In una carriera di curve strette, Low potrebbe essere la curva più stretta e impressionante. Il primo capitolo della Trilogia Berlinese rappresenta una riorganizzazione estetica e personale: buttandosi le follie losangeline cocainomani dietro le spalle, Bowie si ricostruì una nuova vita in Europa, che gli avrebbe fornito una via di fuga dallo status di grande celebrità, l’opportunità di disintossicarsi e l’ascolto di suoni nuovi come la proto-techno kosmic music tedesca, più nota come krautrock.
Da un punto di vista creativo e politico Bowie scorse nella Berlino del Muro «il centro di tutto ciò che sta accadendo e che accadrà nei prossimi anni in Europa». Il suo intento era quello di «sperimentare per scoprire nuove forme di scrittura; sviluppare, dunque, un nuovo linguaggio musicale». E questo fu quello che in effetti fece.
Bowie aveva già iniziato a sperimentare nella produzione delle canzoni già su Station to Station. Nel frattempo, The Idiot, la prima collaborazione di Bowie con Iggy Pop, con cui aveva stretto intima amicizia, lo portò in nuove direzioni. Fu però, soprattutto, Brian Eno ad assemblare questi elementi in una forma radicalmente nuova.
L’art rocker inglese, infatti, con i suoni glam e insieme concettuali delle sue tastiere, percorse nei Roxy Music strade poco battute. Il suo album solista del 1975, Another Green World, fu un capolavoro della forma libera, una miscela strumentale, ma pure di testi importanti, in canzoni con un sound non convenzionale. Bowie era un suo fan.
Low iniziò sulla scia delle sessions di The Idiot al Château d’Hérouville, dove Bowie aveva già inciso Pin Ups. Tony Visconti, che fu con Bowie saltuariamente fin dal 1969, tornò all’ovile. Quando Bowie e Eno gli chiesero se fosse pronto a perdere tempo in esperimenti sonori per oltre un mese, con il rischio di non raggiungere alcun obiettivo, Visconti rispose: «Perdere un mese del mio tempo con David Bowie e Brian Eno non è perdere un mese del mio tempo».
Visconti portò un nuovo strumento in Francia, un Harmonizer Eventide, un proto-campionatore che catturava, modificava e simultaneamente restituiva i suoni. Divenne un elemento chiave nel mix di Low, in particolare nell’elaborazione del beat di batteria che sarebbe poi diventato influente nel sound post punk.
Il lavoro di Eno è più evidente nel lato B dell’album, interamente strumentale. L’ossessiva Warszawa è quasi interamente una creazione di Eno, salvo per il cantato senza parole di Bowie. Ispirati da un coro di ragazzi bulgari ascoltato su un LP comprato a Parigi, Bowie e Eno applicaronono il pitch-shift sulla voce di Bowie.
Il risultato fu un album strambo e bellissimo che spaventò la RCA Records, che lo considerò un suicidio commerciale paragonato ai recenti successi di Bowie, ma Low aiutò a rivoluzionare i suoni del rock. I musicisti, in particolare, ne furono molto influenzati. «Quel disco e quel pezzo, Warszawa: quello fu il momento in cui compresi che la musica era la forza più grande, perlomeno nella mia vita», dice Dave Sitek dei TV on The Radio, band che poi lavorerà con Bowie.
In seguito alla morte di Bowie, il suo chitarrista di lungo corso Carlos Alomar racconta: «Quando arrivò Low, spensi tutte le luci del mio appartamento e alzai il volume e, Dio mio, ero nello spazio. È stato grandioso».