Il tour del 40esimo anniversario degli AC/DC non poteva nascere sotto peggiori auspici. Prima dell’annuncio del nuovo album, Rock or Bust, si è saputo che Malcolm Young soffre di demenza senile e non potrà mai più suonare. Al suo posto è stato inserito nella line up il nipote (coetaneo) di Angus e Malcolm Young, Steve Young. Come se non bastasse, il batterista storico, Phil Rudd, sta passando guai piuttosto seri con la giustizia. Ora dietro ai piatti siede un ex, Chris Slade. Il tour di Rock or Bust (il 9 luglio a Imola) potrà quindi contare solo su tre veterani: Angus Young, Brian Johnson e Cliff Williams.
Dopo la tragica morte di Bon Scott questo tour potrebbe configurarsi come la seconda grande sfida della storia della band, cominciata 40 anni fa.
Proprio oggi, il 17 febbraio del 1975, usciva solo per il pubblico australiano il primo album degli AC/DC, intitolato High Voltage (lo si trova su Discogs a prezzi non modicissimi).
La versione ripubblicata nel ’76 con lo stesso identico titolo – ma con differente tracklist – era in realtà una compilation che comprendeva un paio di canzoni tratte dal debutto e l’intero secondo disco, T.N.T., concepito anch’esso esclusivamente per il mercato australiano.
Dell’organico di quell’epoca è rimasto l’uomo-simbolo, il diavoletto vestito da scolaro, Angus Young. La brillante idea di conciarlo come uno scolaretto tracotante e mefistofelico venne in mente alla sorella Margaret (l’epopea degli AC/DC straborda di aneddoti familiari).
Per emergere nel music business, Angus e Malcolm, emigrati scozzesi di Glasgow giunti a Sydney nel ’63, poterono contare sulla popolarità di uno dei nove (!) fratelli, il più maturo George, che con gli Easybeats si era guadagnato assieme al sodale Harry Vanda un posto fisso come compositore e produttore presso la Albert, una delle label più in vista della terra dei canguri.
George diventò l’idolo di Malcolm. Per emularlo si aggregò a un gruppo che si chiamava curiosamente Velvet Underground (da non confondere con i Velvet Underground di Lou Reed) e il cui cantante si chiamava, manco a farlo apposta, Brian Johnson.
Fu Malcolm a decidere di fondare una band col fratello minore Angus che da un bel po’ si esercitava a comporre i suoi riff micidiali. Gli AC/DC nacquero nel ’73 in un piccolo club di Sydney la notte di Capodanno. Suonarono cover di Chuck Berry, Rolling Stones e Beatles. Al microfono c’era Dave Evans.
Il nome della band, abbreviazione di corrente alternata/continua, lo suggerì sempre Margaret, la copy di casa.
Nel giugno del ’74 uscì il primo singolo, Can I Sit Next To You Girl. Dopo continui avvicendamenti nella line up, gli AC/DC suonarono all’Hard Rock Café di Melbourne, il cui proprietario, Michael Browning, diventò manager della band.
Browning, che di recente ha pubblicato la “sua” storia con gli AC/DC, ebbe un’importanza capitale nell’economia degli albori del gruppo con cui lavorò cinque anni. Nel ‘74 tirò dentro Ronald Belford Scott detto “Bon”, anche lui di Glasgow. Da driver dei ragazzi, Bon Scott, grazie al suo carisma e a una timbrica inconfondibile (pare segnata da un incidente motociclistico)diventò il frontman degli AC/DC.
Prodotto da Vanda & Young, High Voltage fu registrato nel gennaio del 1975 in soli dieci giorni. Fu subito successo in patria e nel giro di pochi anni il fenomeno AC/DC – che ormai poteva contare su una line up stabile – si impose su scala planetaria inanellando una serie di hit e di concerti memorabili. Il resto è storia.
Il 19 febbraio del 1980, cinque anni dopo la pubblicazione del primo disco della band, a soli 33 anni, Bon Scott morì soffocato a causa di un coma etilico.
Al suo posto arrivò il “vero” Brian Johnson (non quello dei Velvet australiani) e il gruppo pubblicò la sua pietra miliare: Back in Black, dedicato a Scott.
Oggi, nel 2015, si tirano le somme. Per i benevoli AC/DC è un marchio di fabbrica che distilla energia elettrica, sudore e passione da 40 anni. Per i maligni è un “brand” che con 200 milioni di dischi venduti ha incassato un fiume di denaro. Moneytalks o Let There Be Rock?