Il sassofonista americano David Sanborn è morto domenica pomeriggio a Tarrytown, New York. Aveva 78 anni. Un messaggio postato sui social parla di complicazioni legati al cancro alla prostata da cui era affetto dal 2018. «Fino a poco tempo fa è stato nella condizione di esibirsi regolarmente. Aveva anzi concerti fissati per il 2025».
A inizio mese, Sanborn aveva cancellato alcuni show previsti a maggio. «Nelle ultime settimane dolori indicibili alla colonna vertebrale mi hanno impedito di camminare, figuriamoci di suonare», scriveva. «Mi sono poi state diagnosticate due micro fratture alla colonna vertebrale». Si è sottoposto a intervento chirurgico con una prognosi di sei, otto settimane. «Vi assicuro che appena starò meglio tornerò».
Sanborn è diventato uno dei nomi chiave del cosiddetti smooth jazz, la variante soft e tendente al pop del jazz. Ha pubblicato oltre 20 dischi solisti, il primo è Taking Off del 1975 quando aveva già 30 anni e una certa esperienza alle spalle. Quasi la metà dei suoi album sono stati premiati con dischi d’oro o di platino. Ha vinto sei Grammy.
Ha fatto parte della Butterfield Blues Band, esibendosi con loro a Woodstock. Ha collaborato con jazzisti, cantautori del calibro di James Taylor e Carly Simon, rocker d’ogni tipo. Si trova il suo sax ad esempio in Talking Book di Stevie Wonder, Young Americans di David Bowie, Still Crazy After All These Years di Paul Simon, Born to Run di Bruce Springsteen (è suo il sax baritono in Tenth Avenue Freeze-Out), The Long Run degli Eagles, Gaucho degli Steely Dan, Pirates di Rickie Lee Jones, An Innocent Man di Billy Joel, Undercover dei Rolling Stones, The Pros and Cons of Hitch Hiking di Roger Waters, Boys and Girls di Bryan Ferry, Journeyman di Eric Clapton. La lista è lunghissima.
Autore di colonne sonore, ha presentato Night Music, programma tv in onda negli Stati Uniti tra il 1988 e il 1990 prodotto da Lorne Michaels, il creatore del Saturday Night Live. Ha avuto un programma radiofonico chiamato The Jazz Show, la serie su YouTube Sanborn Sessions, il podcast As We Speak.
«Non m’interessa sapere cos’è o cosa non è il jazz», ha detto una volta a Downbeat. «I puristi sono combattivi, ma cosa credono di proteggere? Il jazz ha sempre assorbito influenze dall’ambiente circosante, trasformandole. I veri musicisti non hanno tempo per pensare in termi di categorie limitanti».