Come il mostro marino del racconto di Buzzati da cui prende il nome, a un certo punto Colombre è affiorato dall’acqua e ha pubblicato nel 2017 l’album Pulviscolo, lanciato dall’ottimo singolo realizzato con Iosonouncane, Blatte. Tanto era bastato perché il suo suono si qualificasse come uno dei prodotti più affascinanti della scena indipendente italiana. Sono passati tre anni e Giovanni Imparato (questo il suo vero nome) si è preso il suo spazio lavorando ‘dietro le quinte’, sia come produttore per Maria Antonietta, sia come chitarrista per Calcutta durante il tour di Evergreen. Tre anni in cui Colombre ha ampliato la sua palette sonora, ma l’eleganza con cui compone rimane la stessa, e il singolo Non ti prendo la mano – primo anticipo del nuovo album, in uscita a marzo per Bomba Dischi – ne era una prima conferma. Oggi Colombre raddoppia la posta, pubblicando Arcobaleno, canzone in cui il cantautore racconta di un rapporto burrascoso, una tempesta dietro cui, una volta finito l’amore, si cela l’arcobaleno.
Sono passati tre anni dal tuo esordio solista, come sei cambiato e cosa è cambiato nella tua musica?
L’approccio è sempre lo stesso, se ho qualcosa che ho bisogno di raccontare provo a scriverlo e se sono fortunato la canzone arriva. Ovviamente si approfondisce sempre più il rapporto con te stesso e con gli altri, cercando di essere più sinceri e onesti possibile. Costa fatica, ma è liberatorio.
Pulviscolo aveva subito colpito nel segno già dal primo singolo. Senti pressione per questo nuovo album?
Non la chiamerei pressione, ma emozione.
Hai scelto di lavorare in studio con due pesi massimi come Fabio Rondanini e Andrea Suriani. Com’è andata? Le loro esperienze ti hanno influenzato in qualche modo?
Sicuramente è un privilegio poter lavorare con persone di così tanta esperienza e gusto. Mi piace molto e mi incuriosisce ascoltarli ,ma penso che tutto nasca da un rapporto di umanità e di feeling. È la cosa che più mi interessa quando scelgo di collaborare con qualcuno. Con Fabio ci siamo conosciuti perché eravamo in giuria in un festival, c’è stato sin da subito una bellissima sintonia e intesa. Andrea lo inseguivo da tempo e questo era il momento giusto per fare qualcosa insieme. Senza dimenticare Fabio Grande e Pietro Paroletti che stanno registrando e co-producendo insieme a me il disco…
Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo album? Avrà le stesse sonorità rétro di Pulviscolo o c’è stato un cambio di direzione netto?
Ho cercato di prendere il meglio di Pulviscolo e migliorarlo nei suoni e nella scrittura perché, nel mio piccolo, credo di aver trovato la cifra che più mi rappresenta. Ci sarà molto soul…
Negli ultimi anni, tra le altre cose, sei andato in tour con Calcutta. Hai scritto le nuove canzoni in quel periodo? C’è anche la sua mano nel nuovo album? Suonare su palchi del genere ti ha fatto venire voglia di prenderteli anche per te?
Sì, nell’ultimo anno sono stato in tour con Calcutta e ho imparato tantissime cose. Suonare in palchi così importanti e con altri nove musicisti ti stimola. Mi ha insegnato soprattutto ad ascoltare, capire ancora meglio la solidità dell’esecuzione e cercare di fare il cross perfetto al momento giusto. È stato stupendo sia musicalmente che umanamente. L’anno precedente, invece, mi ero dedicato all’ultimo disco di Maria Antonietta, Deluderti, ma nel frattempo scrivevo e arrangiavo le mie canzoni. Diciamo che ho iniziato a scrivere il nuovo disco appena è uscito Pulviscolo perché scrivere, o anche solo abbozzare qualcosa, per me è un esercizio quotidiano. Ho scritto, alla fine, una ventina di canzoni, ma solo alcune hanno avuto la fortuna di passare il turno e finire in quel che sarà il disco. Riguardo palchi e concerti, mi interessa l’impatto emotivo di un concerto, non la grandezza di un luogo. Ho visto band prendersi la mia anima ed eravamo in trenta.