Clem Burke è il batterista dei Blondie e in quanto tale ha visto e vissuto un bel pezzo di storia del rock dell’ultimo mezzo secolo. Nel periodo d’inattività della band si è esibito con molti altri musicisti, da Bob Dylan a Pete Townshend degli Who a Iggy Pop.
Lo racconta in un’intervista pubblicata da Louder cui ricorda tra le altre cose che «il primo tour nazionale dei Blondie negli Stati Uniti è stato con Iggy. Alle tastiere della sua band c’era David Bowie. La sera prima dell’inizio del tour abbiamo fatto un concerto al Max’s Kansas City. Una volta finito, siamo saliti su un camper, abbiamo guidato tutta la notte fino a Montreal, siamo arrivati al locale e siamo crollati in un camerino puzzolente. Si è aperta la porta e sono entrati Bowie e Iggy. Non avrebbero potuto essere più gentili».
Burke ha poi fatto parte della band di Iggy Pop quando il rocker ha fatto un tour di sei settimane per promuovere l’album Party del 1981. «Non era permesso portare cibo nel backstage», ricorda il batterista, «solo droghe e alcol. La regola era “niente coca, niente show”. Il suo unico ordine era “Suonate al volume più alto che potete e il più velocemente possibile”».
Burke, che tra le altre cose fa parte dei Lust for Life, tribute band di lusso del disco del 1977 di Iggy Pop di cui fanno parte Katie Puckrik e Glen Matlock (oltre ai chitarristi Kevin Armstrong e Luis Correia e alla tastierista Florence Sabeva), racconta nella stessa intervista di Debbie Harry («In pratica la mia sorella maggiore, ha lo stesso talento di Bowie e Lou Reed, non dico Paul McCartney perché i Beatles sono irraggiungibili»), Steve Jones dei Sex Pistols («Un giovane parecchio complicato, veniva nel mio loft a New York in cerca di soldi per la roba») e Pete Townshend («Un autentico gentleman»), Bob Dylan («Comunicava con la musica, ma una sera mi ha chiesto: “Che fine hanno fatto i Blondie? Eravate belli grossi”, io gli ho spiegato: “Una sola parola: droghe” e lui ha capito»).
Burke non ricorda invece con particolare piacere il periodo passato nei Ramones col nomignolo di Elvis Ramone. Il problema era Johnny Ramone. «Un bastardo», dice. «Mi hanno chiesto quattro volte di entrare nei Ramones e quando alla fine ho detto sì ho messo in chiaro che non sarebbe stato per sempre: vogliamo parlare delle idee politiche di Johnny? Per lui la chitarra era un mezzo per raggiungere uno scopo, non credo ci tenesse particolarmente. Si rifiutava di fare le prove, quindi me la dovevo cavare da solo nel sistemare le cose. Ora sono tutti morti ed è una gran tristezza, ma i Ramones non erano un luogo felice dove stare».