«Penso che gli Smashing Pumpkins siano una delle band più incomprese della storia del rock». Questo ciò che pensa Billy Corgan, che è passato dal podcast di Joe Rogan (The Joe Rogan Experience) e che, durante la conversazione, ha parlato anche di come alcune band debbano aspettare anni per avere il giusto riconoscimento.
Per spiegarsi meglio, il frontman degli Smashing Pumpkins ha portato l’esempio dei Nickelback e dei Creed: «Vedrai, presto i Nickelback e i Creed andranno incontro a un’età dell’oro… Sono riusciti a sopravvivere [all’odio, nda], e ora siamo in quel momento inevitabile in cui cominciamo a dire, “erano bravi”, e “hanno scritto tante belle canzoni”».
Corgan pensa che succederà lo stesso con la sua band: «È come mi sento nella mia vita musicale. Sarà il tempo a raccontare la mia storia, e lo farà meglio di me». Ha concluso così la frase dell’inizio: «So che sembra una dichiarazione combattiva, ma è anche piuttosto accurata».
E poi, specificando: «Penso che abbia molto a che fare con i problemi della Generazione X. E ha molto a che fare con quel certo rapporto con i media che ho stabilito da molto giovane, quasi giocando un bel gioco – come se stessi mettendo in scena la mia personale versione di Andy Kaufam [personaggio dello spettacolo americano, nda] o Bob Zmuda [autore e comico statunitense, nda]. Perché pensavo che facesse tutto schifo, allora dicevo, “tratterò tutto questo come. un gioco perché mi sembra divertente”».
«Non avevo capito che ci saremmo trovati in una cultura che avrebbe sviluppato una sorta di attrazione per chi avrebbe voluto immolarsi sulla pubblica piazza. Per la maggior parte delle volte, chi è attratto dalla fama lo è per il suo lato scintillante. A me interessava quella nell’ombra, che è quella che dice, “Ok, mi darò fuoco, vediamo che cosa succede”. Oppure “ti darò fuoco, vediamo che cosa succede”».
Corgan ha continuato: «Dunque funzionava, diciamo, negli anni Novanta, quando tutti andavano avanti un po’ così. E poi ecco Napster, i crateri nell’industria musicale, e poi qualcuno che muore, e d’un tratto hai 40 anni e dovresti rappresentare una sorta di bandiera per una generazione che non sa nemmeno più chi è».
Concludendo: «Tante persone nell’industria sono venute a dirmi faccia a faccia: “Dai loro quello che vogliono. Avrai una vita migliore, avrai più soldi”. La mia risposta è stata sempre: “Non me ne frega un cazzo. Sono qui perché sono un freak, e non cambierò per nulla al mondo».