Doverosa premessa: per concerti come quelli di Bryson Tiller, l’Italia non è (ancora) pronta. Innanzitutto per una questione di sound, perché per quanto gli appassionati di rap e contemporary R’n’B stiano finalmente crescendo a ritmo vertiginoso anche da noi, non sono ancora numeri appetibili per le superstar di oltreoceano e oltremanica. Come se non bastasse, visto che giustamente Bryson può permetterselo, viaggia con una gigantesca consolle a schermo led che copre tutta la lunghezza del palco, a occhio e croce per una decina di metri.
Gli unici locali che possono accogliere un allestimento del genere sono quelli enormi, come appunto l’Alcatraz di Milano; e la somma pubblico di nicchia + locale enorme non può che dare un risultato, ovvero “venue semivuota”. Portarlo qui nonostante queste premesse è stata una scelta molto coraggiosa, di cui va dato atto agli organizzatori; così come va dato atto a Bryson di aver dato il massimo nonostante una platea di poche centinaia di persone. A conti fatti è stato un gran live, e spiace che molti – vuoi per la partita della nazionale, vuoi perché non conoscevano abbastanza bene l’artista – se lo siano perso.
Bryson Tiller, classe 1993, è la classica next big thing che ha bruciato le tappe. Nel giro di due album, il primo dei quali risale al 2015, è passato da perfetto sconosciuto a superstar mondiale; a catapultarlo definitivamente nell’olimpo del pop è stato dj Khaled, che l’ha voluto al fianco di Rihanna per la sua hit estiva Wild thoughts. Paragonato a molti suoi colleghi non è né un rapper eccelso né un cantante eccelso, ma ha avuto il grandissimo merito di essersi praticamente inventato un suono e un modo di fare musica, mescolando hip hop classico, trap e virtuosismi R’n’B.
In parole povere, insomma, ha dato il via al filone Trap’n’B che va fortissimo oggi, e questo è il suo primo tour europeo in grande stile. Inizialmente era stata annunciata anche la presenza di SZA al suo fianco, ma dopo le prime tappe la cantante ha preferito tornare in America e lavorare a nuovo materiale, perciò non era presente alla data di Milano; ad aprire il concerto è stata un’ottima (ma meno carica di hype) IAMDDB, nuova stellina in ascesa del contemporary R’n’B inglese.
Nonostante quello che molti hanno percepito come un “pacco” bello e buono, però, bisogna ammettere che sul palco non si è sentita più di quel tanto la mancanza di SZA, forse perché Bryson era perfettamente in grado di dominarlo da solo. Accompagnato da un set minimale – tastiere, batteria e dj/vocalist, seminascosti dallo schermo led di cui sopra – ha mantenuto un ritmo serratissimo per tutto lo show, alternando momenti carichi di ritmo a ballad strappamutande. Ammirevole la sua disinvoltura nel passare dal rap alla trap al soul; come molti altri trapper della sua generazione ha l’abitudine di cantare sopra linee vocali pre-registrate, però non ne abusa, perciò il rischioso effetto playback è subito scongiurato.
Al contrario, l’effetto sing-along è stato impressionante: nonostante il pubblico non fosse molto numeroso, conosceva a memoria ogni singola strofa e non si è risparmiato nel cantarle a squarciagola, trasformando le varie In exchange for me o Don’t in veri e propri cori da stadio. Grande entusiasmo anche per l’omaggio a dj Khaled con un accenno a Wild Thoughts, e 10 punti extra per aver suonato anche il ritornello dell’originale, l’ormai quasi dimenticata Maria Maria di Carlos Santana, Wyclef Jean e The Product G&B (correva l’anno 1999).
Nota dolente, il concerto si è chiuso alle 22.00 scarse, dopo un brevissimo ricordo di Notorious B.I.G. e appena un’ora abbondante di performance di Bryson; ma essendo riuscito a condensare tutta la sua produzione in quei sessanta minuti, non si può dire che abbia lasciato i suoi fan delusi, anzi. La qualità conta più della quantità, e questo vale anche per la musica dal vivo.