I Queen non si sono mai fatti problemi a concedere l’uso delle proprie canzoni per film, spot pubblicitari o campionamenti. Tranne nei casi in cui qualcuno promuoveva «violenza o soprusi». Come ai tempi del gangsta rap, il filone emerso negli anni ’90 che raccontava la vita di strada e delle gang, e quindi anche di crimine, armi, droga, sesso.
Lo racconta il chitarrista Brian May nell’ultima cover story del mensile Mojo dedicata ai Queen, quando l’intervistatore Mark Blake gli dice che la band ha sempre concesso il permesso di usare la musica per spot televisivi, cosa che all’epoca non tutti facevano perché era equiparato a vendersi.
«Era una decisione voluta, ma non l’abbiamo presa a cuor leggero», spiega May. «Mi viene sempre in mente la scena del film di Oliver Stone sui Doors in cui qualcuno vuole usare Light My Fire in una pubblicità e la band dice di no perché non vuole macchiare il suo songwriting. Be’, le nostre canzoni sono fatte affinché la gente ne faccia quel che vuole, perché mai dovremmo fare i preziosi?».
Questo atteggiamento molto liberale aveva una sola eccezione, spiega il chitarrista: «Non abbiamo concesso l’autorizzazione a campionare le nostre canzoni quando ce lo chiedeva qualcuno che promuova violenza o soprusi all’epoca del gangsta rap, in pezzi che offendevano le donne. Ma a parte questo, le nostre canzoni sono lì per chiunque. Come ho già avuto modo di dire, tutta l’arte si basa sul furto».