«Nessuna offesa per il signor Mars, ma qua mi sa che mi state prendendo per il culo» ha twittato qualche ora fa Justin Vernon, al secolo Bon Iver, per commentare l’esito dei Grammy 2018.
La notizia del giorno infatti è che Bruno Mars ha stravinto ai premi di quest’anno, portandosi a casa tutti e sei i premi per cui era in gara. Album dell’anno (24K Magic), Canzone dell’anno (That’s What I Like), disco dell’anno (24k Magic), miglior performance R&B, miglior canzone R&B, e per non farci mancare nulla anche il miglior album R&B.
Per quanto in gara nelle stesse categorie ci fossero artisti oggettivamente immensi come Lorde, Kendrick Lamar o Jay-Z, la giuria dei Grammy ha stabilito che Peter Hernandez (il vero nome di Mars) e il suo disco sono la cosa migliore capitata alla musica nel 2017. E questa cosa al signor Vernon, ha fatto girare il cazzo. E giustamente, aggiungo io.
Tutti d’accordo che 24K Magic sia un gran bel un disco pop, assemblato a regola d’arte dai migliori produttori sul mercato. E pure che la title track—ci è capitato più o meno a tutti— l’abbiamo ballata anche volentieri da sbronzi. Ma nessun incrocio di James Brown e Michael Jackson, per quanto uscito bene, può battere a tavolino l’esperienza di Jay-Z, la cazzimma di Kendrick Lamar, il fascino atavico di Lorde o molto più semplicemente la coolness di Childish Gambino (se siete fra i pochi a non avere ancora visto la sua serie, Atlanta, rimediate al più presto).
Not being clever, but man, hard to listen to a music JUST because it came out in this particular year. I do, and I think its important, but hard to make a list of music that changed me this year, without including a bunch of music from people who are dead or gone https://t.co/RT7CGeoZTq
— blobtower (@blobtower) 29 gennaio 2018
To be factual, Mr Mars made a name in the INDUSTRY by making hits OUT of hits of yesteryear (see: https://t.co/pnZWXdQD3L)
SO… no real need to be mad, even, at the Grammies.
SZA? KENDRICK?I’d say move on from this shit show.
Felt like a Democratic Party Party, not R’n'Roll
— blobtower (@blobtower) 29 gennaio 2018
While some awesome musicians do win, what is WINNING?
Shitty Coach language: pic.twitter.com/Fu2M1qR2l3
— blobtower (@blobtower) 29 gennaio 2018
scanning headlines after playing Mexico City last night (holy shit did we feel at home… Unbeelievable city)
Looks like Grammies are still something serious musicians should not take seriously !Absolutely NO offense to Mr Mars, but you absolutely have to be shitting me. 1/2
— blobtower (@blobtower) 29 gennaio 2018
The Grammies are for the music Industry. Music, itself, is for everywhere else and everyone else. Good to remember.
— blobtower (@blobtower) 28 gennaio 2018
Quindi? Eh, quindi Justin Vernon non è nato ieri e sa bene che i Grammy sono un’invenzione del mercato discografico. Non sono di sicuro una repubblica libera, dove le decisioni vengono prese democraticamente fra un pool di esperti e magari pure di pubblico. “Per attenerci ai fatti” prosegue il canadese su Twitter “il signor Mars si è fatto un nome nell’industria macinando hit su hit l’anno scorso. Quindi non c’è bisogno di incazzarsi coi Grammy. SZA? KENDRICK?” Il tono dei tweet sarà anche ironico ma va dritto al punto. La vogliamo buttare sui soldi e i numeri? OK. Entrambi i dischi di Lamar e Mars sono certificati doppio platino, ma DAMN. oltre che a provenire da un altro pianeta/campionato ha anche venduto l’equivalente di un buon 400mila copie in più, segnando anche un traguardo importante per chi si sbatte a cercare suoni nuovi e roba fresca anziché buttarla sul nostalgico old school come 24k Magic. Perché diciamocelo, il disco di Bruno Mars così com’è potrebbe essere uscito anche 25 anni fa.
Miglior performance Rap (Humble), Miglior canzone Rap (Loyalty), Miglior Video (Humble) e Miglior Album Rap (Damn) sono invece i premi che si è portato a casa Kendrick, confinato però fra le mura dell’hip hop senza possibilità di uscirne come Mars.
Se non sta in piedi nemmeno la tesi dell’industria “che pensa solo ai numeri” e nemmeno quella del “Justin Vernon è solo un rosicone” (non lo è, dato che è stato nominato 5 volte nella sua carriera e per ben 2 si è portato a casa le statuetta d’oro a forma di grammofono), allora forse è il caso di dare ragione a uno dei pochi che ha avuto le palle di prendere Twitter e trattare i Grammy per quello che sono: una bella presa in giro. Per dare il colpo di grazia, poi, JV cita il presidente della Recording Academy Neil Portnow, che nella cerimonia di premiazione ha detto alle artiste donne di “farsi avanti”, però poi tutti i premi più importanti tranne uno sono andati a uomini.
“I Grammy sono per l’industria musicale” conclude Vernon. “La musica invece è per chiunque e ovunque. È bene ricordare.”