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Enrico Melozzi: «Da Franceschini tweet spregevole, su Sanremo i musicisti rimangano uniti»

Uno dei direttori d’orchestra più qualificati in Italia si lascia andare a un lungo sfogo rivolto a tutto il mondo della musica, per difendere il Festival e non farlo diventare un pretesto per speculazioni politiche

Enrico Melozzi è compositore, direttore d’orchestra, violoncellista e produttore discografico con una lunga e apprezzata carriera nazionale e internazionale, che ha partecipato più volte a Sanremo per accompagnare artisti come Noemi (2012 e 2014), Achille Lauro (2019) e nel 2020 è il direttore che collabora con più concorrenti in gara all’Ariston conquistando il podio per la seconda volta dirigendo “Ringo Starr”, brano dei Pinguini Tattici Nucleari. Di seguito, il suo lungo sfogo scritto su Facebook e riguardante le questioni più controverse dell’organizzazione del festival 2021.

Sono cresciuto a pane e Mozart, ma per piacere…non toccatemi Sanremo. Mentre studiavo le sinfonie di Amadeus, mi spaccavo gli occhi sulle sue partiture, mentre imparavo l’armonia copiando a memoria la sua musica e poi andavo a verificare se avevo trascritto bene… e se sbagliavo una nota ricominciavo da capo… mentre copiavo miliardi di note di Bach su un Amiga 500 con un programmino improbabile che mi faceva ascoltare la musica che non sapevo ancora suonare e leggere, mentre studiavo il violoncello, il pianoforte, il contrappunto, ho sempre guardato e ascoltato Sanremo. Costringevo la famiglia a tacere durante la kermesse e registravo con uno stereo di plastica a pile, su cassetta, tutte le canzoni, e le riascoltavo per settimane, mesi… le imparavo a memoria. E non ho mai fatto alcuna distinzione tra la musica di Mozart e le canzoni leggere di Sanremo. Quando avevo dentro di me uno stato d’animo triste ascoltavo il quarto concerto per pianoforte di Beethoven (il secondo movimento), quando ero allegro mettevo Gigi Sabani (me l’aspettavo un po’ più biondo), Francesco Salvi (c’è da spostare una macchina) o Jovanotti (no Vasco!)

Al conservatorio ho sempre odiato il termine dispregiativo “musica leggera”: ricordo ancora che quando fui chiamato come assistente a importanti progetti in Germania alla Radio di Stato con musicisti paurosi del mondo della sfera contemporanea (Riessler, Stochausen, Ameen, Orza Quelo, Terry Bozzio, Sabine Meyer e trio di Clarone, Charial, J.P. Druet etc.), in conservatorio girava voce che andavo a fare musica leggera, per sminuirmi. Mentre invece ero fianco a fianco con i mostri della musica mondiale. Probabilmente sono uno dei pochissimi direttori d’orchestra nell’ambito del festival di Sanremo che si occupa regolarmente di musica classica, ho inciso dischi per la Decca, ho una mia orchestra che si dedica alla musica classica e alla sua divulgazione, e ripeto: non si possono fare distinzioni qualitative tra la musica leggera e la musica “colta”, perché entrambe hanno gradi di difficoltà estremi, seppur diversi.

Penso che tutta la polemica scaturita in questi giorni contro Sanremo, sul pubblico etc… sia stata pompata nel mondo della musica classica con un odio senza precedenti da parte di musicisti che hanno dedicato la vita alla musica classica e che non riceve il giusto contributo da parte dello stato. Una frustrazione giustificata dallo schifo che anno dopo anno si accumula in quel mondo, corrotto fino al midollo, finanziato dallo stato con miliardi che si perdono nei rivoli della burocrazia e degli amministrativi, di cui solo una microscopica parte arrivano nelle tasche dei veri protagonisti, ovvero gli artisti. Sono convinto nella genuinità dei musicisti classici, ma mi sento di dover avvisare tutti di una cosa importante. Non ci si può mettere contro i propri colleghi, seppur di un genere musicale diverso, ed esultare se un ministro, in maniera totalmente goffa, asincrona e ritardataria, twitta che Sanremo si dovrà fare senza pubblico mettendo a rischio l’intero svolgimento della kermesse che dà lavoro a tantissimi colleghi (ripeto: seppur appartenenti a un’area espressiva diversa dalla loro).

