«Voglio essere un techno crooner». Chris Baio ha deciso cosa vuole fare nella vita oltre a suonare il basso nei Vampire Weekend. È il classico side-project solista e a lui piace che sia considerato tale: si chiama semplicemente Baio, è nato nel 2009 giocando con il laptop («Ed è stato molto brutto prima di diventare buono» scherza Baio), nel 2015 ha preso forma con l’album The Names e il 2 marzo arriva dal vivo
in Italia con una data al Biko di Milano.
«È uno show diviso a metà: all’inizio un Dj set, poi un live con me ed un chitarrista. Prima sarò dietro al computer e poi al centro del palco. Mi piace la tensione dinamica che si crea in questa doppia versione» spiega Baio. L’esperienza di mettere i dischi l’ha già fatta quando studiava alla Columbia University e dalla sua camera trasmetteva musica per un programma della radio del campus che andava in onda alle quattro del mattino: «Suonavo per nessuno. C’erano al massimo tre persone collegate a quell’ora e sicuramente stavano facendo altro. Per me è stata un’educazione musicale fondamentale, come prendere una seconda laurea».
Il palco lo ha visto parecchio con i Vampire Weekend e lo vedrà ancora (li aspettano tutti dal 2013 da quando è uscito l’ultimo album Modern Vampires of the Weekend), ma il microfono e la posizione di frontman per Baio è una novità. Per prepararsi, racconta: «Sono andato ogni giorno in sala prove a cantare da solo. Ho passato giorni interi in isolamento a provare pezzi di Bryan Ferry, David Bowie ed Eurythmics finché non ho trovato la mia voce. Volevo che fosse ironica, bizzarra ed irrequieta». Un suono che funziona in pezzi come Matter o Needs: pop elettronico surreale con melodie ballabili ma sempre un po’ dark e un’atmosfera generale di trascendenza che invita a perdersi tutti insieme nei “sogni elettrici” anni ’80, tanto per citare uno dei riferimenti più vicini, gli Human League di Together in Electric Dreams.
La differenza tra il revival fine a sé stesso e un progetto (anzi side-project) moderno ed interessante è la produzione asciutta, tirata e curatissima che viene dall’esperienza con il perfezionismo Afrobeat dei Vampire Weeekend e dall’influenza di band di pop digitale colto come Postal Service, Notwist e Hot Chip. Poi, certo, il nostro Baio ha voluto divertirsi e provare anche a fare, racconta: «Della techno stupida» (nel pezzo All the Idiots), ma non ci è riuscito bene. Meglio I Was Born in a Marathon con il suo tocco alla James Murphy/DFA. Baio ha troppa classe per perdersi nella zuppa senza sapore della EDM americana. E come dice lui stesso: «Amo la musica elettronica ma non conosco nessuno in quel mondo». In fondo Baio viene da Bronxville, nella zona residenziale e perbene di Upstate New York, la stessa città in cui è nato Don De Lillo. Il titolo The Names viene da quello di un libro di De Lillo, che Baio ha scoperto nel 2009: «Quando ho cominciato a leggerli tutti uno dopo l’altro». Gli è piaciuto per la sua universalità e per la storia, quella di un americano espatriato in Grecia, che gli è sembrata perfetta per raccontare la sua nuova vita a Londra, in cui si è trasferito da poco.
Niente elettronica facile, insomma. Il disco di Baio è malinconico, decadente e molto piacevole: «Ho provato ad immaginare una storia, sono partito dalla riflessione sui temi di attualità e ho finito tuffandomi nel romanticismo. Adoro le canzoni d’amore incondizionato». E la sua esecuzione dal vivo? «Sarà un flusso» spiega Baio «Inizia con un momento strumentale e continua con io che prendo il mio posto davanti al microfono». Dopo tanto tempo passato a provare da solo Baio è pronto per portare il suo show sul palco del Biko di Milano: «Non vedo l’ora di condividere la musica con il pubblico. Questo disco è stato chiuso nella mia testa per cinque anni, è il momento di farlo uscire. Ci sarà da divertirsi».