Una vita con la chitarra in mano: Loretta Lynn, star statunitense del country, è morta all’età di 90 anni il 4 ottobre. La notizia arriva dalla famiglia.
Una carriera iniziata negli anni ’60 e che non si è mai fermata: regina delle classifiche country, Loretta Lynn è stata nominata 18 volte ai Grammy Awards, vincendone tre. In totale ha registrato più di 60 dischi in studio.
Nata nel 1932 in Kentucky, la cantautrice aveva sette fratelli ed era la figlia di un minatore. Da qui una delle sue canzoni simbolo, Coal Miner’s Daughter del 1970, che ha dato il titolo anche alla sua autobiografia da cui è stato tratto il film omonimo con Sissy Spacek, in Italia La ragazza di Nashville.
Durante la sua lunghissima carriera, Lynn si è distinta per aver cantato tematiche ritenute in quegli anni ancora un tabù, soprattutto in un genere come il country. Nella sua prima numero uno, Don’t Come Home A-Drinkin’ (With Lovin’ on Your Mind), rifiuta le attenzioni di un marito ubriaco. Nel 1975, in The Pill, celebra la libertà delle donne di avere figli quando vogliono. Insomma, un’icona femminista in un genere che di femminista aveva ben poco.
Nel 2004, l’album Van Lear Rose segna la sua rinascita dopo un periodo discografico più lento: prodotto da Jack White, è uno dei suoi album più venduti negli States. E proprio Jack White ha voluto ricordarla così, in un video postato su Instagram: «È stata la più grande cantautrice del ventesimo secolo. Ho imparato così tanto da lei lavorando insieme a Van Lear Rose. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto uscire e fare una pausa perché non riuscivo a credere a quello vedevo e sentivo. E mi sembrava quasi che non se ne rendesse conto».
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Lynn e White al David Letterman Show, 2004: