Si è svolta ieri sera, alla Rocket Mortgage FieldHouse di Cleveland, Ohio, la 39° cerimonia di “induction” della Rock & Roll Hall of Fame, durante la quale l’istituzione del rock (e non solo) accoglie ufficialmente i nuovi nomi annunciati per l’anno, che a questo giro sono stati Mary J. Blige, Cher, Dave Matthews Band, Foreigner, Peter Frampton, Kool & The Gang, Ozzy Osbourne, A Tribe Called Quest, Jimmy Buffett, MC5, Dionne Warwick, Norman Whitfield, Alexis Korner, John Mayall, Big Mama Thornton e Suzanne de Passe. È la prima volta dal 2021 che l’evento si tiene nella sede del Rock & Roll Museum.
Nei giorni scorsi erano circolate voci e ipotesi su chi avrebbe potuto esibirsi con chi. Oltre ai discorsi di presentazione dei nominati (di solito eseguiti da altre star e/o facenti parte della Hall) e di accettazione del riconoscimento, i momenti-clou della serata (ieri durata cinque ore e mezzo circa) sono le performance musicali, che si dividono tra cover degli artisti nominati, e gli stessi che eseguono alcune delle loro hit più conosciute.
La cerimonia è stata aperta da Dua Lipa e Cher, che hanno cantato Believe (del 1998) provviste di matching outfit. È stata poi Zendaya, salita su un palco con un vestito ispirato allo stilista Bob Mackie, molto caro a Cher, a introdurre l’artista nella Hall con le parole: «Grazie, Cher. Grazie per essere una figura di riferimento, per essere un’alleata, e per aver aperto la via a esseri umani di tutti i tipi per poter essere chi sono e dire la loro verità. Li hai ispirati a essere coraggiosi come te, con il tuo cuore aperto».
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Dua Lipa honoring Cher. pic.twitter.com/0bZlyARTgC
— Rob Gillies (@rgilliescanada) October 19, 2024
Cher si è poi esibita nella sua If I Could Turn Back Time. Accettando l’onorificenza, ha ricordato nel suo discorso la storia, spesso accidentata, che l’ha condotta fin lì. L’omaggio è poi andato alle donne, sia quelle della sua famiglia che a tutte quelle che, “là fuori”, ci stanno provando: «Parlo alle donne, voi maschi fate da voi. Siamo state male, in difficoltà, ma continuiamo a provarci, non ci fermiamo mai. Continuiamo a costruire, e non siamo da sole. Siamo speciali. Come avrebbe detto la mia mamma, siamo speciali» (qui il testo del discorso integrale).
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È stato poi il turno di Kool & The Gang, introdotti alla Hall quest’anno dopo trent’anni di eleggibilità. Per l’occasione, Robert “Kool” Bell e James “JT” Taylor si sono ritrovati insieme sul palco (succede sempre più raramente), e hanno eseguito un medley dei loro più grandi successi: Hollywood Swinging, Get Down To It, Ladies’ Night, Jungle Boogie e Celebration. Oltre a Bell e Taylor, sono entrati nella Hall anche gli altri membri fondatori di Kool & The Gang: Ronald Bell, Dennis Thomas, George Brown, Claydes Smith, Richard Westfield e Robert Mickens. Ronald Bell, Thomas e Brown sono scomparsi negli anni scorsi. A svolgere per loro il discorso di introduzione è stato il frontman dei Public Enemy, Chuck D, parte della Hall dal 2013, che ha riassunto il riconoscimento in questi termini: «una celebrazione che sarebbe dovuta arrivare molto prima».
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A salire sul palco è stata poi Dionne Warwick, tra le principali voci degli anni Sessanta e Settanta (la ricorderete per la hit I’ll Never Love This Way Again), che ha duettato con Jennifer Hudson proprio sul suo brano più famoso. Anche il suo discorso di accettazione è diventato una leggenda istantanea: «Grazie, grazie, grazie». E poi un ben visibile labiale “ma che cazzo” (what the fuck) mentre soppessa la statuetta della Hall.
