Questa è la storia di un episodio avvenuto esattamente 28 anni fa: il 30 gennaio 1990. I protagonisti di questo breve racconto portano il nome di Stone Roses. E non si parla di un loro successo discografico o di un concerto memorabile. Si parla del giorno in cui i poliziotti inglesi si presentano alla porta dei Rockfield Studios di Monmouth (Galles) e mettono in manette tre dei quattro membri della band. Perché quando si parla di grandi band è importante ricordare le belle date, sì, ma anche quelle che per vergogna si tende sempre a dimenticare.
Siamo a cavallo fra gli anni Ottanta e i Novanta e i Roses, dopo anni bui passati nel quasi totale anonimato, stanno finalmente portando a casa qualche soddisfazione. I pochi singoli usciti a fine anni Ottanta hanno aiutato Ian Brown e i suoi quel tanto da potersi permettere di suonare in giro per la Gran Bretagna. I tour in generale si rivelano un successo, che culmina con la firma per una major dopo un concerto al Digwalls di Londra nel 1988. Fra il pubblico infatti si nascondono rappresentanti dello Zomba Group (una divisione della Sony). Da quell’evento fortunato, scaturisce il primo omonimo Stone Roses del 1989.
Tutto sembra volgere a favore dei quattro di Manchester: hanno un nome sempre più famoso, hanno le adulazioni di critica e pubblico. Hanno tutto, tranne i soldi. Ian, John, Mani e Reni non si riescono proprio a spiegare come una band del loro calibro debba accontentarsi degli spicci. Che proprio spicci non sono, eh, come le 40mila sterline ricevute in bonus dalla label nel Natale del 1989. Ma Ian e i suoi non sono scemi e ci mettono ben poco a capire che quelle sono briciole. Qualcuno qui li sta prendendo per il culo. «Avranno pensato che fossimo degli zoticoni del Cheshire a caso» racconta Gareth Evans in War and Peace, la biografia della band del 2012 scritta da Simon Spence.
La situazione è più che mai tesa. La proverbiale ciliegina sulla torta arriva nel 1989, quando la FM Revolver, la ex label della band che per prima aveva pubblicato i lavori pre-major, aveva messo sotto contratto la band prima del salto major, decide di ristampare di punto in bianco uno dei primi singoli dei Roses Sally Cinnamon del 1987. Non bastasse, senza dire niente a nessuno il boss di FM Revolver gira un video per le strade di Manchester e lo fa uscire come video ufficiale del singolo. Verso il Natale ’89, i Roses mandano Evans a discutere con Birch (il boss di FM Revolver). Le negoziazioni non portano da nessuna parte. E nessuno riesce a schiodare dalla testa dei Roses l’idea che tutti attorno a loro si stiano arricchendo, tranne loro. «Birch ci disse di fissare un appuntamento» racconta il frontman Brown. «È stato lì che ho strippato. Stava facendo molti soldi grazie a noi e ci ha chiesto un appuntamento.»
Così, il 30 gennaio 1990, la band britpop decide di farsi giustizia da sola. I quattro più il manager stanno guidando da Manchester verso ai Rockfield Studios per registrare nuovo materiale. Ubriachi e pure fatti, i Roses decidono di fare una tappa a Wolverhampton, dove sta la sede della FM Revolver. Più che una visita di piacere, sarà una spedizione punitiva. Armati di secchi di vernice rossa, i Roses vengono accolti alle 19:30 dalla fidanzata di Birch (è la sede dell’etichetta ma anche la loro casa). Quando Birch scende le scale, succede il putiferio. «Ci hanno ricoperti di vernice e l’hanno lanciata dappertutto, anche sopra le macchine» ha raccontato il boss dell’etichetta. «Hanno pure rotto i finestrini. La band non era in sé quando ci ha attaccato. Erano tutti fatti.»
Dopo l’assalto, i cinque si rimettono in macchina, guidano fino al Galles e lì cominciano a registrare nuovo materiale, ancora completamente ricoperti di vernice. «Quello che sentite in Something Burning» racconta il loro produttore John Leckie, «è stato registrato proprio quella sera. Non si sono nemmeno cambiati di abito per registrare il lato B di One Love.»
Va da sé che, la mattina seguente, la colazione a letto gliela portano i poliziotti. Manette per Squire, Brown e Reni, mentre Mani e Steve Adge si costituiranno il giorno successivo.
Morale della favola: un giorno e una notte in cella e una cauzione di 10mila sterline più un processo. All’uscita della prigione, Brown non perderà l’occasione di citare una famosa frase di Mick Jagger, che 23 anni prima, nel 1967, si è trovato nella stessa situazione: «È il peggior hotel dove sia mai stato.”