È morta ieri a 74 anni dopo una lunga malattia Cynthia Albritton, meglio nota come Cynthia Plaster Caster. Era diventata famosa a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 realizzando calchi in gesso dei peni, meglio se eretti, delle rockstar. Uno su tutti: quello di Jimi Hendrix.
Si considerava sia una grande fan della musica che un’artista concettuale. «Non realizzava mai calchi su commissione e non li rivendeva chi non le piaceva», ha spiegato il suo manager Mitch Marlow. La sua collezione comprendeva i calchi dei genitali di Wayne Kramer degli MC5, Pete Shelley dei Buzzcocks, Jello Biafra dei Dead Kennedys («Oh mio dio, non posso competere con Jimi Hendrix!»). A un certo punto aveva cominciato a realizzare anche calchi dei seni, ad esempio di Karen O degli Yeah Yeah Yeahs, di Peaches e di Laetitia Sadier degli Stereolab.
Aveva iniziato a Chicago a fine anni ’60 con la complicità di Frank Zappa, che era molto divertito dall’arte singolare di Albritton, ma che non si prestò mai come modello. Il suo calco in gesso più famoso, quello di Hendrix, fu realizzato il 25 febbraio 1968, in hotel fra due concerti del chitarrista alla Civic Opera House di Chicago. Nella stessa occasione Albritton realizzò il calco del pene del bassista Noel Redding.
Tra il 1971 e il 1980 Albritton aveva smesso di realizzare i calchi. In quel periodo, nel 1977, i Kiss le hanno dedicato il pezzo Plaster Caster.
In un’intervista del 1990 sulla vita rock’n’roll dei Led Zeppelin, Robert Plant ricordava che «infilare il calco del pene di Jimi Hendrix fatto da Cynthia Plaster Caster nel culo di una ragazza in qualche hotel di Detroit è stato divertente. Non mi ricordo chi è stato, ma mi ricordo che c’ero».
Albritton aveva esposto le sue opere nel 2000 a New York e nel 2001 era stata oggetto del documentario Plaster Caster. Nel 2010 aveva corso per la carica di sindaca di Chicago.
«Le femministe dell’epoca» ha detto Camille Paglia «pensavano che fosse una cosa degradante. Io ero dell’opinione diametralmente opposta». Il lavoro di Albritton era, secondo Paglia, «totemistico» e simbolico della «donna che prende il controllo della situazione».
In Italia, Caparezza l’ha citata in La rivoluzione del sessintutto: “1-9-6-8, groupies nelle band / Seni nudi su Electric Ladyland / Jimi Hendrix è ginseng / Dio si chiama Zappa Frank Vincent / A Chicago dalle Plaster Caster / Posso farmi il calco delle parti basse”.