Eric Clapton è l’unico musicista al mondo entrato a far parte della Rock and Roll Hall of Fame per tre volte: come membro degli Yardbirds (nel 1992), dei Cream (nel 1993) e come performer solista (nel 2000). Ma a quanto pare non apprezza l’istituzione che ha sede a Cleveland, Ohio
In un’intervista con Real Music Observer ha definito la Hall of Fame un «frat boys club», ovvero una confraternita «che in qualche modo è riuscita a tirarmi dentro».
Clapton è stato attratto dalla Rock and Roll Hall of Fame «per via di Ahmet Ertegun», ovvero il leggendario discografico della Atlantic Records tra i fondatori della hall of fame. «Si batteva per gente come Ruth Brown e i Drifters, tutti quei vecchi artisti della Atlantic che erano stati dimenticati», anche se poi il coinvolgimento di Jann Wenner, il fondatore di Rolling Stone, gli ha fatto venire dei dubbi.
«Il fatto che uno come J.J. Cale non sia mai stato nemmeno proposto è la prova di che cos’è e cosa non è» la Hall of Fame. Secondo Clapton, non lo conoscono nemmeno. «È improbabile che tirino fuori il suo nome, non è roba loro. Non so cosa sia la loro roba. Per loro è troppo anonimo».
Un’altra esclusione clamorosa per Clapton è quella di Paul Rodgers (Free, Bad Company). «È un ribelle, ma quello non è un posto per ribelli. È roba da establishment». Clapton si chiede quale sia la vera natura della Hall of Fame: «Forse è una Pop Music Hall of Fame».
Clapton non è certo il primo musicista che critica la Hall of Fame. Per Liam Gallagher è «piena di stronzi», per Chrissie Hynde «non ha nulla a che spartire col rock’n’roll». La fondazione è stata spesso criticata per la poco lungimiranza ed equità con cui sono stati scelti gli artisti da premiare escludendo o ritardando a riconoscere l’importanza di artiste e afroamericani, ma anche band hard & heavy e rapper.
Cher ha detto che «non ci entrerei manco se mi dessero un milione di dollari, possono andare a farsi fottere», mentre per Courtney Love «non solo puzza di sessismo, ma anche d’ignoranza. Se non capisce che sta replicando la violenza del sessismo e del razzismo sistemici che le artiste affrontano nell’industria musicale, se non riesce a celebrare le creazioni, le innovazioni, le rivoluzioni, i contributi dati al pop da parte delle artiste visionarie, beh, la Rock Hall può anche andarsene al diavolo».