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È stato poi il turno di Tom Morello, o meglio, degli MC5, leggendario gruppo di Lincoln Park che pose le basi per ciò che sarebbe diventato il punk prima, e il punk rock poi (questo febbraio ci aveva lasciati il loro fondatore, Wayne Kramer; qui invece le parole proprio di Morello sul suo legame con gli MC5). In un discorso appassionato, il chitarrista dei Rage Against The Machine ha presentato l’onorificenza al gruppo americano, ricordando come abbiano «cristallizzato il movimento di controcultura degli anni Sessanta nelle sue forme più volatili e minacciose. Erano coraggiosi, e musicalmente avventurosi, come il jazz sperimentale. Erano tanto militanti e stilosi quanto le Pantere Nere. Pericolosi e rumorosi come una rivolta a Detroit. Ma forse il loro merito più grande è avere posto le basi, a livello sonoro ma anche di atteggiamento, per uno dei generi più importanti ed entusiasmanti della storia del rock. Prima dei Ramones, prima dei Sex Pistols, prima dei Clash c’erano gli MC5. Sono loro che hanno inventato la forma-base del raw power, e quell’attitudine irriverente che divenne il punk rock».
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A seguire, i Foreigner, che sono stati omaggiati da una schiera di diversi performer. Prima Demi Lovato insieme a Slash e Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers hanno eseguito Feels Like The First Time e Hot Blooded. Poi il palco è stato occupato da Kelly Clarkson, che si è esibita insieme al cantante della band, Lou Gramm, su I Want To Know What Love Is. Per motivi di salute, la maggior parte dei membri fondatori dei Foreigner non sono potuti essere alla cerimonia. Il ritrovo di Gramm, Rick Wills e Al Greenwood è stato completato dalla figlia di Mick Jones, Annabelle Dexter-Jones.
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«È sempre stato un’anima alla ricerca, ma è rimasto fedele al suo grande amore: la chitarra». Queste le parole con cui Roger Daltry degli Who, membro della Hall dal 1990, ha introdotto Peter Frampton. Che ha cominciato da solo sul palco, seduto su una sedia da ufficio, suonando Baby (Somethin’s Happenin). È stato poi raggiunto dal cantautore Keith Urban, con cui ha eseguito Do You Feel Like We Do.
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A seguire, la cerimonia ha visto diversi musicisti, tra cui alcuni inductee di quest’anno, rendere omaggio a Jimmy Buffet, scomparso il primo settembre 2023. Dave Matthews della Dave Matthews Band ha eseguito A Pirate Looks at Forty. Il pubblico ha poi potuto ascoltare Come Monday, eseguita dai «vecchi amici» Kenny Chesney, James Taylor e Mac McAnally. Dell’artista di Margaritaville e It’s Five O’Clock Somewhere, Taylor (parte della Hall dal 2000), ha detto: «Era più grande della vita, ma anche, allo stesso tempo, della giusta dimensione, e sempre autentico».
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La Rocket Mortgage FieldHouse si è poi preparata a ospitare il “momento hip hop”, che è arrivato con l’arrivo sul palco di De La Soul, Common, Queen Latifah, Busta Rhymes e The Roots per rendere omaggio ad A Tribe Called Quest, gruppo che cambiò la scena avant e sperimentale degli anni Ottanta newyorchesi. Nessun membro fondatore del gruppo si è esibito per l’occasione: Phife Dawg è morto nel 2016, Ali Shaheed Muhammad non era presente alla cerimonia, mentre Q-Tip e Jarobi White hanno assistito dalla platea (e sono saliti sul palco per il discorso finale). L’esibizione è stata un medley di vari brani dei Tribe: Can I Kick It?, Check the Rhime, Bonita Applebum, un remix di Scenario e Low End Theory. A presentarli nel discorso di induction (che trovate qui) è stato invece Dave Chappelle.
