Nicki Minaj a Milano, qualcuno ci ha capito qualcosa? | Rolling Stone Italia
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Nicki Minaj a Milano, qualcuno ci ha capito qualcosa?

Ritardi, errori, mancanza di ritmo. L’unica data italiana della rapper è stata pressoché un disastro, sia sopra il palco (dello show funziona poco e nulla), sia sotto, con pochi fan per una star di questo calibro

Nicki Minaj a Milano, qualcuno ci ha capito qualcosa?

Nicki Minaj live a New York nel 2024

Foto: Kevin Mazur/Getty Images for Live Nation

Non è un buon periodo per la musica urban internazionale in Italia. Dopo le delusioni di 21 Savage e Offset in apertura a Tedua, con tanto di polemiche, spiegazioni e controspiegazioni dello stesso rapper italiano sulla questione («Il mio pubblico è fantastico e molto vario. C’è chi ascolta solo me, chi la trap americana, chi ascolta De André e chi entrambi. Offset ha coinvolto tutti. 21 era consapevole di non essere davanti ai suoi fan. Sta anche alla bravura del performer rompere il giacchio in certe situazioni»), la poca presenza di pubblico per un’artista come Doja Cat o date cancellate come successo per 070 Shake, anche Nicki Minaj è rimasta fregata da un Paese che non sembra in questo momento storico troppo disposto ad accollarsi musicalmente altre lingue e altre culture.

Le classifiche degli ultimi anni parlano chiaro: siamo un popolo autarchico. Il segnale è palese appena si entra all’arena di Rho Fiera, appena fuori Milano, per l’unica data italiana della rapper americana. Il pubblico, infatti, è pochissimo. Ancora meno di quello degli Arcade Fire della sera precedente, infinitamente meno rispetto a quello di Gigi D’Agostino nella stessa location di un mesetto fa. Con questa gente si potrebbe riempire un Forum, ma in uno spazio così grande questo vuoto umano mette un certo senso di tristezza. A poco, molto poco, è servita infatti l’aggiunta last minute della vera baddie Anna in apertura, il costo proibitivo dei biglietti e la classifica FIMI avevano già fatto il loro lavoro. Non è quindi un caso che gran parte del pubblico presente sia straniero, in particolare americani, spagnoli, inglesi.

Dopo l’apertura di Anna è il turno di DJ Boof. “The World Famous DJ” (come recita la sua bio di Instagram) si accomoda in una consolle posizionata a lato palco e comincia a passare una hit dopo l’altra in una serie di classici scaldapista. Il set è schizofrenico, che siano pezzi di Beyoncé, Rihanna o della stessa Minaj poco importa, Boof ne concede al massimo una strofa, un ritornello, per poi passare immediatamente a quello successivo, o interrompendo la musica per coinvolgere il pubblico in una serie di giochi da villaggio turistico: mani su, mani a destra e sinistra, un urlo per Nicki, su le torce dei telefoni, e così via. L’effetto di pieno e vuoto inizia così manifestarsi come una costante drammatica di tutta la serata. Terminato il dj set, giusto per parlare di vuoti, dall’impianto parte una playlist a metà del volume, con una scelta di brani di tutt’altra energia e mood, riportando il pubblico in uno stato di attesa. Nicki infatti si farà attendere molto, moltissimo. Prevista sul palco alle 21, ci arriverà quasi due ore dopo.

Il concerto si apre con il primo dei visual futuristici ma di stampo piuttosto rétro da videogioco anni 2000 in cui si vede Nicki venir costruita come un cyborg pronta a conquistare Milano (spoiler: non la conquisterà). La rapper appare così sul palco dopo la lunga attesa e già dall’inizio tutto sembra decisamente off. Parte con un playback di un pezzo cantato (spoiler: non canterà mai in tutto il live, limitandosi a eseguire solo le parti rap), muovendosi per il palco in maniera piuttosto goffa. Con lei sul palco due musicisti, un batterista (il vero protagonista del concerto) e un tastierista, oltre a una serie di ballerini e ballerine che proveranno in tutti i modi ad animare una messa in scena (anche luci, fuochi e CO2 sono spesso utilizzati con poca furbizia) e una performance statica.

Al contrario di Doja Cat – che il palco se l’era divorato in lungo e in largo – Nicki ha poca padronanza della scena. Non che sia una cosa che scopriamo oggi, certo, ma la rigidità e il distacco con cui affronta il concerto è al limite dell’accettabile. Non aiuta la necessità di inserire sul palco due gobbi da cui la rapper possa leggere i testi di alcuni dei brani, scelta che spesso la costringe a essere molto ferma per non perdere il filo delle strofe (spoiler: il filo lo perderà ripetute volte, bucando strofe e dimenticandosi passaggi e cambi). Di bad bitch resta davvero poco.

Mentre le produzioni suonano in maniera egregia (i beat sono tutti suonati dal vivo dal batterista, una macchina da guerra), la voce di Nicki è sempre sbilanciata tra il volume dei playback dei ritornelli e le strofe rappate che, défaillance a parte, in certi momenti riescono anche a ricordarci perché Minaj è stata un elemento così importante per il rap americano (e la strofa di Monster, dritta da My Beautiful Dark Twisted Fantasy di Kanye West del 2010, è in scaletta per questo). Il problema – l’ennesimo – è che quando il concerto inizia a prendere un po’ di ritmo viene messo in pausa per dei cambi abito lunghissimi. La scaletta è divisa infatti in quattro momenti, ognuno della durata di cinque, sei brani (ma quasi nessuno verrà eseguito nella sua interezza), intervallati da eterni cambi abito che possono arrivare fino a cinque minuti, in cui palco e pubblico vengono silenziati mentre il loop del beat di servizio viene quasi inghiottito dalla totale assenza di intrattenimento. Il risultato è che – tranne nell’ultimo atto che porta a chiusura e che contiene i pezzi più celebri (Anaconda, Superbass, Starships) – il live non prende mai davvero un ritmo. Ed è un peccato, perché quando tutto sembra in ordine e la rapper sembra sul pezzo arriva uno stop. Belli i cambi d’abiti, ma l’effetto Axl Rose che deve scappare dal palco per riossigenare è una mazzata sul brevissimo concerto (alla fine suonerà poco più di un’ora). E viene da pensare: perché?

Infine, e non meno importante, il ritardo accumulato a inizio show porta il concerto a terminare a ridosso della chiusura delle metropolitane, per molti l’unico mezzo disponibile per il ritorno in città. Questo comporta che, quando manca qualche canzone alla chiusura del concerto, molti (noi compresi) sono costretti ad abbandonare l’arena per non rimanere dispersi nell’hinterland milanese. E visto la dedizione che molti fan hanno messo per sostenere la loro beniamina (con outfit rosa da Pink Friday coloratissimi e bellissimi) nonostante tutte le turbolenze del concerto, anche questo lascia un retrogusto amaro in una serata da dimenticare.

Finisce con dei fuochi d’artificio, ma fan sfegatati a parte – che comunque la loro Nicki se la sono vista molto da vicino, quasi in maniera intima – c’è poco da festeggiare. Qualcuno ci ha davvero capito qualcosa?

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