Gli Slipknot non vorrebbero mai suonare insieme ai Foo Fighters. Lo ha detto chiaro e tondo il portavoce della band di Des Moines, Shawn “Clown” Crahan, qualche giorno fa a Los Angeles.
Il percussionista, che sul palco indossa la maschera da pagliaccio, era ospite del dibattito “Underground To Mainstream: What are metal and hip hop doing right (And where does it go from here?”, uno dei tanti talk previsti nei tre giorni del Pollstar Live!, una specie di fiera sul music business e sullo spettacolo dal vivo. Visto che è anche il membro più anziano della band nonché unico dei membri fondatori rimasti nella formazione, di solito è lui a fare da ambasciatore agli Slipknot.
A intervenire nel dibattito, moderato dal direttore eventi per Townsquare Media, c’era un misto fra altri artisti musicali come Coolio (ve lo ricordate? Quello di Gangsta Paradise) che grandi organizzatori di eventi sul suolo americano. Uno su tutti, Danny Wimmer, della Danny Wimmer Presents.
È proprio quando Wimmer, parlando del più e del meno, si è lasciato scappare di voler vedere Slipknot e Foo Fighters nello stesso festival, che il Clown si è sentito in dovere di intervenire. «Mi chiedo: ma gli Slipknot vogliono suonare di fianco ai Foo Fighters? La risposta è no, perché i miei ragazzi non vorrebbero che lo facessi.»
E per “ragazzi”, Crahan intende i maggots, i membri della sterminata e agguerrita fanbase degli Slipknot. E fin qui nulla di male. Ognuno decide di suonare un po’ con chi vuole e, se sente che i suoi fan potrebbero non apprezzare, è totalmente lecito rifiutarsi di farlo. In fondo, il Clown è stato abbastanza chiaro. Né lui né i suoi soci hanno qualcosa in contrario con Dave Grohl e i Fighters. Non è come quando Aphex Twin si rifiutava di suonare nello stesso festival di Moby. Lì c’era odio personale, qui si parla di due diversi di generi musicali.
Certo, le parole di Crahan ancora una volta la dicono lunga sullo strapotere che hanno i fan sugli Slipknot—forse è iniziato tutto il giorno in cui, come mi ha raccontato poco tempo fa, ha iniziato a chiamarli maggots, dandogli fin da subito un’identità propria. Mettiamoci però nei panni degli Slipknot, una band di metallari in un’epoca in cui i generi di punta sono altri e i colleghi stanno andando in pensione uno dopo l’altro (gli Slayer sono solo gli ultimi della lunga serie). Quindi, ecco, non c’è niente di male a volersi tenere stretto il proprio pubblico.
«Se suoniamo insieme ai Foo Fighters, sicuramente avremo nuovi fan. Questa cosa mi piace» ha continuato il Clown. «Ma mi preoccupo per il ragazzo che non verrà al nostro concerto perché suoniamo di fianco ai Foo Fighters. Vorrà sapere perché non suoniamo con i Nine Inch Nails. Sono questi ragazzi a dirci quello che vogliono. Quindi, meglio non scervellarsi su come combinare le cose per i nuovi fan.»
Parole che potrebbe condividere anche un fan dei Foo Fighters, se per caso la sua band preferita venisse piazzata, per dire, dopo un concerto di Rihanna.
Il problema in tutto ciò è che Crahan non si è fermato lì. Il discorso ahimè è andato ben oltre la musica, addentrandosi in una valle in cui è davvero facile pestare una merda. E infatti. «Non ho bisogno di nuovi fan, voglio il fan con ansia, coi parenti che stanno divorziando, con problemi di socialità e di gender. Voglio che vengano allo show definitivo. E lo troveranno allo Knotfest.»
Uno può anche mettersi lì e scervellarsi per capire il senso delle parole del Clown. Uno può dire: OK, Corey Taylor, il cantante, in primis soffre di metà dei disturbi citati, avendo subito molestie sessuali quando aveva appena 10 anni. Nei testi e nella rabbia degli Slipknot uno che ne ha passate di brutte potrebbe anche ritrovarsi. OK, ma quindi? Vuol dire che quelli che ascoltano i Foo Fighters hanno avuto un’infanzia felice, rapporti idilliaci coi genitori e hanno raggiunto pure l’atarassia dei sensi? Come se uno non andasse a un live dei Foo Fighters per scaricare ansie e dimenticare dilemmi personali.
Quindi va bene tutto, va bene voler giocare ai mostri di Loch Ness che sopravvivono soli e isolati per millenni dentro al proprio festival, lo Knotfest, mentre là fuori per esigenze economiche e sociali le line up sono sempre più eterogenee. Però, ecco, il profilo psicologico del consumatore è meglio lasciarlo fare ai cattivoni delle multinazionali, ai colossi social della Silicon Valley. Noi restiamo pure sulla musica.