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Verso la conclusione della cerimonia, a prendersi tutto il palco è stata un’altra donna: Mary J. Blige, introdotta da Dr. Dre e Method Man. Anche la sua esibizione è stata un medley di alcuni dei suoi successi, tra cui My Life, Love No Limit, Be Happy e Family Affair. Al suo fianco si sono esibiti anche Ella Mai e Lucky Daye. A seguire, la stella dell’hip hop ha lasciato all’audience uno dei discorsi più sentiti della serata, in cui, oltre a ringraziare famiglia, amici, colleghi e collaboratori, ha parlato del nuovo ruolo della “sua” musica.
«Muovetevi con grazia. Fidatevi del processo che è il vostro viaggio, condividete la vostra saggezza e amore e rispetto con tutti coloro che incontrano il vostro cammino. Offrite perdono, perché siamo tutti un work in progress. Non dovete aspettare di essere perfetti per sentirvi meritevoli. Lo siete. Lo siete. […] Allora continuate a fare quello che state facendo. Qui accade la Storia, per me, la mia famiglia e i miei amici. E stasera voglio condividere la mia induction con tutti voi. Sto costruendo qualcosa di sempre più grande. Sto costruendo per la longevità. Sto costruendo per lasciare un’eredità, e sto costruendo la storia. In tutto questo tempo mi stavo preparando per essere una rockstar – ed eccoci qua. Sono la regina dell’hip hop, e il soul è una rockstar. Grazie».
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Last but not least: Ozzy Osbourne e Dave Matthews Band sono stati gli ultimi “laureati” di quest’anno. A introdurre il primo è stato Jack Black, che ha voluto celebrare «l’idraulico, quello che accordava i clacson delle macchine, l’operaio di macello, il più grande frontman nella storia del rock and roll. Ozzy Osbourne», arrivando poi a ricordare la prima volta che ha sentito la voce di Ozzy: «Cazzo. Sembrava tutto da duri. Era la cosa più metal che avessi mai visto, e non sapevo nemmeno che cosa fosse il metal. Me lo stava insegnando. Non mi stavo accorgendo che stavo entrando in un mondo».
«Sapete, si sono dette tante cose sulla sua alleanza cattiva con il Signore Oscuro, Satana. La verità è che Ozzy è un padre, marito, e amico affettuoso, fedele alla sua famiglia e ai suoi amici fino alla fine del mondo. E anche all’indietro». Per concludere: «Parlo a voi, cinque tredicenni che state guardando questa cerimonia. Mettete giù i vostri cellulari, a meno che non stiate guardando sul cellulare, in quel caso, portatelo più vicino al volto. […] Certo, potreste andare ad ascoltare Post Malone o Taylor Swift e trovarvi sommersi di tutti i caldi abbracci di cui i vostri cuori spezzati hanno bisogno. Oppure potete stare svegli tutta la notte e farvi scoppiare la testa dall’intero catalogo di Ozzy, per la prima volta. Man, voi ragazzini siete così fortunati».
Mentre il celebrato stava seduto a lato del palco su un trono da pipistrello, Billy Idol, Jelly Roll, il frontman dei Tool (Maynard Keenan), Zakk Wylde, Wolfgang Van Halen, Robert Trujillo e Chad Smith si sono riuniti per eseguire alcuni brani del Principe delle Tenebre: Crazy Train, Mama I’m Coming Home, No More Tears. Si è trattata della seconda induction per Ozzy: la prima era stata nel 2006 come parte dei Black Sabbath, mentre ieri sera è stata celebrato per la sua carriera solista.
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A chiudere le danze sono stati i Dave Matthews Band, introdotti da Julia Roberts. L’attrice è infatti fan di lungo corso del gruppo, e ha recitato nel videoclip di Dreamgirl, del 2005 – «Le canzoni, le storie di amore e di perdita, di umanità e di connessioni profonde, di responsabilità che risuonano: c’è tutto, e anche di più. L’abbandono gioioso e spontaneo con cui suonano è parte del perché sono diventati una delle band più longeve, e amate, degli ultimi trent’anni e più».
La Band ha riservato qualche sorpresa per la chiusura della serata, eseguendo quattro loro brani – Ants Marching, Crash Into Me, So Much To Say, Too Much – e una cover dei Talking Head, Burning Down The House.
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