Oltre al fatto che Sanremo avrebbe rappresentato un precedente fondamentale per la riapertura di TUTTI i teatri, noto sempre una sorta di sfottò, una sorta di “gli ignoranti vanno avanti e noi colti restiamo indietro”, quando invece il mondo della classica dovrebbe chiedersi come mai la musica leggera riesce, oltre a produrre ogni anno centinaia di composizioni nuove, cosa che nella classica è un miraggio, ad accaparrarsi un pubblico così vasto. Senza sfociare in tifo da stadio, non sarebbe più intelligente proteggersi a vicenda, anziché fare il gioco di un ministro incompetente e ritardatario, e mettersi gli uni contro gli altri? Non sarebbe più intelligente che la musica classica iniziasse ad interrogarsi (come sto facendo io con la mia orchestra da anni) sul perché e sul come fare numeri più importanti pur facendo passare un contenuto più complesso di una canzone di 3 minuti? Un musicista classico ha idea della professionalità estrema e del talento che occorrono per far si che una canzone su quel palco vada come deve andare e si piazzi poi in classifica facendo milioni di streaming? Io non ho mai snobbato il mondo della musica leggera, ho frequentato con orgoglio le cantine del punk abruzzese nei primi anni ’90, ho suonato con le band di tutti i generi, ho fatto gavetta in ogni settore per poi scegliere la musica classica come la cosa che mi fa vibrare di più, ma non riesco a non dedicarmi anche alla musica leggera, come d’altronde Morricone (a cui hanno dedicato il tempio della musica colta di Roma) ha fatto, ma ci voglio rimettere pure Mozart. Il suo Flauto Magico fu una composizione popolarissima all’epoca, scritta per il “volgo” viennese e non per la nobiltà. Tutti la cantavano per strada quella musica… esattamente come Sanremo. In teatro a Sanremo si sta seduti, mentre si ascoltava il flauto magico succedeva di tutto. Gente che mangiava, meretrici, gioco d’azzardo… In pratica era un concerto rock.

Sarebbe troppo lungo ora parlare del perché a un certo punto nella storia la bella musica e la musica colta e la musica popolare si sono separate per procedere su strade diverse, parallele e opposte. Ma sta di fatto che è così. E sono convinto che aldilà delle conclusioni di natura sanitaria, la polemica su Sanremo sia motivata negli animi delle persone di cultura, come un indignazione per il “futile” che chiede spazio quando il “necessario” è all’angolo. E bene, non penso che nessuna forma di musica o di spettacolo sia futile, meno utile di altre. Ma la musica è una sola, e quando la musica arriva a milioni di persone forse è più utile di altre. Sta a chi è meno ascoltato trovare un modo per farsi ascoltare, senza colpevolizzare chi riesce a farlo. Inoltre bisogna nutrire un profondo rispetto per gli orchestrali e le maestranze di Sanremo, per i suoi solisti strepitosi, musicisti pazzeschi di un calibro internazionale con cui ho avuto l’onore di collaborare per diversi anni e spero di poterlo fare ancora per tanto tempo. Persone, esseri umani, padri e madri di famiglia, che studiano tutti i santi giorni chitarra elettrica, pianoforte moderno, basso, batteria, strumenti ad arco e a fiato…solo che lo fanno con un linguaggio diverso da quello della musica classica e non per questo non hanno diritto al rispetto di chi invece ha scelto una strada diversa. Anzi, voglio dire di più: probabilmente il livello tecnico dell’orchestra di Sanremo è molto, molto più alto di quello che ho sentito in blasonatissime istituzioni centenarie di cui evito di fare i nomi, ma vi giuro che è così. Insomma, vorrei suggerire ai musicisti classici di evitare queste polemiche sul lavoro di colleghi appartenenti alla medesima categoria e di essere felici se ci si riesce ad esibire di fronte a un pubblico perché questo significherà un precedente indissolubile per le riaperture dei teatri. Di rispettare chi ha scelto una strada artistica diversa dalla propria, perché ogni strada ha le sue porte in faccia, i suoi dolori, le sue sconfitte, i suoi successi. Il sudore. La fatica. Quando vuoi fare qualcosa di grande c’è sempre sofferenza.

Chiudo ribadendo il mio orrore per la posizione espressa da Franceschini, che ha twittato un’amenità, addirittura 4 giorni dopo il bando sui figuranti Rai, che è la tv di Stato e il ministro della cultura avrebbe dovuto produrre un pensiero prima dell’emissione di un bando del genere e non dopo la sua pubblicazione. Questa è la prova che ogni polemica su Sanremo è una polemica strumentale alla politica, alle ripicche di chi ora non è più ministro, ai voltagabbana a cui siamo oramai abituati da anni, e che le nostre parole contro Sanremo in realtà non sono altro che alito di vento nelle vele di una speculazione politica contro qualcuno che nemmeno sappiamo chi è, da parte di un politico che (lui SI!) ha messo in ginocchio i teatri e gli artisti italiani senza alcun motivo plausibile, perché i dati scientifici davano i teatri come tra i posti più sicuri al mondo. Peccato che non sia più ministro perché non posso gridare alle sue dimissioni. Spero solo che il suo successore abbia più a cuore di lui le sorti della musica italiana. Perché liquidare centinaia di lavoratori dello spettacolo con un tweet è spregevole.

Non facciamo polemica… facciamo musica. Prepariamoci perché fra poco, in un modo o in un altro, torneremo sulle scene e sarà bellissimo.

Enrico Melozzi detto Melox, musicista.

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