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Ortigia Sound System non è solo un festival, è la fuga perfetta

L’esperienza Ortigia, come la chiamano i local, è la celebrazione di un luogo e del concetto di contaminazione culturale. Tra un Venerus a sorpresa al tramonto e l’incredibile ambient di Gigi Masin, è stato indimenticabile

Foto: Ortigia Sound System

«Ortigia non si ferma mai quando arriva l’estate! Di mattina trovi le famiglie che vanno al mare, i turisti ci sono praticamente sempre, di pomeriggio si risvegliano i ragazzi, la sera c’è la musica, poi il festival, di notte si va al porto e alle 4 del mattino i pescatori vanno a fare il loro lavoro». Lele è un siracusano doc sulla quarantina con una curiosità e una fierezza strepitose. «In questa stessa auto dove sei seduto tu ho accompagnato Giorgio Moroder, il maestro dell’elettronica, e Andrea Agnelli, il mio Presidente». Dieci/dodici volte l’anno, infatti, Lele vola a Torino a tifar Juventus in curva, ma nel resto del tempo è un conducente che durante il festival Ortigia Sound System scorrazza artisti e artiste dall’aeroporto di Catania all’isola di Ortigia.

Un ponte collega Siracusa ad Ortigia che mi si svela come un antico borgo di una bellezza mozzafiato, tra affascinanti vicoli di culture e tradizioni differenti. «Potevo essere in Australia, ma la pandemia mi ha fatto capire che volevo fare qualcosa qui, nella mia città. Ho quindi ripensato la mia casa come uno spazio d’incontro dove poter ospitare gente dal mondo», mi dice Alberto, un architetto che gestisce il B&B in centro a Ortigia dove sono ospite. Quando arrivo sta sfornando una torta di mele e me ne offre una fetta dando inizio ad una quattro giorni di gioie papillari. «Dieci anni fa il quartiere non era così, si è trasformato in fretta. Guarda ora quanti artisti, quanti giornalisti, quanti stranieri sono qui a godersi l’estate. È una bomboniera», racconta mentre il profumo di cannella impernia il salotto.

Esco e mi immergo nelle vie mercato tra dove tra le urla dei venditori, il vociare dei passanti, e gli odori incredibili del cibo locale (sì, scusate, la questione food sarà main topic), un dj set italo-funk si diffonde tra gli anfratti del borgo. È primo pomeriggio, fa un gran caldo, ma è tutto pieno: non è un mercato, è uno show. Poco più in là, all’Antico Mercato, c’è l’headquarter dell’Ortigia Sound System. Ritiro il pass, il mio festival può iniziare anche se, credo, sia già iniziato appena sceso dall’aereo.

Foto: Ortigia Sound System

Il Lido OSS è un solarium artificiale che si tuffa nel Mediterraneo. È la grande novità dell’OSS di quest’anno, il modo intelligente con cui l’organizzazione ha voluto superare le difficoltà del momento. Un luogo di incontro, di scambio tra pubblico, addetti ai lavori e artisti. Io stesso ritrovo amicizie da tutta Italia in fuga dallo stress metropolitano. Il lido diviene quindi il centro del villaggio OSS, uno spazio per il dialogo nella formalità di costumi da bagno, tuffi e focacce dove per tutta la settimana è in programma una fitta schedule di dj set, dal mattino al tramonto, organizzati dal festival in collaborazione con Mondonero, radio e piattaforma indipendente. Tutto fluisce con cura, tanto che sabato accade una sorpresa fuori programma: al tramonto spunta Venerus in consolle. La risposta del pubblico è a dir poco entusiasta e il lido diventa una incontenibile pista da ballo (ma non ditelo in giro). Accade la magia dell’esserci.

«Siete incontenibili», commenta Eva Geist dal palco mentre il live del suo progetto con Donato Dozzy, Il Quadro di Troisi, deve interrompersi per chiedere al pubblico di rispettare le normative vigenti e tornare a ballare, sì, ma nello spazio prestabilito. «È difficile contenere il pubblico: appena sentono un colpo di cassa, vogliono ballare», mi dice Enrico, direttore creativo del festival, in un misto tra entusiasmo e preoccupazione. In effetti appena gli headliner del festival iniziano ad incalzare, il pubblico sembra tarantolato e il contenimento diventa difficoltoso. Anche per questa ragione, a disinnescare possibili folle e follie, il festival ha cercato di costruire una line up gustosa, ma dal suono arrotondato. Si è scelto, in particolare, di premiare i live suonati con progetti come Calibro 35, Studio Murena, Il Quadro di Troisi, Ginevra, Venerus e la magia di quello che personalmente resta l’apice del festival, il set di Gigi Masin, massima espressione dell’ambient, un talento inestimabile a cui dovremmo dedicare più pagine nel racconto della musica italiana contemporanea.

Foto: Ortigia Sound System

Tra un talk all’Antico Mercato e Malamore, il coraggioso negozio di dischi dell’isola, e una serie di eventi collaterali (dj set, mostre, incontri) che il festival attiva indirettamente, non c’è mai un momento in cui l’isola si ferma. Nonostante un weekend da 43 gradi, Ortigia non è mai vuota, è una giostra, proprio come raccontava Lele. Bisogna sempre fidarsi dei local, in particolare quando si parla di consigli alimentari, di assaporare la vera essenza dell’isola. Nell’aria l’atmosfera è così leggera, così festiva, è tutto talmente positivo e propositivo che faccio un brutto pensiero: sembra di essere all’estero. Ma qui hanno trovato un modo migliore di esprimere questo mio pensiero, qui dicono “esperienza Ortigia”; lo ripetono sia gli organizzatori che le ragazze e i ragazzi dello staff, gli avventori quanto i negozianti. Ma cosa si intende per “esperienza Ortigia”?

Ortigia Sound System non è un festival come gli altri, non è un festival musicale in senso stretto, è la celebrazione di un luogo, di una cultura meticcia, di una tradizione antica. L’esperienza Ortigia è la ricaduta culturale e economica che il festival porta alla propria città e ai propri abitanti nonché l’immersione del fruitore del festival nel contesto sociale dell’isola. Si intende – oltretutto – un arricchimento sociale, umano, identitario a doppia via. L’esperienza Ortigia è il modo più chiaro per raccontare e spiegare l’importanza di un evento culturale nel nostro Paese. È una manifestazione politica palese di buon utilizzo del tesoro ambientale, sociale, culinario, umano locale. Ortigia Sound System è un festival che coinvolge Venerus e Lele, Gigi Masin e Alberto, il turista di passaggio quanto me giornalista. Tahar Ben Jelloun scrive che «quando conosciamo le nostre radici ci sentiamo meglio e siamo più disponibili a vivere con gli altri». Che qualcuno ce lo ricordi è quindi un bene inestimabile: viva Ortigia!

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