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Se Biden fosse in forma come Jagger saremmo a posto: la recensione della prima data del tour dei Rolling Stones

Dal vivo a Houston: i classici, tre estratti da ‘Hackney Diamonds’, un pezzo anni ’60 che pochi hanno riconosciuto. E Chanel Haynes, la corista licenziata per avere cantato a Milano. Spacca in ‘Gimme Shelter’ e rifà Lady Gaga. A star is born

Foto: Kevin Mazur/Getty Images for RS

Da una ventina d’anni ormai, per i Rolling Stones ogni pretesto è buono per andare in tour, tutto tranne un album nuovo. Sono andati in giro per il cinquantesimo anniversario, per le ristampe, per l’album di cover Blue & Lonesome, per il sessantesimo della carriera. Hanno anche fatto tournée negli stadi senza alcun motivo particolare, ma solo perché sono gli Stones e basta e avanza.

Ora però, dopo due anni di pausa, un album nuovo c’è, vale a dire Hackney Diamonds. Lo so che è un cliché giornalistico dire che ogni loro disco è «il migliore dai tempi di Tattoo You» e quindi non lo scriverò. Però, sì, non ne facevano uno altrettanto buono dagli anni ’80 (è sottinteso che Undercover del 1983 è sottovalutato) il che è sorprendente per una band che si è formata pochi mesi prima della crisi dei missili di Cuba. In altre parole, dietro al tour di quest’anno c’è una motivazione in più.

La prima data è stata ieri sera all’NRG Stadium di Houston, con Gary Clark Jr. in apertura. Primo pezzo: Start Me Up. È la prima volta che Mick Jagger si esibisce in uno stadio da ottantenne, ma ha la voce e la forma dell’epoca di Steel Wheels, o giù di lì. Roba non crederci finché non la vedi («Dicono che Joe Biden è troppo vecchio per fare il presidente», dice una signora dietro di me, «dovrebbero vedere Mick»).

Dopo Start Me Up si torna indietro al 1965 per Get Off of My Cloud e poi avanti al 1972 per Rocks Off, uno dei picchi ella serata. «La prossima è bella vecchia, è antica», dice Jagger, «ma non l’abbiamo mai fatta a Houston. Anzi, mi sa che non l’abbiamo mai suonata negli Stati Uniti prima d’ora. Si intitola Out of Time». È vero. Il pezzo di Aftermath è stato suonato per la prima volta nel tour europeo di due anni fa e mai in America. Siccome non è un pezzo che si sente in radio, il pubblico se ne sta quieto per un po’. «Mi sa che non la conoscevate», dice Jagger alla fine, «ma l’avete imparata mentre la suonavano».

Tra i pezzi di Hackney Diamonds fanno Angry, un po’ come nel secret gig dell’anno scorso a New York. Votata dai fan, Beast of Burden dà modo al corista Bernard Fowler di finire sotto i riflettori. «Ci sarà un’altra elezione a novembre», dice Jagger. «Non scordate di votare anche lì. Cosa suoniamo ora? Qualcosa di vecchio… qualcosa di nuovo».

La cosa nuova è il debutto da vivo di Mess It Up dall’ultimo album, uno dei due pezzi con Charlie Watts, le cui parti vengono ricreate da Steve Jordan sul palco. Se nel 2021 era l’uomo nuovo e l’emozione era ancora forte dopo la morte del batterista, ora ha ampiamente dimostrato ai fan che è la persona giusta per quel ruolo quasi impossibile da coprire.

«Abbiamo passato dei giorni bellissimi qui a Houston», dice a un certo punto Jagger. «Abbiamo fatto delle prove qui. Ho fatto un giro al centro spaziale. È stato fantastico. Mi è spiaciuto un po’ che non ci fossero i Beaver Nuggets» (nel 2021 il cantante citava ogni sera una specialità locale, Beaver Nuggets è una marca texana di palline di mais zuccherato che quasi certamente non si sognerebbe mai di mangiare).

Foto: Kevin Mazur/Getty Images

Arriva poi il momento immancabile in cui Jagger presenta i musicisti della band e lascia la scena a Keith Richards che per qualche motivo, forse per far sentire qualche canzone nuova in più senza eliminare i classici, si limita a fare un pezzo solo, in questo caso Little T & A del 1981. Non la facevano dal 2016. Peccato non abbia cantato Tell Me Straight da Hackney Diamonds, ma prima o poi lo farà, è inevitabile.

