Dopo una lunga battaglia contro un tumore , martedì 11 febbraio se n’è andato il tastierista Lyle Mays. Aveva 66 anni e aveva dedicato quasi tutta la vita alla musica. Il suo carattere curioso e aperto l’aveva portato fuori dagli schemi rigidi sia della classica, sia del jazz. La sua musica, soprattutto quella realizzata con Pat Metheny, era un veicolo di immagini e sensazioni.
All’età di 6 anni Lyle Mays comincia a prendere lezioni di pianoforte nella sua città natale, Wausaukee, Wisconsin. Il padre è un chitarrista, la madre pianista e il giovane Mays comincia presto a sfoggiare il suo talento, interessandosi particolarmente al jazz. La sua insegnante Rose Barron non lo stringe unicamente entro i ferrei confini della musica classica, ma lo incita a improvvisare, come un jazzista.
Mays diventa un acceso fan di Bill Evans e di Miles Davis, in particolare dei loro Montreux Jazz Festival (Evans) e Filles de Kilimanjaro (Davis), entrambi registrati nel 1968. A quel punto il quindicenne Lyle ha già per le mani un mondo di suoni che, partendo dalla musica classica, si spinge verso il jazz, senza dimenticarsi di abbracciare timide istanze rock. Il pianoforte comincia a stargli stretto, si interessa all’organo e alle tastiere rese disponibili grazie ai progressi tecnologici.
Questo approccio mentale-musicale aperto gli tornerà utile quando nel 1974 incontrerà il chitarrista Pat Metheny. In questo periodo Mays è in tour con il clarinettista Woody Herman, ma già sogna un futuro nel quale mettere in mostra le sue capacità di strumentista e compositore in maniera quanto più ampia possibile. L’incontro con il chitarrista del Missouri è il momento che stava aspettando. Come lui, Pat è alla ricerca della sua musica, una musica che non sia solo una sterile ripetizione di temi e assoli, ma diventi il veicolo per immagini e sensazioni. Non a caso, Metheny è sotto contratto con una casa discografica che tutto è tranne che inquadrata in schemi rigidi. La ECM del tedesco Manfred Eicher ha uno slogan ben preciso, “Il suono più bello dopo il silenzio”. Nei dischi che pubblica la tecnica degli strumentisti è un tramite verso emozioni sospese, quasi impalpabili.
La sensibilità di Metheny lo spinge a rivolgersi a questa etichetta europea dalla mentalità più aperta e Lyle lo raggiunge per l’incisione del secondo album Watercolors, un affresco di suoni tra jazz a tinte pastello, oasi acustiche e vaghe incursioni nel rock più astratto. Felice di questa collaborazione Metheny forma da lì a poco il Pat Metheny Group, con Lyle alle tastiere, Mark Egan al basso e Danny Gottlieb alla batteria.
L’album omonimo del 1978 rende chiara l’importanza degli strumenti che Mays mette a disposizione del collega. Difficilmente nel jazz si è ascoltata tanta apertura nei confronti dei suoni, raramente si sono sentite così tante sfumature colorare una serie di composizioni che partono da input jazzistici (con la chitarra del leader dal suono carezzevole, leggermente ovattato, sempre fresca e pulita nel lanciarsi in fraseggi e melodie che faranno scuola) per poi spingersi a toccare svariati stili musicali: jazz-rock, folk, ambient, prog e molto altro.
Il riferimento al primo album del Pat Metheny Group è di fondamentale importanza per la carriera di Lyle Mays; da questo disco infatti il nostro inventa di sana pianta un suono totalmente personale che sfrutta le sfumature offerte dalle tastiere elettroniche. In questo periodo Mays usa soprattutto un sintetizzatore Oberheim, che renderà immediatamente distinguibili le composizioni del PMG, un ampio ventaglio di sonorità che il tastierista saprà sfruttare negli altri dischi con Metheny e nella sua carriera solista.
Tra i tantissimi album realizzati dal tastierista se ne segnala uno realizzato in coppia con Metheny, senza il Group. Si intitola As Falls Wichita, So Falls Wichita Falls ed è stato pubblicato nel 1981, con il solo apporto del percussionista Naná Vasconcelos. Qui c’è tutta la sensibilità di Lyle Mays, con spunti musicali insoliti e sperimentali come mai era successo prima, parti fra elettronica e jazz che dipingono in pieno il suo carattere curioso e aperto. Partite da questo e dal già citato Pat Metheny Group e poi andate avanti: è un vero arcobaleno di possibilità musicali quello che vi si spalancherà dinnanzi.