Spremute d’arancia, frutta secca e uva: ecco cosa faceva trovare agli ospiti del suo Loft Dave Mancuso, il pioniere del deejaying e della disco music che si è spento ieri all’età di 72 anni in circostanze ancora da chiarire.
Perché alla fine, a lui, importava di creare un’esperienza edificante, che avesse come unica protagonista la musica. A partire dal 1970, Mancuso cominciò a organizzare con cadenza man mano più regolare feste nel suo appartamento di 200 metri quadri fra Brodway e Bleeker Street, Manhattan. In poco tempo, i party del Loft diventarono uno degli appuntamenti più ambiti di New York, anche grazie a un suono nitido di uno degli impianti più avanzati dell’epoca e ai DJ set del proprietario di casa, assiduo ricercatore di dischi e dell’atmosfera perfetta.
“Wild Safari” dei Barrabas, uno degli storici inni del Loft
In un periodo, i primi anni Settanta, in cui la parola “disco” non significava nulla, Mancuso cominciò a plasmare con le sue serate il suono di una città nascosta dentro la città. Una fauna notturna di reietti, ribelli: persone oppresse da una società che, solo a sentir parlare di droga o sesso libero (fra persone dello stesso o meno) avrebbe più volentieri crocifisso che capito. Era questa la disco prima che arrivassero i discografici a depredarla. Un movimento, un tumulto notturno senza un suono preciso. Se però aveste fermato qualcuno per strada nella Manhattan dell’epoca chiedendogli quale fosse il suono del momento, sono sicuro che vi avrebbe risposto “quello del Loft”.