Ieri sera il presidente del consiglio Mario Draghi, affiancato dal ministro della salute Roberto Speranza e dalla ministra della giustizia Marta Cartabia, ha presentato le nuove regole anti Covid. Entreranno in vigore dal 6 agosto (abbiamo anticipato le misure principali qui) nell’ambito della proroga dello stato d’emergenza fino al 31 dicembre 2021.
Il decreto legge cambia anche le regole per i concerti. Dal 6 agosto per accedere agli spettacoli culturali in genere, che si potranno organizzare in zona bianca e in zona gialla, sarà necessario possedere il cosiddetto Green Pass che certifica che il soggetto ha ricevuto almeno una dose di vaccino oppure è guarito nei precedenti sei mesi oppure ha fatto un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo nelle precedenti 48 ore. Con alcune differenze significative tra zone.
Che vi troviate in zona bianca (attualmente tutte le regioni italiane lo sono) o gialla, «gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali o spazi anche all’aperto, sono svolti esclusivamente con posti a sedere preassegnati e a condizione che sia assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, sia per il personale, e l’accesso è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19».
In zona bianca, «la capienza consentita non può essere superiore al 50 per cento di quella massima autorizzata all’aperto e al 25 per cento al chiuso nel caso di eventi con un numero di spettatori superiore rispettivamente a 5000 all’aperto e 2500 al chiuso».
È una novità significativa, anche se va misurata la reale ricaduta. Il decreto non impone una riduzione delle capienze di posti all’aperto e al chiuso qualora ci siano rispettivamente meno di 5000 e 2500 spettatori.
Facciamo qualche esempio tenendo presente che vanno comunque rispettate le due regole base relative agli spettacoli culturali: i posti a sedere preassegnati e il distanziamento, regole che possono limitare le capienze sotto le soglie previste dal decreto. Uno spazio all’aperto da 20 mila persone potrà ospitarne 10 mila. Sulla carta, uno spazio all’aperto da 5000 persone ne potrà ospitare 5000, ovvero il 100%, cosa però impossibile dovendo assicurare il distanziamento. Idem per i locali al chiuso. Un palasport da 12000 spettatori ne potrà ospitare 6000, un locale da 1500 ne potrà fare entrare 1500, sempre che si tratti di posti a sedere col distanziamento fra non congiunti.
Meccanismo e numeri cambiano in zona gialla: «La capienza consentita non può essere superiore al 50 per cento di quella massima autorizzata e il numero massimo di spettatori non può comunque essere superiore a 2500 per gli spettacoli all’aperto e a 1000 per gli spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Le attività devono svolgersi nel rispetto di linee guida adottate». In zona gialla, quindi, c’è sempre e comunque un tetto massimo di spettatori: 2500 all’aperto e 1000 al chiuso. Va notato che sono cambiati i criteri di assegnazione dei “colori” alle regioni: fra i criteri sono comparsi anche i tassi di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e in area medica per pazienti Covid-19.
Anche se il Comitato tecnico scientifico aveva approvato un protocollo per la riapertura al 50% con green pass, il Consiglio dei ministri ha deciso la «sospensione delle attività che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati» e l’istituzione di un fondo ristori.
Maurizio Pasca del SILB, l’associazione delle imprese di settore, ha commentato così (dal Corriere della Sera): «Il governo ha, di fatto, deciso di legalizzare l’abusivismo dilagante che continuiamo a denunciare da mesi, senza essere presi minimamente in considerazione. Si balla ovunque e senza controlli, meno che in discoteca, l’unico luogo dove si potrebbero applicare quei protocolli di sicurezza già avallati dal Cts. La situazione è testimoniata tutti i giorni da decine di foto e video in tutta Italia. Con i locali ancora chiusi andrà sempre peggio».
«Si tratta» continua Pasca «dell’ennesimo schiaffo al nostro comparto, una vera e propria pietra tombale su 3.000 aziende destinate a chiudere e a lasciare in strada 100.000 lavoratori. Voglio sperare, quantomeno, che chi di dovere decida finalmente di stanziare risorse adeguate per le nostre aziende, uniche a restare chiuse per 18 mesi».