al meglio. E ci riesce: sputa rime a raffica, salta, si scatena, plasma ogni verso con sicurezza e naturalezza, che si tratti di una barra nuda e cruda, di una melodia con l’Auto-Tune o di un puro urlo animalesco che non sfigurerebbe in un concerto punk (vedi sul finale di Nemesi, in cui è impossibile non ricordare che, prima ancora di diventare un ascoltatore di rap, il nostro eroe era un grande ascoltatore di rock).
La maggior parte dello show si concentra sugli ultimi due album di Marracash, quelli che danno il titolo a questo Persone Tour. In un certo senso è come riascoltarli in versione intrecciata e pluri-potenziata, perché spesso seguono il regolare fluire della tracklist dei dischi: gli intro, Body parts, Qualcosa in cui credere, e poi Loro, Pagliaccio e via procedendo. Il ritmo è incalzante e non c’è quasi tempo per riprendere fiato, se non per qualche commento di rito («Dall’ultima volta in cui dovevamo vederci è successo di tutto: una pandemia, una guerra, le stagioni impazzite, una campagna elettorale in pieno agosto…»). I tempi si dilatano con brani intensissimi come Dubbi, G.O.A.T. e Io, per poi risalire impennando con Poco di buono o Nemesi. C’è anche il tempo per un dj set in puro stile hip hop capitanato da TY1, in cui Marra si sposta sul palco secondario nel bel mezzo del pubblico e si lancia in alcuni dei suoi più grandi banger, un’espressione che, per chi non la conoscesse, sta a indicare un pezzo rap particolarmente esplosivo, sia in termini di sound che di reazione del pubblico: Badabum Cha Cha, Scooteroni, King del Rap, A volte esagero.
I puristi della musica “suonata” si mettano il cuore in pace (durante il dj set ne abbiamo sentiti un paio urlare frasi tipo «Dai, basta, cazzo, fate musica vera»): anche ora che ha vinto il Tenco, Fabio non ha intenzione di rinnegare o rinunciare al suo passato hip hop per diventare uno chansonnier impegnato, e continuerà occasionalmente a sfornare zarrate geniali e clamorose, accompagnato da turntablist altrettanto geniali e clamorosi. Per dirla con parole sue, “sono l’8 marzo, tu il 2 di novembre / ridi, cazzo, che era divertente”.
Dopo aver dato sfogo a tutte le sue energie, Marracash rientra sul palco principale con un mood molto più riflessivo e contemplativo, inanellando alcuni dei suoi brani più intensi: Tutto questo niente, Niente canzoni d’amore, Madame (l’anima) e soprattutto Crudelia, intonata in coro da tutto il pubblico quasi con ferocia. Non vorremmo essere nei panni della ragazza a cui la canzone è dedicata, sicuramente le staranno fischiando le orecchie. Il gran finale è con l’amico di una vita, Gué, che lo raggiunge in scena per Brivido e soprattutto per ∞ Love, un perfetto riassunto dei sentimenti che accompagnano l’intera serata.
Al termine di oltre due ore di live, ci portiamo a casa la sensazione che giustizia è fatta: per artisti che hanno passato anni da eterni sottovalutati come lui, e per un genere musicale come l’hip hop che per anni è stato considerato figlio di un Dio minore. Un altro grande soffitto di cristallo è stato abbattuto: Marra ha superato la prova del fuoco del palco, dimostrando che il concerto di un grande rapper non ha nulla da invidiare a quello di qualsiasi altro grande artista.