In occasione dell’uscita del nuovo album 30 (di cui abbiamo parlato qui), Adele ha chiesto a Spotify di rimuovere la riproduzione casuale come opzione di default per chi vuole ascoltare il disco sulla piattaforma.
La richiesta è stata accettata: al momento in cui scriviamo, per moltissimi utenti lo shuffle è disponibile, ma più nascosto. Per alcuni è addirittura inutilizzabile. La nuova funzionalità non sembra però ancora implementata per tutti, come notano sui social alcuni utenti.
«Era la mia unica richiesta», ha scritto Adele su Twitter. «Non scriviamo album con cura e non compiliamo la tracklist con attenzione senza motivo. Raccontiamo storie con la nostra arte e i dischi andrebbero ascoltati come desideriamo. Grazie Spotify per aver ascoltato».
«Qualsiasi cosa per te», ha risposto Spotify, che ha poi diffuso un comunicato: «Siamo felici di annunciare una nuova feature Premium che utenti e artisti richiedono da tempo. Chi vuole ascoltare un disco in ordine casuale può ancora farlo nella pagina “Now Playing”. Come sempre, continueremo ad aggiornare il nostro prodotto per offrire la migliore esperienza possibile sia agli artisti che ai loro fan».
This was the only request I had in our ever changing industry! We don’t create albums with so much care and thought into our track listing for no reason. Our art tells a story and our stories should be listened to as we intended. Thank you Spotify for listening 🍷♥️ https://t.co/XWlykhqxAy
— Adele (@Adele) November 21, 2021
Com’era prevedibile, la novità ha scatenato reazioni opposte. Molti la ringraziano (e citano una richiesta simile di Lady Gaga) e notano quanto potere ha la cantante inglese. Altri stanno criticando Adele perché non hanno capito che la funzione shuffle non è stata eliminata ma semplicemente non è più quella di default, e perché dopo anni e anni di ascolto di playlist non concepiscono che le canzoni vengano sentite in un dato ordine. L’accusa: la cantante vuole controllare le abitudini di ascolto.
Qualche tweet: «Ma uno si può ascoltare la musica come vuole?»; «Ora dovrò ascoltare l’album come vuole lei? Se vado al ristorante non voglio che lo chef controlli che mangio i piatti nell’ordine che vuole lui»; «Completamente fuori di testa questa qua»; «Ma se io le voglio ascoltare come cazzo mi pare?»; «Ex-fucking-cuse me ma i cazzi tuoi no?»; «Ma che è sta storia? Sarò libero di ascoltare un album come the f*ck I want????»; «Ah okay quindi quando toglierò pr3mium potrò continuare ad ascoltare gli album come sempre pure dal telefono. grazie adele, i guess».
yes @Adele! this is brilliant! now please help get us paid 🥺 https://t.co/V28VOjDYCB
— Margo Price (@MissMargoPrice) November 22, 2021
Ci sono poi artisti indipendenti, tra cui la star del nuovo country Margo Price, e addetti ai lavori che ringraziano Adele, ma ne approfittano per chiedere che Spotify e le altre piattaforme di streaming paghino di più gli artisti, citando tra le altre cose l’iniziativa Justice at Spotify.
«Adele, ora potresti chiedere che Spotify ci paghi il giusto?», scrive Damon Krukowski del suo Damon and Naomi secondo il quale l’unico contributo di Spotify a come si ascolta la musica «è l’algoritmo che sta alla base delle raccomandazioni, che è piegato dalle bustarelle e da altre distorsioni al fine di far ascoltare la musica che Spotify vuole che tu ascolti, non quella che potrebbe interessarti di più».
As far as I can tell, the only contribution Spotify has made to listening is its recommendation algorithm, which has been perverted by payola and other distortions to direct users where Spotify wants them to go rather than where they might be most interested. It’s a washout
— Damon K (@dada_drummer) November 22, 2021
Vengono in mente quel che ha fatto Taylor Swift nel 2014, quando ha tolto la sua musica da Spotify chiedendo una remunerazione più equa, e le richieste più recenti degli artisti inglesi: «Le piattaforme di streaming sfruttano gli artisti».