Per seguire tutto il Rewire ci vorrebbero altre due orecchie Bluetooth | Rolling Stone Italia
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Per seguire tutto il Rewire ci vorrebbero altre due orecchie Bluetooth

Da Laurie Anderson a Oklou, dai concerti ai dj set, 200 eventi distribuiti in più di 25 sedi. Impossibile vedere tutto, bello perdersi nelle tendenze innovative del panorama musicale contemporaneo. In Italia? No, in Olanda

Per seguire tutto il Rewire ci vorrebbero altre due orecchie Bluetooth

Laurie Anderson al Rewire 2025

Foto: Maurice Haak

Il Rewire evidenzia un grande problema: il fisico dell’essere umano non evolve allo stesso ritmo delle sue abitudini, delle idee che partorisce. Voglio dire che è assurdo, nel 2025, possedere solamente due orecchie. Possibile che decenni di cultura dei festival musicali non abbiano stimolato la crescita di qualche nuova protuberanza? Per carità, anche mal formata e brutta da vedere, basta che funzioni. Dovrebbe avere anche la connettività Bluetooth al nostro cranio e poter essere staccata e attaccata a proprio piacimento. 

Il Rewire 2025 ha indicato questo futuro qui, uno in cui sarà necessario avere tutti quanti almeno un altro paio di orecchie, sempre in tasca e pronte all’uso. In questo modo diventerebbe un festival godibile appieno: la mattina faremmo un veloce giro tra venue, lasciando le nostre orecchie un po’ ovunque. Dal pomeriggio in poi potremmo decidere cosa ascoltare, senza rischio di perderci i concerti, addirittura magari facendo zapping tra uno e l’altro.

Questa tediosa premessa post-umana racchiude il più grande pregio e il più bel “difetto” del Rewire: la quantità incredibile di musica da ascoltare. Giunto alla sua quattordicesima edizione, il festival olandese ha puntato in alto come mai, superando tutti i suoi record. All’Aia, dal 3 al 6 aprile, oltre 200 eventi distribuiti in più di 25 sedi diverse nel centro città. Un trionfo di qualità e quantità che ne ha consolidato la reputazione come appuntamento imperdibile per gli appassionati di musica d’avanguardia.

La line-up del 2025 ha spiccato per l’elettricità assoluta della selezione: nomi come Laurie Anderson, Alessandro Cortini, Anna von Hausswolff, Arooj Aftab, billy woods, Colin Stetson, Kali Malone, Lyra Pramuk, solo per citarne qualcuno. Da ogni parte del mondo e da ogni spettro della tavolozza di generi musicali; dalla classica contemporanea al post-club, passando per dub, jazz, elettronica HD, ambient, rap, post-punk e chi più ne ha più ne metta.

L’esibizione di Nala Sinephro era una delle più attese. Il suo ultimo album ha raccolto consensi unanimi e le aspettative sul live erano molte. In un’ora e passa di magia a metà tra ambient e jazz, tra groove eterei e lirismo emozionante, la prova è stata più che superata. Un’esibizione da brividi che ha incollato gli ascoltatori sotto al palco. Tra le più attese anche il nuovo fenomeno hype a metà tra ambient e pop, Oklou, che splendente nella sua gravidanza ha fatto volare tutti quanti.

Colin Stetson. Foto: Jan Rijk

Quest’anno l’International Anthem, creativa etichetta di Chicago, festeggia 11 anni e il Rewire ha deciso di ospitare tre artisti del suo catalogo in una sorta di mini celebrazione. SML, Ben Lamar Gay Ensemble, Ibelisse Guardia Ferragutti & Frank Rosaly hanno dato vita a live immaginifici, in cui partendo dalla musica improvvisata si sono attraversati luoghi di ogni tipo, tra elettronica, tradizioni sudamericane, proto-rap e pura creatività.

Passeggiando per il centro de L’Aia, invaso per tutti e tre i giorni da un insolito sole e da una temperatura pressoché perfetta, si è avuto appena il tempo di racimolare l’ennesima patatina fritta e birra a sciacquare. È stato un continuo sgambettare tra una venue e l’altra. L’antica chiesa Nieuwe Kerk (risalente al 1656) e il moderno auditorium Amare sono state le scoperte più intriganti, con quel mix tra passato e futuro che solo i paesi del Nord Europa riescono a coniugare in modo così autorevole, senza sentimentalismi in un senso o nell’altro.

Tornando alle esibizioni è impossibile non segnalare il live in collaborazione tra Holy Tongue e Shackleton. Il trio capitanato dalla “nostra” Valentina Magaletti ha incontrato il leggendario producer inglese per un concerto di dub profondissima, che nonostante l’orario (le 7 di sera) ha immerso tutti in un trip profondo e senza tempo. The Handover, trio composto da Aly Eissa, Ayman Asfour e Jonas Cambien, ha invece fatto venire la pelle d’oca evocando la musica rituale egiziana in un’esibizione perfettamente in bilico tra classica contemporanea e tradizioni folk.

BITOI e Wendy Eisenberg erano tra gli artisti indicati dallo stesso Rewire come nuove proposte “off the tracks” e sono stati entrambi all’altezza delle aspettative. Le sperimentazioni vocali del quartetto svedese hanno avuto l’effetto di un massaggio alle tempie, mentre la chitarra post-folk dell’americana ha immerso in un mondo immaginifico e libero da etichette di genere. Menzione d’onore anche per la splendida opera di Nyokabi Kariũki in collaborazione con il Cello Octet Amsterdam. L’artista di Nairobi ha composto (su commissione dello stesso festival) Birdsongs from Kĩrĩnyaga, un’opera eterea che intreccia i canti degli uccelli dell’Africa dell’Est con la sua voce e l’abile esecuzione dei violoncellisti: uno spazio sonoro che esplora il rapporto tra uomo e natura.

Nyokabi Kariũki e il Cello Octet Amsterdam. Foto: Jan Rijk

Di giorno in giorno, per sgrassare dalle patatine, c’è stato anche spazio per il clubbing più creativo e virtuoso del momento, con i set di De Schuurman, Djrum, Coby Sey, DJ Plead b2b rRoxymore e l’ormai star mondiale ¥ØU$UK€ ¥UK1MAT$U. Il programma del festival non si è poi limitato ai concerti e ai dj set, ma ha incluso anche installazioni, talk, film, workshop e sessioni di ascolto, offrendo una panoramica completa delle tendenze più innovative nel panorama musicale contemporaneo.

In conclusione, il Rewire Festival 2025 ha confermato il suo ruolo di catalizzatore per la musica esplorativa, offrendo un programma ricco e diversificato che ha saputo coinvolgere e ispirare il pubblico. L’evento ha celebrato artisti veterani (come Alvin Curran), ma ha soprattutto fornito una piattaforma per nuove voci e progetti innovativi. Se si vuole scoprire come suona la musica del presente e del futuro, il Rewire è decisamente il posto in cui andare. Chissà, magari l’anno prossimo finalmente anche con qualche orecchio in più in tasca.