L’intervista che state per leggere è apparsa per la prima volta su Rolling Stone il 17 novembre 1994.
Björk Gudmundsdottir, 28 anni, ex membro degli Sugarcubes, è tutto meno che ordinaria. Non solo artisticamente, ma anche nel suo aspetto. Il giorno in cui l’ho conosciuta indossava una grossa maglia nera vintage («Ho il massimo rispetto per i classici»), un paio di Reebok, («le mie scarpe futuristiche») e una maglietta dei Moomins. «Una specie di Winnie-the-Pooh norvegese e anarchico».
Il suo primo album – Debut, uscito nel 1993 – ha venduto mezzo milione di copie e le ha assicurato una posizione del tutto particolare nel mondo della musica, quella dell’unica “techno-surrealista islandese”. E dopo averla intervistata sono sicura che è pronta per un grande futuro.
Prima di iniziare volevo dirti che sono una grande ammiratrice del maglione che indossi nella foto di copertina del tuo album
Grazie. Sono sempre stata per le cose pelose.
Vale anche per le persone?
Penso di si. Mi piacciono le cose vive. Se non hai un amico o un animale quando viaggi da sola è bello indossare abiti morbidi.
Ok, signorina Voce del Futuro. Come ci si sente a rappresentare una generazione?
Beh, appartengo sicuramente a una generazione. Ma mi vedo più come una parte del tutto, non come rappresentante. E per me il futuro significa fare tante cose contemporaneamente. Significa avere una carriera e, contemporaneamente, essere madre, o fissata con il cibo salutare. Oppure una giocatrice di basket – insomma, avere la libertà di poter fare le cose migliori.
Pensi che sia merito della tecnologia? C’è talmente tanta offerta che tutti possono costruirsi il proprio menu personale
Si, assolutamente. Un tempo la tecnologia complicava le cose, ora invece semplifica. Ho migliorato di molto la mia produttività grazie alla tecnologia, a questo aggeggio con cui scrivo e arrangio le canzoni. Hai solo bisogno di una macchina, poi puoi fare i tuoi dischi. Non avremo bisogno delle etichette discografiche, e non avremo bisogno dei media perché c’è Internet.
Sarà la fine dei mediatori, degli intermediari
Si. Non sto dicendo che non ci saranno più etichette o i media. Sarebbe un’affermazione un po’ esagerata.
Non c’è problema, non la prendo sul personale
Beh… lo so che sto esagerando. Ma per un sacco di gente degli anni ’80 il vero afrodisiaco è il potere. E non mi sono mai sentita a mio agio con questo concetto. Per la mia generazione, invece, l’afrodisiaco è la libertà.
E ci sono pericoli in tutta questa libertà?
La cosa buona è che con tutte queste nuove macchine puoi fare le cose da sola, puoi scegliere. Tutta quest’offerta, però, può dare dipendenza.
Kierkegaard definiva l’angoscia come “la vertigine della libertà”, una conseguenza delle troppe possibilità
Si, devi sapere cosa vuoi, e lasciare che ti guidi. Il centro della questione è “smetti di lamentarti e fai qualcosa”. Mi sembra che ci sia tanto ottimismo nell’aria.
Da dove pensi provenga?
Da una generazione che si rende conto che i mass media e il sistema non sono abbastanza. Lo puoi vedere anche in show famosi come i Simpson, o The Ren & Stimpy Show. Amo quei personaggi, vorrei poterli sposare. O qualcosa del genere.
Se potessi rivivere la tua adolescenza, cosa cambieresti?
Sono felice della mia adolescenza.
Oh. Allora eri l’unica teenager felice del mondo
Ci siamo divertiti, dai. Eravamo sempre in giro a fare un sacco di cose stupide. Non avevamo soldi e ci ritrovavamo nelle stazioni di servizio dell’autostrada, mangiavamo zucchero da scatole di cartone e rubavamo la benzina dalle altre macchine. Bevevamo tequila con la cannuccia e poi andavamo a pattinare sull’hardboard.
Sul che?
Sull’hardboard! Dai, dove ci sono le barche!
Ah! L’harbor (“porto” in inglese, ndt). Io ho sempre pensato che fosse un miracolo sopravvivere oltre i 16 anni
Beh, sì, con tutta quella tequila potevi finire sul fondo dell’oceano.
Se potessi vivere in un’altra epoca, quale sceglieresti?
A me piace vivere adesso. Non voglio soffermarmi troppo sui cliché, ma essere una donna in questo secolo è meglio che nel passato. Soprattutto se sei nella generazione successiva a quella che ha combattuto tutte le tue battaglie.
