Scrivo queste righe ascoltando Blackstar di David Bowie, la stella nera (e invisibile), perfettamente adatta al nostro tempo gloomy che sembra non passare mai, che sembra fermarsi e andare velocissimo allo stesso modo, come un paradosso logico alla Tiziano Ferro (“Non fermarti proprio adesso, perché dopo non si può”, cantava in Stop! Dimentica). I segnaposto che ci siamo dati – rivoluzioni e rotazioni, soli e lune che albeggiano e tramontano, e mesi, anni, decenni, millenni – sembrano tutti azzerati nella modalità della contemporaneità assoluta nella quale siamo entrati.
Scalfisce anche i rituali più massicciamente scolpiti nella nostra coscienza collettiva. L’anno nuovo, da sempre oscuro presagio e anche sensuale aspettativa, come ogni inizio è una pietra miliare messa lì a dare un senso a qualcosa che altrimenti non l’avrebbe. Senza la pietra, il riquadrino d’erba su cui è poggiata non sarebbe in nulla diverso da ogni altro riquadrino d’erba che corre lungo la strada che stiamo percorrendo, famelici o sedati, accaniti o perversamente appisolati, a occhi spalancati o aperti a fatica di fronte a un sole simile a quello dei film di fantascienza che è diventata la nostra vita – un sole pallido, fortissimo e alieno. Lo dicono anche nelle serie tv: è il new normal, bellezza.
Scordiamoci le certezze e viviamo alla giornata
Scordiamoci le certezze e viviamo alla giornata, facendo del nostro meglio per sopravvivere. Ma sono proprio tempi interessanti come i nostri che ci fanno appiccicare come sanguisughe alla sfrenata bellezza della vita. Quindi, il proposito di Rolling Stone per il 2016 è questo: siate sanguisughe. Succhiate il succhiabile. Il lamento di Bowie, solenne e furbescamente ritorto come una spirale che centrifuga tutto quel che abbiamo mangiato negli ultimi quarant’anni, è perfettamente adatto a convincerci a far finta di niente almeno qualche volta, a chiudere gli occhi e aspettare che il pezzo finisca per poi farlo ripartire – mandando affanculo i flauti e i sassofoni, se ci danno fastidio.
E alla fine andare a vedere quel pezzettino d’erba che sta sotto la pietra miliare.
E dunque gennaio, anno domini 2016. Abbiamo deciso di cominciare da Tarantino. Siamo andati a Los Angeles a vedere il suo film – massiccio e monumentale come una, ehm, pietra miliare. Abbacinati dal tepore californiano, dalla affettata gentilezza da Grand Hotel di Beverly Hills, ce la siamo in effetti goduta, benedicendo a ogni secondo il culo spropositato che ci ha fatti arrivare fino a qui. E spero ne godrete anche voi – Quentin Tarantino non si risparmia e, anche se mille parole valgono meno di una sua inquadratura, sono un ottimo preliminare.
Molto cinema – good old movies – in questo numero: Iñárritu che porta DiCaprio a una nuova incredibile interpretazione. Il nuovo biopic su Steve Jobs (quello riuscito) scritto da Sorkin e diretto da Danny Boyle, che intervistiamo – un eroe della pop culture: vi devo ricordare Trainspotting o la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra con il musical sul Servizio Sanitario Pubblico Britannico? E Ryan Gosling, eroe cattivo di un film buono sulle banche e contro le banche, pensa te, ché ormai Hollywood è un covo di estremisti anticapitalisti vegani.
That’s entertainment! E quando la realtà è così ingombrante da entrare nel mondo dei sogni, non è affatto un cattivo segno, anzi. Poi ci sono realtà che esistono in quanto incubi avverati – leggetevi il ritratto del jihadista medio, una nuova categoria dello spirito dei tempi o la storia sui bikers fascisti che supportano Putin, per averne un’idea.
And some music: i cinque-secondi-d’estate volgarmente detti 5SoS che alla fine non sono banali – gli abbiamo fatto il test rock’n’roll e hanno passato l’esame. Parleremo ancora di loro e se anche non vi piace la loro musica – nemmeno io li ascolto eh, diciamo che li studio – potrete ricredervi sul fatto che siano solo dei pupazzotti bellocci messi lì a far soldi. E leggetevi cosa hanno combinato i Massive Attack a Roma: quelli riuscirebbero a risultare cool anche dormendo, figuriamoci se vanno a mettere i dischi in una villa romana. Noi c’eravamo e ve lo raccontiamo. E Luca Tommassini, l’uomo che più di tutti ha dato all’immagine di X Factor la qualità internazionale che nessuno può negargli. Last but not least, una strepitosa Lana Del Rey, la piccola maudite con le labbra a cuore, intervistata da James Franco e fotografata da Steven Klein. Tiè.
Questo è il nostro cocktail di inizio anno – scolatevelo tutto, non ha controindicazioni.
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