Una pellicola leggenda della fantascienza incontra i due giganti della sperimentazione sonora come Ben Frost e Daníel Bjarnason per Music For Solaris, concerto per musica e immagini frutto della collaborazione con Brian Eno, presentato all’Auditorium Parco della Musica in un’unica data domenica 20 novembre dal Romaeuropa Festival con la partecipazione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
L’idea, infatti, trae ispirazione dal celebre film Solaris del regista cult Andrej Tarkovskij che a sua volta riadattò al grande schermo l’omonimo romanzo dello scrittore polacco Stanisław Lem.
Il viaggio nello spazio del protagonista, lo psicologo Kris Kelvin, per indagare se l’oceano gelatinoso che avvolge il Solaris sia una sostanza pensante, farà da contrappunto all’elegante dissonanza fra l’elettronica sperimentale di Ben Frost, l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Bjarnason e le elaborazioni video preparate da Brian Eno e Nick Robertson utilizzando fotogrammi tratti dal film ritagliandone i volti degli attori o distorcendole in colori astratti. Il maestro non sarà parte attiva dell’esibizione in programma al Romaeuropa Festival il 20 novembre, almeno non fisicamente.
Music For Solaris è un invito a metterci all’ascolto del nostro spazio interiore che nel film è messo a contrasto con lo spazio siderale in cui finisce per perdersi; i suoni sono lunghi, tenuti, non soltanto nati dagli archi o dall’oscurità dell’elettronica, ma frutto anche dalla chitarra di Frost, che usa il suo strumento come un universo di effetti acustici.
Nel frattempo Eno ha parlato del suo nuovo album Reflection, in uscita prevista per il 1 gennaio 2017 su Warp Records ma già in pre-order sul sito ufficiale dell’artista.
«Reflection è l’ultimo lavoro di una lunga serie cominciata con Discreet Music nel 1975 – ha detto Eno a proposito del nuovo lavoro – In ogni caso, è fa parte di quellla musica che poi ho chiamato ‘Ambient’»
L’album, “sembra creare uno spazio psicologico che favorisce la conversazione interna”, continua il compositore dopo aver rivelato di aver sempre pensato e usato la sua musica come uno “spazio provocatorio per il pensiero”: «Il mio lavoro come compositore è quello di mettere in atto un gruppo di suoni e frasi, e poi dargli alcune regole che decidono cosa succederà. Imposto poi l’intero sistema suonando e vedo cosa succede, regolando i suoni, le frasi e le regole fino ad ottenere qualcosa di cui sono contento».