Rolling Stone Italia

I Limp Bizkit sanno (ancora) perché vogliamo odiarli

Siamo stati al concerto milanese della band di Fred Durst e non ci divertivamo tanto dai tempi del Rolling Stone, il locale
Fred Durst con i Limp Bizkit, al Carroponte di Sesto San Giovanni, Milano - Foto Elisabeth Petrone

Fred Durst con i Limp Bizkit, al Carroponte di Sesto San Giovanni, Milano - Foto Elisabeth Petrone

“Perché l’odio è tutto ciò che il mondo ha visto ultimamente” cantavano più di quindic’anni fa ai tempi di Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water (2000). Siamo nella periferia milanese del 2016 e alcune cose sono inevitabilmente cambiate, eccetto i calzettoni di Fred Durst, le manie di protagonismo di Wes Borland e il talento un po’ in secondo piano del rimpiazzo di Sam Rivers (“in pausa” dal 2015).

Take a Look Around si faceva sempre alla fine, ma non si infilavano sicuramente così tante cover tra una gloria di fine anni ’90 e l’altra. A parte Faith di George Michael, che ascoltiamo con piacere da più di dieci anni, sembra che – tra basi, riff e cover complete – i Limp Bizkit abbiano un po’ esagerato. Fred Durst e Wes Borland, ognuno a suo modo, sono due grandi intrattenitori e quasi tutta la gente che ha riempito ieri sera il Carroponte di Sesto San Giovanni è tornata un po’ post adolescente saltando, cantando, urlando, lanciando reggiseni, fumando marijuana (facendosi sgamare da Fred Durst), pogando anche con i propri figli in spalletta e poi se n’è andata soddisfatta anche se erano le 11.30 di sera.

I miei vicini di concerto capelloni attendevano anche Behind Blue Eyes, ma dopo la doppietta dei Nirvana anche basta. Eppure credo di aver ricevuto più spallate durante Smells Like Teen Spirit (cantata da Wes Borland) che durante My Way. Come ai tempi del Rolling Stone insomma, lo storico locale di Milano che ha chiuso i battenti nel 2009 riproponeva il sabato sera una selezione musicale molto simile, ma allora erano solo dj set. E duravano molto più di un’ora e mezza.

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