Cosa c’è dietro una copertina? La risposta giusta sicuramente ce l’ha Matthew Jacobson. Nella sua vita fa un sacco di cose: è Global Executive Design Director di DigitasLBi, e ha lanciato a metà degli anni Novanta l’etichetta discografica Le Grand Magistery con lo scopo unico di disegnare le copertine dei dischi. Dopo qualche anno è diventato Head of Design della Third Man Records, l’etichetta di Jack White. Lì ha disegnato copertine per artisti diversissimi, da Beck agli Spoon, fino a The White Stripes, ovviamente.
Ha messo la sua firma su una delle locandine più fighe della storia, cioè quella “gratta e vinci” studiata per Jack White.
Quanto è importante in termini di vendita il design di una copertina?
In termini commerciali le cover art di un album incidono in maniera differente a seconda della notorietà del musicista. Per un artista sconosciuto una copertina è fondamentale perché lo aiuta ad attirare nuovi fan al di fuori della sua nicchia. Per un artista che ha già un suo seguito, invece, una bella cover non ha nessuna incidenza sulle vendite: il nuovo album di Taylor Swift, anche se fosse avvolto in un sacchetto di carta venderebbe comunque sei milioni di copie. In entrambi i casi, però, la copertina è tutto in termini di emozioni e connessioni.
Come lavori quando devi disegnare una cover?
Quando possibile, la prima cosa che faccio è ascoltare l’album o le sue demo. Quindi provo a metter giù diversi schizzi basati sui pensieri che la musica mi suggerisce e li condivido con l’artista per confrontarci e capire se siamo sulla strada giusta.
L’autore Orphan Pamuk ha scritto: “Se uno scrittore riesce a finire un libro senza immaginarsi la sua copertina, allora è un saggio, una persona equilibrata, adulta. Ma ha anche perso l’innocenza che contraddistingue un vero romanziere”. Lo stesso potremmo dire dei musicisti. Gli artisti spesso hanno già un’idea della loro copertina o delle foto da includere: di solito parto da quelle, altre volte mi lascio guidare dalle mie sensazioni da fan.
C’è qualcuno con cui vorresti lavorare?
Certo, mi piacerebbe lavorare con Scott Walker e Wilco. Ma anche con i July Talk, una band canadese e sarebbe divertente creare qualcosa di folle per Taylor Swift o Lady Gaga. Ma c’è anche un altro giovane artista italiano della provincia di Grosseto, Lucio Corsi, che ho recentemente scoperto e ascoltato in loop la scorsa settimana prima del mio viaggio a Milano (se non l’avete già fatto, ti consiglio di scrivere un articolo su di lui!).
Com’è nata la tua collaborazione con Jack White?
Con la mia famiglia stavamo pensando di trasferirci a Shangai, ma esattamente due giorni prima della partenza, ci abbiamo ripensato. Non sapevamo quale sarebbe stato il nostro prossimo passo, quando mia moglie ricevette un sms che diceva che Jack stava cercando un designer chiedendo se fossi interessato.
Ci sono dei trend nelle cover art? Cosa sta andando adesso?
La tendenza attuale, ma che in realtà si è diffusa già da qualche anno, è quella di non inserire la parte testuale nella copertina: il nome della band e il nome dell’album. Oggi la gente ascolta la musica online e sulle app, dove il nome dell’artista e il titolo del disco appaiono sullo schermo: includerli sulla cover sarebbe ridondante.
Dato che oramai la maggior parte degli album vive nella realtà digitale, mi piacerebbe vedere più cover che sfruttano l’animazione e il movimento. L’unica ragione per cui le copertine sono quadrate e statiche è che nascono per essere stampate. Se qualcuno però dovesse inventare la cover di un album musicale oggi, la immaginerei come un breve video. Ne ho visti alcuni spuntare qua e là negli ultimi anni, ma non sono ancora così diffusi. Un giorno lo diventeranno.