Gimme Shelter dà l’opportunità di brillare a Chanel Haynes, la corista entrata nell’orbita degli Stones nel 2022, quando Sasha Allen non ha potuto esserci al concerto di Milano. Haynes era a Londra, protagonista del musical Tina nel West End. S’è precipitata in Italia per salvare il concerto. È stata licenziata dai produttori di Tina, quando hanno scoperto che non era malata, ma ha guadagnato un ingaggio con gli Stones.

Ottima scelta. Sia detto con rispetto nei confronti di altre cantanti che si sono esibite con gli Stones come Lisa Fischer e Sasha Allen, entrambe molto dotate, ma Gimme Shelter non è mai sembrata così potente dai tempi dell’incisione originale di Merry Clayton del 1969. Quando Haynes urla “Rape! Murder!” lascia tutti sbalorditi, persino gli addetti alla sicurezza sotto il palco. Si fa un giro a bordo passerella con Jagger per la parte che culmina con la frase “just a kiss away” trasudando sicurezza e spavalderia.

Il set principale si chiude con Honky Tonk Women, Miss You, Paint it Black e Jumpin’ Jack Flash. Se le hanno suonate centinaia di volte un motivo c’è. Magari certi fan preferirebbero sentire pezzi meno noti come Memory Motel o Moonlight Mile, ma Jagger sa che molta gente allo stadio smetterebbe di guardare il palco e comincerebbe a scrollare il telefono. E poi, se hai in repertorio un pezzo come Jumpin’ Jack Flash, lo fai tutte le volte, e basta.

Sweet Sounds of Heaven, uno dei pezzo migliori di Hackney Diamonds, dà il via al breve bis. Se era un’impresa cantare la parte di Merry Clayton, ora a Haynes tocca eseguire le parti vocali di Lady Gaga. E fa ancora centro, tant’è che per un attimo sembra di vedere la scena di una versione alternativa di A Star Is Born.

Si chiude con una versione gioiosa di Satisfaction, il che significa che da Hackney Diamonds hanno fatto solo tre pezzi. È tipico dei tour degli Stones nell’ultima parte della carriera, ma l’album meritava di più. Per suonare quelle tre non si è sentita Midnight Rambler, è stata tolta una delle due canzoni di Keith e niente set acustico. Non sarebbe male ascoltare in futuro Whole Wide World, Bite My Head Off e Tell Me Straight, pezzi stellari che meritano un posto nella set list, anche a costo di eliminare ogni tanto una Paint It Black o una You Can’t Always Get What You Want.

Foto: Kevin Mazur/Getty Images

Qualunque cosa accada nelle settimane e mesi, val la pena fermarsi un attimo per rendersi conto di quanto sia miracoloso che i Rolling Stones esistano in qualsiasi forma dopo il cancro ai polmoni di Ron Wood nel 2017, l’operazione al cuore di Mick Jagger nel 2019, la scomparsa di Charlie Watts nel 2021 e le tante volte in cui Keith Richards ha evitato la morte negli ultimi decenni (in Wayne’s World 2 un personaggio dice che il chitarrista «non può essere ucciso da armi convenzionali», forse non funzionano neanche quelle non convenzionali).

Era lecito pensare che il tour per il 60esismo anniversario fosse l’epitaffio degli Stones. E invece stiamo vivendo una nuova era della loro storia. Da qualche parte hanno persino un mucchio di outtake dalle session di Hackney Diamonds che sperano di pubblicare in un nuovo album. Comunque vada, stanno esplorando un territorio vergine per il rock. Vedere che lo fanno è una grande emozione.

Set list:

“Start Me Up”
“Get Off of My Cloud”
“Rock Off”
“Out of Time”
“Angry”
“Beast of Burden”
“Mess It Up”
“Tumbling Dice”
“You Can’t Always Get What You Want”
“Little T & A”
“Sympathy for the Devil”
“Gimme Shelter”
“Honky Tonk Women”
“Miss You”
“Paint it Black”
“Jumpin’ Jack Flash”
“Sweet Sounds of Heaven”
“Satisfaction”

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