Diamond Dogs è l’ottavo album della discografia bowiana: è pubblicato nel 1974, e segue Pin-Ups, una raccolta di cover, tra cui Here Comes the Night, Friday on My Mind, Don’t Bring Me Down e altre grandi canzoni del Beat inglese. In Diamond Dogs – si potrebbe tradurre come Amorevoli Cani – queste reminescenze sonore e culturali non ci sono. Il suono è duro e tagliente, ma l’album scala comunque le classifiche inglesi, quelle americane e anche quella italiana, grazie al singolo Rebel Rebel molto rollingstoniano, e alle recensioni della rivista Ciao 2001. L’opera è considerata un concept album, anche se l’ispirazione è fornita da due importanti volumi, Ragazzi Selvaggi di William S. Burroughs e 1984 di George Orwell, in cui si dipinge una società futura guidata dall’onnipotente Big Brother. Quello che 70 anni dopo viene purtroppo associato a tristi confessionali e a beghe oziose di oziosi personaggi. Musicalmente l’album è una pietra miliare nella discografia dell’artista perché, da questo lavoro, il Duca Bianco riprende a collaborare con il produttore Tony Visconti, con cui avrebbe poi inciso altri capolavori tra cui l’album-testamento Blackstar.
La particolarità e la rarità di Diamond Dogs risiede nella copertina creata dall’artista belga Guy Peellaert. In questa cover, il volto di Bowie, perfettamente riconoscibile, è inserito su un corpo di cane. La copertina non fu censurata per questa forte immagine, bensì perché nella facciata B della prima edizione dell’album, i genitali dell’uomo-cane erano in bella mostra. La casa discografica dell’artista, la potente RCA, per evitare rischi con la censura, pensò di oscurare la zona genitale invitando il pittore belga ad annerire con l’aerografo l’area sopracitata. La prima edizione, bruscamente tolta dal mercato, vale oggi 10mila dollari.