Tra tutti i disgraziati che la storia della musica ha cercato di abbandonare a bordo strada, Terry Chimes è stato uno dei più tignosi. Ha militato nei Black Sabbath, ha suonato con Billy Idol, ma soprattutto è stato il primo batterista dei Clash. A differenza dei vari Pete Best che popolano l’affollato dimenticatoio del rock, Chimes non è mai stato cacciato da una band, anzi si potrebbe quasi dire che abbia fatto di tutto per tenere fuori il proprio nome dai libri di storia, e che la Storia non gliel’abbia permesso. Più che tigna, a dire il vero, la sua era una determinazione placida, quella calma statuaria e magnetica che induce le persone a fidarsi di te, a volerti accanto a loro, a riaccoglierti più volte come il leggendario figliol prodigo. Non era un batterista formidabile, eppure Joe Strummer fece in modo di riportarlo per ben due volte tra le fila della sua band, e in entrambi i casi fu Chimes a levare le tende.
Terence Chimes nasce il 5 luglio del 1956 nel quartiere di Stepney, a Londra. Fin dall’infanzia, la sua vita è segnata da due costanti: la musica e la religione. I Chimes sono ferventi cattolici e la musica in casa è onnipresente: il padre suona il sassofono a livello semi-professionale, mentre il fratello John studia percussioni (diventerà il timpanista della BBC Symphony Orchestra). Insomma, i primi anni Terry li passa tra ance, rosari e stew-pie: un ritratto di candida ordinarietà che, un pomeriggio qualunque, viene macchiato irreversibilmente per colpa di un amico.
Terry e Tommy hanno l’abitudine di gironzolare per il quartiere, durante una delle loro escursioni si sono accorti che, nel cortile di uno sfasciacarrozze, c’è in bella mostra una spada d’acciaio che sembra uscita da un film fantasy. Spronato dall’amico, Terry entra con lui nel cortile e insieme rubano la spada. La sera Terry si mette a letto e ha il primo incontro con il senso di colpa: «Mi sentivo da schifo», spiegherà nella sua autobiografia The strange case of Dr Terry and Mr Chimes, «I miei principi cattolici mi dicevano che rubare era un peccato e un’offesa nei confronti di Dio. Alla fine andai da un prete che mi fece promettere che non l’avrei più fatto e mi diede una penitenza.» Terry torna a casa, si sciacqua la coscienza con un’infilata di padrenostro (la spada, in tutto questo, non è mai stata restituita) e comincia a intuire che la vita è fatta di scelte quotidiane e che a ogni bivio si deve essere pronti a sapere come sterzare.
Il primo vero bivio si presenta quando Terry ha 17 anni. Da qualche tempo sta accarezzando l’idea di iscriversi a medicina, ma negli ultimi anni ha sviluppato una passione per il rock. Ad affascinarlo non è tanto l’idea di comporre musica, quanto la possibilità di essere su un palco, vivere da musicista e, possibilmente, rimorchiare un sacco di ragazze. Così, dopo un deludente colloquio al London Hospital, decide che il suo posto è dietro le pelli di una batteria. Dopo aver provato con alcuni gruppi fa un’audizione per i London SS, una band proto-punk che annovera tra i membri Mick Jones: Terry viene scartato ma la sua performance verrà ricordata dal manager Bernie Rhodes che, di lì a un anno, gli chiederà di unirsi ai Clash.
Il documentario della BBC sui Clash del 2014
Siamo agli inizi del 1976, i Sex Pistols stanno già seminando zizzania in tutto il Regno Unito e i Clash sono decisi a mettersi sulla stessa scia. Nessuno nella band si immagina che la candela dei Sex Pistols sia già bruciata per metà, men che meno Chimes che, dopo i primi concerti, è già stanco della vita da musicista. A fine novembre decide di lasciare la band, ma tornerà per un breve periodo, nel gennaio 1977, giusto in tempo per registrare le batterie del primo leggendario disco The Clash. Ma il ripensamento dura poco: nell’aprile del 1977, Chimes molla il gruppo per la seconda volta in un anno, senza curarsi che, così facendo, rinuncerà a vedere il suo volto e il suo nome sulla copertina di uno degli album più importanti della storia del rock.
Nei dieci anni successivi, Terry Chimes cerca di reinventarsi suonando per brevi periodi con artisti come Billy Idol, gli Heartbreakers di Johnny Tunders, i Gen X, i Cowboys International, gli Hanoi Rocks e i The Cherry Bombs, ma senza mai trovare il terreno giusto in cui piantare radici. Nel 1982, torna a suonare con i Clash – che hanno appena silurato Topper Headon per via dei suoi problemi con l’eroina – per il tour promozionale di Combat Rock; ma ben presto le differenze con il resto della band tornano a farsi sentire e Chimes abbandona il gruppo per la terza volta.
Terry sta continuando a seguire la strada di musicista ma è sempre meno sicuro della sua scelta, è in cerca di un altro bivio che gli permetta di plasmare la propria vita secondo le proprie vere inclinazioni. Caso vuole che quel bivio lo incontri sul palco di un concerto. È il 1985, Chimes è stato assoldato dai Black Sabbath per il tour di Eternal Idol, è il giorno del suo primo concerto con la band ma lui ha passato le ultime tre ore a giocare a bowling e il braccio destro gli fa un male d’inferno. Si è quasi rassegnato a rinunciare al sogno di suonare con i Sabbath quando il chiropratico della band si offre di aiutarlo. Dopo un breve trattamento, il braccio di torna a funzionare, Chimes sale sul palco con i Black Sabbath e un’ora e mezza dopo ne scende con una nuova consapevolezza: qualunque cosa sia riuscito a fare quell’uomo nel backstage, lui vuole imparare a fare lo stesso.
Nel 1989 Terry Chimes abbandona definitivamente il mondo della musica per iscriversi a una scuola per chiropratici, nel 1993 aprirà il suo primo studio e comincerà a ricevere pazienti: è l’inizio di una nuova vita. Oggi, a trent’anni di distanza da quel concerto con i Black Sabbath, Terry Chimes continua a lavorare come chiropratico, ma la musica non è mai veramente uscita dalla sua vita: nel 2003 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame per il suo lavoro con Mick Jones e soci, ha aperto uno studio di registrazione insieme a Billy Idol e qualche volta gli capita ancora di essere chiamato sul palco da band di amici per suonare cover dei Clash. Lui accetta con eleganza, prende posto sul seggiolino e picchia sulle pelli con la stessa placida determinazione che gli ha permesso di orbitare per più di dieci anni attorno a un mondo che non ha mai sentito suo.