La storia di Nicki Minaj inizia in periferia, viene da una famiglia poco agiata del Queens e ha fatto la cameriera e la segretaria, è una che si da da fare. Essere una popstar, dice, è un gran bel lavoro, ma con orari durissimi e un capo veramente rompipalle, ovvero lei stessa: «faccio tutto io, controllo le inquadrature, il montaggio e la postproduzione. Mi porta via un sacco di tempo, ma non posso farne a meno».
Non si definisce una femminista, «ma credo nelle donne che hanno il controllo della propria carriera».
Il nome Nicki Minaj non le è mai piaciuto (lo ha scelto uno dei suoi primi manager), ma lei lo usa perché, dice, suggerisce un’idea di volgarità, e per lei questo è un gesto di autodeterminazione femminile. Anche quando prende delle derivazioni estreme, come nel video di Anaconda (che potete vedere qui sotto) o nel testo di Lookin Ass, in cui Nicki gioca ad accendere e frustrare il desiderio degli uomini.
«Il messaggio di Anaconda è: sono una fottuta culona! Rappresento le donne che vogliono essere sexy e ballare e hanno fiducia in se stesse. Hai un culo enorme? Chi se ne frega! Muovilo! Questo non vuol dire che se fai twerking non devi prendere il diploma. Io ballo e mi diverto ma allo stesso tempo invito le ragazze a essere indipendenti».
A noi pare genuina e chi se ne frega se il suo culone è un vero culone o una protesi
(Massimo Coppola)
«A noi pare genuina e chi se ne frega se il suo culone è un vero culone o una protesi. Non cambia niente. Vero o falso che sia, è la sua storia. E a noi piace» dice il direttore nel suo primo editoriale, vi abbiamo raccontato abbastanza, no? O volete anche una fettina dei nostri culoni? Forza, correte in edicola!
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