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Ruttare contro la misoginia: i Viagra Boys ci stanno trollando?

Nella loro musica smantellano la mascolinità tossica ma sul palco, tra sputi e strizzate di genitali, la portano in scena con estrema naturalezza. Ci rimane il dubbio: ci fanno o ci sono?

Foto: Sergione Infuso/Corbis via Getty Images

“Perdente” Sebastian Murphy ce l’ha tatuato anche sulla fronte. Più che raccontare quello che è la scritta sembra raccontare quello che non è: un rappresentante della mascolinità tossica, un cultore dei corpi scolpiti e dei portafogli gonfi, il proprietario di ‘un appartamento con una grossa televisione’, qualcuno senza problemi con le sue insicurezze. Se per una società troglodita il contrario di tutto questo è un loser, o meglio ancora un punk rock loser, Murphy lo è. E con lui i Viagra Boys, che ieri sera sul palco del Fabrique sono venuti a raccontarci fino a che punto.

Nel caso del gruppo svedese non si tratta propriamente del disagio esistenziale e della sensibilità creativa spesso non del tutto compresa tipica dell’artista, propenso a sentirsi fuori posto nel conformismo della società. Murphy e compagni non sono pecore nere tra pecore bianche né tantomeno appartengono a un gruppo discriminato o svantaggiato. Semplicemente, mentre folleggiano sul palco, si fanno scivolare addosso qualsiasi cliché legato non solo a ciò che la maggioranza potrebbe considerare giusto, bello e accettabile ma anche quelli legati al mondo del rock e del music business. I Viagra Boys non prestano alcuna attenzione allo stile né si preoccupano troppo di dover fare solo i musicisti nella vita – alcuni componenti della band continuano a portare avanti i loro mestieri – né tantomeno sembrano voler proporre al pubblico la parte migliore di sé.

Già dal nome la band si espone a fraintendimenti che nonostante ci si trovi nel terzo millennio non è raro che suscitino risatine. Bisogna aver ascoltato con un po’ di attenzione almeno qualche brano per capire invece che scegliendo il nome del celebre farmaco per la disfunzione erettile il gruppo vuole ironicamente giocare con gli stereotipi legati al mondo maschile, bersagliati senza pietà in buona parte dei brani dei Viagra Boys che prendono di mira tutti gli atteggiamenti che reputano degni dell’età della pietra. L’ultimo album del gruppo s’intitola Cave World e ragiona proprio su questo tema. Piovono così strali contro antiscientisti e antivaccinisti, contro gli hater da tastiera e contro tutti e tutte coloro che scambiano la prepotenza con la forza. Contro, insomma, i trogloditi presi di mira nel brano Troglodyte.

Foto: Sergione Infuso/Corbis via Getty Images

Tutto questo sulla carta perché a vederli dal vivo sono i Viagra Boys a sembrare, per usare un’espressione a loro cara, i veri cavernicoli. Tra sputi e sputacchi e lodi alla birra Poretti non filtrata, la band si presenta bella rozza, con Murphy che fa vedere le chiappe e ogni tanto si strizza i genitali. Nei passaggi tra un brano e l’altro indossa un paio di occhiali da vista scherzando sul fatto che senza ci vede poco ma preferisce non portarli per non sembrare un fucking nerd. Nel frattempo, volano sul palco e tra il pubblico oggetti di ogni tipo – ma per la maggior parte bicchieri di birra, vuoti o pieni che siano – mentre la folla è un unico blocco compatto in movimento e lo stage diving va avanti da inizio a fine concerto mentre gli addetti alla sicurezza ripescano una persona dopo l’altra.

Lascia parecchio spiazzati associare questo tipo di performance a quel tipo di sensibilità. Ci si sente un po’ traditi e un po’ estasiati, con il dubbio che qualche dettaglio sia sfuggito. I Viagra Boys ci stanno prendendo in giro? Perché ruttano grattandosi la pancia mentre cantano contro la misoginia e contro il concetto di mascolinità virile? Sono ironici o sono semplicemente loro stessi? Ci troviamo in una meta narrazione senza sapere bene come ci siamo finiti? O stiamo sbagliando a porci il problema?

Certo è che la furia della band trova dal vivo la sua dimensione ideale. Nelle chiacchierate con la stampa anglofona il gruppo ha infatti raccontato come gli sia stato fatto notare che la potenza e l’energia che si scatenano sul palco siano molto più difficili da trovare nei loro dischi. Per questa ragione la band aveva raccontato ai giornalisti che la costante battaglia in studio è proprio cercare di avvicinarsi il più possibile alla resa dal vivo. In effetti il post punk selvaggio e velato di jazz del gruppo è un tornado senza tregua e la ricerca della melodia diventa secondaria rispetto alla guerra che prende vita tra gli strumenti e la voce di Murphy. Le orecchie bruciano: un live come questo al cospetto della pancetta anti-muscolo – andatevi ad ascoltare Sports se non la conoscete – di Sebastian Murphy è quello che serve per riprendere possesso della propria indole selvaggia.

Le suole delle scarpe rimangono attaccate al pavimento appiccicoso di birra del Fabrique mentre i primi frettolosi si dirigono verso l’uscita. Gli amplificatori continuano a pulsare in attesa che la band posi gli strumenti. Con le ultime note riecheggia nella testa anche l’atroce dubbio: i Viagra Boys ci stanno trollando tutti?

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