B9 sta per Building 9, nome che a molti non dirà nulla, nemmeno alla maggior parte dei fiorentini, ma che in realtà questo weekend è entrato a gamba tesa nella fervente scena culturale del capoluogo toscano.
Al posto della vecchia Manifattura Tabacchi (e qui i fiorentini dovrebbero già aver capito il posto), è nato un luogo aperto a tutti, 3mila metri quadrati con funzione teorica di polo culturale e artistico, ma nella pratica molto di più. Già perché venerdì sera, dicevamo, B9 ha portato musicalmente una ventata di aria fresca nell’afa fiorentina appesantita da tutti quegli uomini vestiti bene che pochi giorni prima avevano affollato il Pitti.
Il merito lo si deve a Boiler Room e il suo nuovo canale 4:3 (che si pronuncia four by three), che hanno fornito alla folla dell’immenso cortile, ai piedi della ciminiera che un tempo era l’output della fabbrica, live immensi e DJ set dritti come treni a levitazione magnetica. Il nome in codice è Plastic Dreams, e consiste anche in supporto audiovisivo fornito da artisti come Weirdcore (che normalmente fa il visual artist di Aphex Twin). Senza contare l’installazione della Fabbrica dell’aria, una specie di acquario per piante che consente di ridurre i livelli di anidride carbonica negli spazi interni con il solo ausilio delle piante.
Tornando a ciò che ci compete, vale a dire la musica, nello specifico bisogna spezzare un’arancia (oggetto più nutriente e reperibile di una lancia) in favore di Actress e il suo manichino cromato alla tastiera. Un duo che sul palco potrà sembrare surreale a chi non è pratico di Actress, ma neanche troppo se si conosce il lavoro che sta facendo il compositore inglese negli ultimi anni, fra intelligenze artificiali, cromature e quel mega discone che rimane AZD del 2017.
Altro premio della critica a Nkisi, che chiude la serata nello spazio interno della struttura (immensa) lanciando cassa dritta a 140 bpm e forse sopperendo alla parte un po’ più scarna e sperimentale offerta da Actress. In ogni caso, come già alle OGR di Torino o al Base di Milano, anche Firenze ora può vantare il suo gioiello post-industriale, che dai suoni delle macchine degli ingranaggi, scanditi in passato dai turni di lavoro degli operati, ora converte uno spazio manifatturiero in un luogo di creazione artistica e di condivisione.