La percezione di quanto sia atteso e affollato il concerto di Levante all’Alcatraz di Milano, sold-out, si misura prima ancora di varcare la soglia, osservando i bagarini che litigano sul marciapiede perché a quanto pare stavolta i biglietti sono introvabili perfino per loro. Poco distante una fiumana di fan (i maschi sono decisamente la minoranza), molto simili alla protagonista assoluta della serata nei modi, nel look e nell’entusiasmo, attende ordinatamente il proprio turno per entrare. Alla fine della transumanza la quantità di gente sotto il palco è tale da far tremare le ginocchia ad artisti/e molto più navigati/e di Levante. Ma se tremano anche a lei, non lo dà assolutamente a vedere.
Nei primi showcase per Abbi cura di te Levante appariva una ragazza timida, introversa, che usava la sua chitarra come uno scudo o una coperta di Linus. A un anno di distanza, la Levante del tour di Nel caos delle stanze stupefacenti sembra la sorella maggiore e scatenata di quella ragazza. Sfoderando una giustificatissima fiducia in se stessa, domina la scena ballando, incitando il pubblico, dando la carica a tutta la band.
E soprattutto, tirando fuori una voce degna di qualsiasi popstar internazionale di grande livello: a furia di parlare del suo talento come cantautrice, rischiamo di dimenticarci quanto sia eccezionale come interprete. Da sola fa quello che molte sue colleghe fanno con il supporto di coriste. E spesso lo fa suonando allo stesso tempo. Quasi nessuna delle sue omologhe italiane può dire di esserne capace.
Lo spettacolo è incalzante ma essenziale: visual spettacolari, poche o nessuna parola tra un brano e l’altro, alternanza di performance molto pop e brani più suonati. Dopo un inizio di grande impatto – Le mie mille me, Non me ne frega niente, Le lacrime non macchiano e Ciao per sempre in rapida sequenza – arrivano episodi più riflessivi come Sbadiglio, Diamante o La scatola blu. Che culminano con un momento magico: quello in cui Levante riesce a zittire migliaia di persone, si libera del microfono e comincia a intonare le prime note di Abbi cura di te.
Il pubblico la segue in coro e lei lo dirige, un po’ tipo Marcia di Radetzky al concerto di capodanno di Vienna ma con più pathos. Da pelle d’oca. Si riprende alla grande con Memo, Duri come me e Di tua bontà, per poi passare al gran finale che naturalmente contempla Alfonso (con ovvia esplosione di gioia e turpiloquio da sotto il palco), Io ti maledico e Gesù Cristo sono io. E a giudicare dai sorrisi, nessuno se ne va deluso.
Recentemente qualcuno ha scritto che Levante viene spacciata per una cantautrice indie, ma che in realtà è beceramente pop e che la sua unica ragione di esistere è sui social. Primo: il pop, quando è benedetto da così tanto talento, non è mai becero. Secondo: neppure le influencer riuscirebbero a fare sold-out grazie a qualche filtro Instagram, e anche se mai ci riuscissero non sarebbero in grado di mandare a casa migliaia di persone felici e senza voce, come è successo ieri sera. Chiunque affermi il contrario dovrà vedersela con quei bagarini che litigavano sul marciapiede.