Rolling Stone Italia

Primavera Sound, giorno 3: e alla fine arrivò la pioggia, e il girl power

Neanche il diluvio ha fermato Pj Harvey e Mitski. Charli XCX e le Atarashii Gakko! hanno rubato la scena. Buona prestazione di Liberato, mentre Clara è sconfitta dalle intemperie. Ecco cosa è successo al day 3

Foto: Primavera Sound

E inesorabile arrivò la pioggia a lavarci tutti. I gufi del “il Primavera Sound non è più quello di una volta” devono aver ben lavorato nel weekend visto che all’ultimo giorno del festival (qui e qui se volete sapere come sono andati gli altri due) per almeno 3 ore è venuto giù un acquazzone memorabile, condito da giochi luminosi di lampi e fulmini a schiarire la notte di Barcellona. O sarà colpa di quella persona indicata da Mike Kinsella, leader degli American Football (qui la nostra intervista di qualche giorno fa), che in un concerto bagnatissimo della band (cosa c’è di più emo che ascoltar un gruppo emo rifare il proprio primo celebre disco dopo 25 anni sotto la pioggia?) scherza: «Non credo in Dio, quindi non posso incolparlo. Alle persone piace però trovare un colpevole per ogni cosa e penso che il colpevole di questo diluvio potrebbe essere quel ragazzo là, perché no?».

Sta di fatto che un temporale a un festival è sempre un colpo basso. Le prime gocce iniziano a cadere durante l’elegante live di Pj Harvey sul main stage per poi diventare sempre più fitte da Liberato (sì, proprio lui, che si porta a casa comunque un live molto apprezzato in cui la bandiera palestinese rimarrà sempre bene in vista) e Mitski arrivando a cancellare il live previsto da Clara (sì, proprio lei, quella di Sanremo e Mare Fuori, l’avreste mai detto che era in cartellone qui?) e rendendo quasi inagibile la performance de La Zowi, la reggaetonera francese-spagnola, che prova a scaldare l’ambiente perreando come una matta, ma venendo sconfitta dalle intemperie.

Liberato. Foto :Eric Pamies

In una giornata dedicata principalmente alle artiste donne (non ci sono headliner uomini oggi), si riesce davvero a ripartire solo quando è il momento di SZA che finalmente porta in Europa il suo fortunato SOS con una performance pazzesca a metà tra un concerto di Beyoncé e una rappresentazione Disney a tema marittimo. SZA non sbaglia una nota, balla, canta, recita da paura portando il concetto di r&b a un livello successivo. Ma parlando di next level, grande nota di merito alle Atarashii Gakko!, il quartetto giapponese tutto al femminile che dopo un passato da idol porta sul palco – per la prima data europea di sempre – uno show divertente, energico, coreografato. Queste neo-ventenni alle spalle hanno già 10 anni di carriera, e si vedono tutti. Ogni passo, parola, coreografia è al limite della perfezione, e l’idea di mischiare (auto)ironia e tradizione giapponese in chiave contemporanea è vincente. Dopo il Coachella, l’ospitata al late show di Jimmy Kimmel e l’omaggio video di Rosalía, le quattro sono pronte a prendersi tutto anche qui da noi.

Sarà che ha smesso di piovere, sarà che il pubblico è quasi a maggioranza inglese, ma il live di Charli XCX alle 3 del mattino ha le sembianze del main event. Dopo uno show a sorpresa in spiaggia nel pomeriggio, il pubblico è qui per vedere la nuova era della popstar a meno di una settimana dall’uscita del nuovo disco Brat, anticipato qualche tempo fa da una Boiler Room della stessa Charli a NYC. Il tema oramai è chiaro, Charli vuole farci ballare e diventare la Barbie party girl che ha sempre voluto essere, sin da quando a sedici anni si faceva accompagnare dai genitori per cantare ai rave. Ci è voluto un giro lunghissimo, e una serie di collaborazioni rivoluzionarie (SOPHIE, A. G. Cook), ma mai abbiamo visto Charli così perfetta nel suo ruolo. Lo show è un’ora di pop in chiave clubbing, con ritornelli cantati a memoria dal pubblico e strumentali edgy che fanno saltare. Si va da brani che hanno ribaltato l’idea di pop futuristico (Vroom Vroom, Unlock It) a hit mainstream indimenticabili (I Love It, ritornata a casa dopo il prestito alle Icona Pop, Speed Drive dalla colonna sonora di Barbie). Il risultato? C’è una popstar 3D qui in mezzo a noi.

Charli XCX è così il finale perfetto per chiudere in bellezza la tre giorni di festival che, a differenza dello scorso anno, qualche passo falso in chiave cartellone l’ha fatto. Certo, come possiamo vedere dalle varie line up in giro per l’Europa, e soprattutto dalle uscite discografiche, questi ultimi 12 mesi non sono stati memorabili e questo di certo non aiuta la programmazione. I nomi più grandi del pop – vedi Taylor Swift, Beyoncé, Ariana Grande – non suonano ai festival e la fascia media della musica mondiale in questo momento sta faticando a trovare nuova linfa dopo la sbornia post-pandemica. Per il resto il festival, anche in mezzo al diluvio (la fortuna di avere uno spazio con una serie di strutture coperte permanenti è un enorme vantaggio in questi casi), ha retto. Potrà non piacere la deriva Coachella del Primavera Sound (e dei grandi festival in generale), un po’ come non ci può piacere la gentrificazione delle città europee (su Barcellona il tema è quindi doppio), ma è figlia dei tempi. Quest’anno si è chiaramente tentato di riportare sul palco un certo rock, come di tradizione, ma si è visto che tutta una fascia di pubblico (quello under30) è poco interessata alle chitarre o a certi mostri sacri per cui, certo, c’è rispetto, ma non quell’adrenalina di cui un festival ha bisogno.

Sarà curioso vedere dove andrà a parare il Primavera in una stagione musicalmente più fresca di quella recente. Tornerà al suo passato, cercherà di mantenere questo precario equilibrio tra mondi diversi o proverà una terza via? Tra 12 mesi avremo le prime risposte.

Iscriviti