Sì, date ai vostri figli dosi massicce di schiattarate. Un po’ di head banging. E vedrete come vengono su bene.
Un nuovo studio, Three Decades Later: The Life Experiences and Mid-Life Functioning of 1980s Heavy Metal Groupies,Musicians, and Fans, realizzato da un gruppo di ricercatori di psicologia delle università di Humboldt State, Ohio State, UC Riverside e UT Austin (che si può trovare qui) ha esaminato quelli che negli anni 80 erano «groupies, musicisti e fan del mondo dell’heavy metal, mentre oggi sono persone di mezza età», per un totale di 377 partecipanti, e ha scoperto che, nonostante i fanatici del metal abbiano di sicuro vissuto un’adolescenza più rischiosa, sono risultati «significativamente più felici in gioventù e meglio formati oggi, paragonati a gruppi della stessa età o addirittura a un gruppo di ragazzi del college di oggi».
Come racconta Tasha Howe, una ricercatrice, alla KQED radio, «chi ascoltava metal negli anni Ottanta aveva una cattiva reputazione. Così abbiamo confrontato un gruppo di loro con chi, negli stessi anni, ascoltava pop o new wave. Ovviamente le groupies, i fan e i musicisti metal hanno avuto una gioventù più votata al sesso libero, all’assunzione di droghe o di alcol. Ma allo stesso tempo, la ricordano come più divertente e più gioiosa, con pochi rimpianti».
«Abbiamo voluto mettere a confronto», continua Tasha Howe, «due gruppi equivalenti. Gli appassionati di metal hanno ora una posizione sociale e lavorativa molto simile a chi ascoltava altri generi. Abbiamo voluto inserire anche un terzo gruppo, di ragazzi ancora in età da college, e abbiamo visto che addirittura la loro gioventù, anche se più recente, viene ricordata con meno gioia».
Questo ha spinto i ricercatori a formulare una possibile conclusione: «la partecipazione a culture di nicchia può aver rafforzato lo sviluppo della propria identità durante l’adolescenza problematica».
Quindi siamo tutti d’accordo.
Il metal fa bene.