Come definiresti le varie fasi della musica rock?
L’inizio è simile per tutti, poi c’è chi si concentra sulle cose superficiali e perde il senso e il cuore della musica. È una storia che si ripete all’infinito. Ultimamente ascolto molta musica degli anni ’30, con un solo microfono posizionato in mezzo a band di 50 elementi, ed è davvero ricca di dinamica. Come il punk. Scusate, Sex Pistols, ma anche quello è punk. Aveva un’energia hardcore.
Giusto. Quindi anche Ethel Merman era una rockstar
Si. A me piacciono gli inizi, perché sono sempre uguali. Sono gli anni della spontaneità, delle emozioni grezze, senza censura, quando hai un vero desiderio di vivere.
Credi nel concetto di “Generazione X”?
È una cosa di Kurt Cobain, giusto?
Più o meno. È il nome dato a tutti quei ventenni che si sentono perduti
Ok. Io non vivo in America, ma mi sembra che lì dopo il climax degli anni ’50 si sia persa la speranza. Certo, può sempre tornare: vivo a Londra da un anno e mezzo, e lì la situazione è davvero deprimente. Sono un po’ come nell’Antica Roma, mangiano bacche tutto il giorno perché non sanno accettare che hanno toccato il fondo. Londra è così. Non conosco la parola giusta in inglese… ma è come quando fratello e sorella fanno un figlio insieme.
Parli di incesto?
No, parlo di quando le famiglie nobili si sposavano tra di loro, come nell’Impero Russo, e tutti i bambini nascevano con malattie e cose del genere. Hai presente?
Non saprei… l’endogamia?
Si, in un certo senso sì. In islandese c’è una parola diversa. Comunque, quando sei in questa fase culturale devi fermarti e ricominciare da zero.
Con che musica sei cresciuta?
A casa mia si ascoltava musica 24 ore su 24. Tutte le stronzate hippie: Joni Mitchell, no? Anche se lei non suonava stronzate, era tipo il vero genio di quell’epoca. Jimi Hendrix, il primo Clapton, tutte quelle cose chitarrose. E, umh, i Lynyrd Skynyrd. Queste sono le mie radici.
Se vedo ancora un maschio con la giacca di pelle, i jeans e le scarpe da ginnastica, gli sparo
Cos’è che rende la musica “alternativa”?
Dici la categorizzazione che fate voi giornalisti? Non l’ho mai capito. Questo è un bel problema, la gente analizza la mia musica come se fosse roba da discoteca. Mi viene da pensare: “Cosa? Ma perché?”
Forse la definiscono “dance music” perché è così che viene chiamata tutta la musica che i critici maschi non capiscono. Oppure perché ha dei ritmi da discoteca
Si, ok. Ma se vedo ancora un maschio con la giacca di pelle, i jeans e le scarpe da ginnastica, gli sparo.
Il tuo disco non sarà da discoteca, ma puoi comunque metterlo su e ballare nel salotto
Suppongo di sì. Comunque tutta la questione della musica “alternativa” si è un po’ incastrata su se stessa. Devo aggiungere, però, che ci sono tantissime band e artisti che mi piacciono. Come le Breeders, loro sono grandiose, moderne e freschissime. E ammiro molto Curtney Love, e Madonna. Non voglio stare qui a elencarti tutte le cose grandiose che ha fatto per le donne, ti addormenteresti.
Beh, dimmene qualcuna
Ha dimostrato a tutti che è bello avere il controllo della propria vita, qualcosa che prima non era considerato sexy per una donna. È una delle poche che è rimasta se stessa anche mentre interpretava il suo personaggio
Come pensi che cambierà la musica con tutte queste nuove influenze?
Spero che la gente si renda di nuovo conto che la musica pop è una delle forze più potenti del mondo, sta lassù con la religione, il sesso, il cibo e la politica.
Quindi la musica può cambiare il mondo
Si, lo fa tutti i giorni. È la balia più grande del mondo. Aiuta a fare chiarezza nei propri pensieri, rende la gente orgogliosa, felice o triste o quello che ti pare. È una delle forze emotive più grandi del mondo, almeno secondo me.
Ti ritieni una persona politica?
Sì, ma a livello personale. Credo nell’individualismo.
E cosa vedi nel tuo futuro?
Il mio futuro? Io voglio solo continuare. Mi annoio facilmente, devo trovare qualcosa di nuovo ogni fottuto giorno. Ci sono così tante cose belle: film, libri e insomma… persone. È questo che voglio, poi quello che succederà, succederà.